Adele Marini

La rubrica "Novità editoriali" di Misteri d'Italia è tenuta da Adele Marini, giornalista professionista, specializzata in cronaca nera e giudiziaria, autrice di diversi libri tra cui il noir 'non fiction' Milano, solo andata (Frilli editori, 2005), pubblicato anche in Germania, con cui ha vinto nel 2006 il Premio Azzeccagarbugli per il romanzo poliziesco. Nel 2007, sempre con Frilli, ha pubblicato Naviglio blues, anch'esso tradotto in tedesco. Attualmente è in libreria con l'eBook Arriva la Scientifica (editrice Milanonera), secondo volume della collana Scrivi noir: i fondamentali della scrittura d'indagine dedicata alle procedure investigative e giudiziarie.

Incipit: La politica sono io. «Buonasera, posso disturbarla un minuto? Sto scrivendo un libro su di lei...»
« Auguri».
Camera dei deputati, 21 novembre 2012, ore 20.30. Un morbido impermeabile sfoderato color panna, abbottonato fino al collo, solca con passo cadenzato la Galleria dei presidenti, il lungo corridoio alle spalle dell’emiciclo, scomparendo nella scalinata che conduce all’uscita posteriore di Palazzo Montecitorio. Massimo D’Alema ha appena votato l’ennesima fiducia al governo Monti, nell’aula dove siede da venticinque anni e da cui sta per congedarsi con quella che definirà una mossa del cavallo per ricollocarmi, non una rinuncia”.
Si ferma sulle scale, volta il capo. Una sfumatura illividita di superiore distacco si sprigiona dalla figura al solito austera, carica di degnazione e non priva di autorevolezza, ma visibilmente incupita. Proprio come lo descrivono le persone che meglio e più a lungo lo hanno conosciuto.
Raccontano che perfino il sarcasmo, la cifra del suo tratto colto e brillante, ha perso la vena gioiosa che lo irrorava negli anni migliori. Ne è rimasto un metallo scrostato, quello che Barbara Spinelli già identificava nel 1995 come “una forma patologica del distacco che soddisfa solo chi è convinto, ma accentua ancor più i sentimenti offesi di chi non si sente ascoltato. Nasce da un’animosità nei confronti dell’avversario, ma anche da un’amarezza radicale, da un
senso quasi esistenziale della propria inutilità”.

Questo libro, nato come biografia del più amato, del più detestato, del più chiacchierato e del più imitato esponente della sinistra italiana: Massimo D’Alema, a poco a poco, di battuta in battuta, di capitolo in capitolo, ha finito per trasformarsi nella parabola del partito stesso il cui declino, dopo l’abbraccio del Pdl, ha subito una vera e propria implosione a cui forse lo stesso D’Alema da dietro le quinte, potrebbe aver impresso un’accelerazione.  
Sul “Leader Maximo” nei venticinque anni della sua permanenza in parlamento si è detto e pensato tutto e il contrario di tutto. Un fiorire di luoghi comuni e di giudizi tanto fulminanti quanto superficiali: è l’unico vero politico italiano; è l’uomo che ha distrutto la sinistra; è ricco: ha la barca; vuole imitare Berlusconi; è povero: la barca non è sua; è un fine stratega; sta a sinistra ma guarda a destra; è il Richelieu della sinistra; è lui che comanda nel partito; è il miglior amico di Berlusconi: basta pensare alla Bicamerale …”.
Tutto (o quasi) vero, anche se nessuno saprà mai chi è davvero “Baffetto” e cosa abbia significato veramente per la Seconda e gli avanzi della Terza repubblica, perché lui, con il suo sarcasmo fulminante, con la sua cupaggine e il suo sdegnoso aplomb resterà per sempre un mistero irrisolto così come non si saprà mai quale obiettivo si fosse prefisso di raggiungere quando iniziò sul serio a fare politica e dove volesse portare il suo partito che, all’epoca, era il Pci.
Questo libro di Giuseppe Salvaggiulo oltre a un’analisi del personaggio e a una serie di episodi che lo hanno visto protagonista, offre un campionario delle sue più celebri battute.
"Prodi e Veltroni sono due flaccidi imbroglioni".
"Veltroni è un ragazzotto, Prodi non capisce un cazzo di politica."
"La Lega è una costola della sinistra."
"Capotavola è dove mi siedo io."
"La sinistra è una disgrazia che solo la destra rende accettabile."
"Tremonti è stato come Picasso: ha inventato la finanza creativa."
"Brunetta è un energumeno tascabile."
"Dove si vende l'agenda Monti?"
"Il Pd è un amalgama mal riuscito."
"Berlusconi è veramente un uomo simpatico, di straordinaria simpatia."
Un vero florilegio destinato all’oblio, mentre l’unica battuta che resterà scolpita nella storia perché riassume quel suo essere l’uomo giusto al posto sbagliato, non è sua, ma del regista Nanni Moretti: “D’Alema, di’ qualcosa di sinistra!”
E’ un ritratto che suona come un inno all’ambiguità questo libro che anticipa il giudizio sul “Dio Max” con ironica indulgenza già nel titolo e non fa sconti all’uomo che era partito lancia in resta per sconfiggere Berlusconi e che poi, appena si è trovato nella condizione di poterlo (e doverlo fare) ha fatto dietrofront, dando un sensibile contributo alla crescita smisurata del suo potere e della sua ricchezza.

 

Giuseppe Salvaggiulo

IL PEGGIORE. Ascesa e caduta di Massimo D’Alema e della sinistra italiana.

Chiarelettere, pagine 256, 11,82 euro anziché 13,90 su internetbookshop

Lolito una parodia

Dalla prefazione di Carlo R*ss*ll*: Lolito , o il piacere della conquista a pagamento: questo era il doppio titolo delle pagine indecenti ricevute dall’estensore di questa nota preliminare. “ Lolito”, il loro autore, era morto in esilio a Malindi, di trombosi coronarica, il 26 gennaio 2018, a pochi giorni dalla ripresa del processo in cui era stato dichiarato contumace.
Incipit: Lolito, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lolito la punta della lingua fa tre passetti…

L’ultima volta in cui Daniele Luttazzi comparve in tivù dopo l’allontanamento sancito dal CdA della Rai con il famigerato editto bulgaro (che aveva bandito dai teleschermi anche Enzo Biagi e Michele Santoro) fu nella serata di Raiperunanotte , apparizione che suscitò polemiche a valanga per il celebre monologo in cui si sbeffeggiava Mister B.
“Luttazzi è una persona pericolosa”, scrissero i giornali. “Un cattivo maestro” cosa che in qualche modo assimilò il comico agli ispiratori del terrorismo dandogli anche un’importanza esagerata.
Ma come può essere un cattivo maestro un comico? E’ vero, mette i potenti, soprattutto il più potente di tutti, alla berlina, usando un linguaggio esplicito e metafore non proprio da educande. Spesso “ci va giù pesante”. Ma lo fa con intelligenza, toccando nervi scoperti e facendo, a proprio modo, anche controinformazione perché i suoi monologhi svelano lati nascosti dei potenti. Nel caso di Raiperunanotte, non potendo bandirlo perché la trasmissione stava tutta in una sola puntata trasmessa da un’emittente privata, lo si accusò di plagio. Accusa mai provata, ma si sa, parla parla e alla fine qualcosa resta …  
Plagio? E allora che plagio sia, ma sul serio, si disse Luttazzi davanti alle accuse mossegli dai media. E’ così che è nato questo libro: una riscrittura in chiave satirica e sboccata dei romanzi di Nabokov, soprattutto Lolita da cui ha preso il nome il protagonista, Silvio Lolito, versione maschile non della ragazzina, bensì di Humbert Humbert, l’odioso e infelice pedofilo. Quanto alla nifetta, a cui è stato appioppato un banalissimo Beba, nella versione del comico è una metafora della nostra povera Italia, amata, concupita e posseduta dall’ingordo Lolito.
Complicato? Non tanto se si familiarizza con i personaggi tenendo ben presenti i romanzi di Nabokov.
Con ironia e cattiveria Daniele Luttazzi ricostruisce la nascita, l’ascesa, le gesta e il declino di un  rampollo della buona borghesia milanese, Silvio Lolito, appunto, cresciuto a biscottini e opinioni politiche nettamente di destra, con un vero talento fin dalla culla per far fruttare in modo non proprio ortodosso le paghette, dotato di un ego smisurato e di un narcisismo stellare.
Lolito è un istrione nato che si avvia al successo a sei anni, lavorando in un circo e poi passando da un impiego all’altro. Manovale, garzone, lavapiatti … fino a quando scopre la sua vera vocazione: venditore porta a porta di scope elettriche. 
Arrivato all’adolescenza, Lolito conosce le gioie del sesso e a quel punto le donne diventano per lui un’ossessione. E più le insegue più ne resta schiavo e frustrato. Ma non sarebbe giusto svelare di più.
Scritto “sotto forma di una confessione spregiudicata”, come spiega il prefattore, il romanzo che “include, senza scrupoli, un profluvio di parole e di situazioni così sconce che neppure il gagliardo filisteo più rotto alle convenzioni moderne riuscirebbe a restarne indifferente..." si snoda su tre piani di lettura: al primo c’è una smaccata satira di Berlusconi  e del berlusconismo; al secondo una parodia di tutti i libri di Nabokov e al terzo è svelata sotto forma di Appendice la chiave di lettura e di comprensione del romanzo stesso.

Messo in vendita per la prima volta il 22 febbraio 2013 come allegato a Il Fatto Quotidiano, Lolito ha fatto letteralmente saltare il banco. Diventato introvabile in pochi giorni è stato ripubblicato dall’editrice Chiarelettere.

Daniele Luttazzi

LOLITO. Una parodia

Chiarelettere, pagine 592, 11,66 euro anziché 14,90 su internetbookshop

Dalla prefazione di Mario Caligiuri: Nome in codice “Cesare”. Francesco Cossiga e l’« intelligence ». Quello che avete tra le mani è un libro da leggere. Per vendetta. Contro i luoghi comuni che intessono la storia della nostra repubblica. Lo ha scritto un politico anomalo, che ha ricoperto le massime cariche istituzionali. Francesco Cossiga [deceduto a 82 anni il 17 agosto 2010] è fatto così: dice quello che pensa e pensa quello che dice. Singolare per un uomo politico che è da 50 anni sotto i riflettori dell’opinione pubblica, anticipando sempre avvenimenti e tendenze. E con questo saggio spiega che ogni Stato democratico ha necessità di “servizi speciali” che nell’interesse generale si confrontino almeno ad armi pari con i criminali e i nemici della Nazione.
Incipit: Nozione. Per “servizi speciali”, detti altrimenti “servizi di informazione”, “servizi di sicurezza”, servizi di informazione e sicurezza”, o più comunemente e per così dire ‘volgarmente’ “servizi segreti” si intendono quegli apparati dello Stato (sia uffici generali del Governo in quanto tale, sia uffici particolari inquadrati in una specifica amministrazione dello Stato ed istituiti ed organizzati per i fini particolari di essa) che svolgono, per il raggiungimento dei propri fini , attività informativa ed operativa secondo modalità e con mezzi non convenzionali, nel senso che sono in massima parte loro propri, e non comuni ad altre amministrazioni, e la cui legittimità si fonda su interessi fondamentali  dello Stato, la cui difesa e/o la cui realizzazione attengono cioè alla vita stessa dello Stato per cui “la legittimità dei fini “ viene a prevalere sulla “legalità dei mezzi”…

Abecedario, pubblicato ben 11 anni fa e ancora nel catalogo della Casa editrice Rubettino, è uno di quei libri che dovrebbero trovarsi in tutte le librerie dei cittadini realmente interessati alle sorti di questo paese e desiderosi di capire non tanto l’importanza e i meccanismi dei servizi riformati da Cossiga, ma il pensiero dell’uomo che rivestì le più alte cariche dello Stato, dai ministeri chiave fino alla presidenza del consiglio, e che gestì gli eventi più dolorosi e sanguinosi, dalle stragi al sequestro Moro, con gli esiti che sappiamo, restando sempre saldamente ancorato alle proprie idee e a un passato che non ha mai rinnegato pur mostrando di prenderlo a picconate. Cossiga è anche il politico che fu delegato dagli americani a dirigere Gladio, la sezione italiana di Stay Behind la cui organizzazione divenne di pubblico dominio dopo le dichiarazioni fatte al giudice Felice Casson dAll’ex terrorista Vincenzo Vinciguerra nel 1987.
Vinciguerra aveva confessato di aver compiuto la strage di Peteano, costata la vita a tre carabinieri, dietro suggerimento e con l’aiuto di uomini dei servizi segreti italiani appartenenti a un’organizzazione segreta. Gladio, appunto.
L’ex terrorista nero, sentito nello stesso anno nel corso del processo per la Strage di Bologna, parlò apertamente dell'esistenza di una struttura occulta all’interno delle forze armate italiane, composta, a suo dire,  sia da militari che da civili, creata come baluardo contro una eventuale invasione sovietica e, in mancanza di questa, utilizzata per coordinare le varie stragi onde creare allarme nella popolazione ed evitare che il sentire comune si spostasse troppo a sinistra.
L’esistenza di Gladio venne ammessa ufficialmente davanti al Parlamento il 24 ottobre 1990 dall’allora presidente del Consiglio Giulio Andreotti. 
Dalla bocca di Cossiga, l’esternatore, il picconatore, non uscì mai una parola.
Abecedario, scritto sotto forma di manuale, è in realtà un condensato del pensiero gattopardesco di colui che i servizi li modellò a propria immagine, dettando regole che sono scivolate, perfettamente intatte, dalla prima Repubblica ai nostri giorni e che, nonostante la recente riforma dei Servizi, restano fondamentali anche oggi.

 

Francesco Cossiga

ABECEDARIO. I servizi e le attività d’informazione per principianti politici e militari, civili e gente comune.

Rubettino, pagine 104, 5,10 euro anziché 6,00 su internetbookshop

Dalla nota dell’editore: Con il libro che qui pubblichiamo, dopo molte inchieste sul potere e i suoi protagonisti, abbiamo scelto di dare la parola a chi quel potere lo ha vissuto in prima persona. Meglio ancora, lo ha “fatto”. Nell’ombra. Ci sembrava un’occasione imperdibile per entrare direttamente dentro i meccanismi che hanno orientato la politica italiana dalla Prima repubblica fino a oggi.
Incipit: Avvertenza. Questo libro racconta con sintesi e velocità, da una prospettiva per gran parte inedita, oltre trent’anni di storia italiana. Lo fa da un punto di vista ben preciso: quello del potere nelle differenti forme in cui esso si rappresenta  - politica, economia, finanza, Vaticano, servizi segreti, magistratura, informazione  e, con in più, due focus su Licio gelli e Mu’ammar  Gheddaf, al centro di molte storie narrate.

L’uomo del silenzio. L’invisibile. Il grande manovratore. Il consulente. L’uomo dei segreti. Il faccendiere di Stato … Si sprecano le definizioni di Luigi Bisignani, il personaggio più chiacchierato e meno conosciuto della Prima, della Seconda e anche della Terza repubblica, l’uomo che per più di trent’anni è stato al centro di tutte le più importanti trame di potere.
Scritto sotto forma di intervista fatta dal giornalista Paolo Madron, questo libro, che prima di essere pubblicato è stato sottoposto dall’editore Lorenzo Fazio a ben tre noti penalisti che lo hanno passato al pettine fitto per scongiurare il pericolo di querele, in realtà è una confessione che confessa poco o nulla, fingendo o lasciando intendere di confessare tutto. E del resto come potrebbe Bisignani rivelare segreti davvero segreti? Aneddoti sì, tanti. Ma per lo più innocui, divertenti, ‘di colore’. E legami fra personaggi di potere, storie (anzi, storielle) segrete, pezzi di vita che aprono un piccolo spiraglio sulla faccia in ombra della nostra democrazia. Ma si tratta, appunto di uno spiraglio. Perché quello che è avvenuto davvero e che continua ad avvenire nelle stanze dei bottoni Bisignani si guarda bene dal rivelarlo. E quando l’intervistatore si fa troppo incalzante e cerca di approfondire, lui dà un saggio della qualità che gli ha permesso di restare in sella per tanti anni: la sua anguillesca capacità di scivolare via dalle mani di chi vorrebbe trattenerlo.
In questo libro ce n’è per tutti: politici finanzieri, banchieri, grandi manager delle società partecipate, uomini alla guida di partiti politici e di istituzioni; capi di Stato e faccendieri; massoni, pduisti e pitreisti, a cominciare da Gelli e Ortolani. Tutti, tutti, tutti, anche Beppe Grillo del quale, con cattiveria, Bisignani tiene a raccontare le frequentazioni americane.
Ci sono anche alti prelati e tutti gli entourage di diversi pontefici perché Bisignani in Vaticano ci è addirittura cresciuto. Come Andreotti, il suo maestro. C’è papa Wojtyla, particolarmente apprezzato per la sua ossessione nei confronti del comunismo, che non si è placò neanche dopo la distruzione dell’URSS. Non poteva mancare Berlusconi che lo ha pubblicamente definito “l'uomo più potente d'Italia" e con ragione, perché non c’è trama, operazione, successione, manovra, scalata, Opa in cui Bisgnani, apertamente o da dietro le quinte, non abbia messo lo zampino.

Questo libro sarebbe davvero interessante se dicesse qualcosa, anche di striscio,  su quello che gli italiani aspettano da decenni di conoscere, sulle stragi, sui depistaggi, sui veri giochi di potere, sugli intrighi e sui tanti misteri in cui l’uomo è coinvolto. Ma i segreti rimangono inviolati mentre tutto quello che Bisignani racconta all’intervistatore riflette un unico punto di vista: il suo.

Luigi Bisignani, Paolo Madron

L’UOMO CHE SUSSURRA AI POTENTI. Trent'anni di potere in Italia tra miserie, splendori e trame mai confessate

Chiarelettere, pagine 324, 11,05 euro anziché 13,00 su internetbookshop

Dalla prefazione di don Luigi Ciotti: Le straordinarie storie di questo libro ci raccontano, attraverso il ricordo, l’amore e il dolore dei congiunti, vite per sempre lacerate dal potere assassino delle mafie.
Ci raccontano di verità nascoste, di giustizie parziali o negate, d’istituzioni talvolta disattente o addirittura compromesse . Ma ci rivelano anche il volto più vero e alto dello Stato.
Incipit: La mattanza. «Che succede, cazzo, perché rallenta tanto?» La Croma bianca di Falcone perde velocità poi riaccelera mentre i tre agenti sulla macchina celeste  che chiude il corteo la scortano con “l’elastico lungo”.

Quando avviene qualcosa di spaventoso come lo sono state le stragi che hanno insanguinato l’Italia, si mette in moto la macchina dell’esecrazione, delle commemorazioni e del ricordo. Ma passata la prima ondata di emozioni presto sui familiari delle vittime si spengono le luci e mentre tutti ricordano la tragedia pubblica, nessuno più ha voglia di dedicare un pensiero a quella privata. Come se le vite distrutte dei famigliari dovessero farsi da parte per non gettare ombre sui morti che fa sempre comodo celebrare.
Questo libro vuole affrontare due immani tragedia: quella di Capaci e quella di via d’Amelio non dal punto di vista dei mafiosi e neppure di coloro che cercano (o fingono) di combatterli. Una volta tanto a essere protagonisti sono i sopravvissuti, come Angelo Corbo, l'agente sulla terza macchina di scorta di Falcone scampato alla voragine dell’autostrada: fu lui il primo a soccorrere il giudice morente e a raccoglierne l'ultimo sguardo sull'autostrada sventrata dal tritolo. Come Manfredi Borsellino, l’adorato figlio del giudice, che parla della vita familiare del padre e racconta cosa, lui e la sua famiglia, abbiano perduto. Come il procuratore Alfredo Morvillo, il fratello di Francesca, morta insieme con il marito a Capaci, che ricorda le correnti di tensioni e di invidie che pervadevano i corridoi della procura di Palermo, lo stato di guerra permanente con il capo della Procura Pietro Giammanco, l’assoluto isolamento in cui Paolo Borsellino era costretto a muoversi.

La giornalista Laura Anello, a vent’anni dalle stragi, vuole tenerne viva la memoria raccontando “tutta un’altra storia”.  Cioè una storia appartata, personale ma tanto più autentica perché gli eroi caduti sul campo prima di diventare vittime sono state persone e quindi dotate di sentimenti, di passioni, di rabbia e, soprattutto affamate di verità e giustizia.

Laura Anello

L’ALTRA STORIA

Prefazione di Don Luigi Ciotti

Sperling&Kupfer, pagine 150, 11,82 euro anziché 13,90 su internetbookshop

Incipit:  Il mito della spia. Una donna incantevole seduce un altissimo ufficiale che, ob­nubilato dalla seduzione, finirà per rivelarle qualche segreto militare.
Un vecchio gentiluomo in pensione lascia il giardinaggio per dedicarsi alla creazione di una organizzazione di persone addestrate per le più spericolate azioni dietro le linee.
Un uomo atletico e affascinante affronta e sgomina, a colpi di karate, sei o sette agenti avversari e porta in salvo dei documenti trafugati, scappando su una potente vettura munita di mille trucchi.
Sono alcune delle più consolidate immagini della spia dif­fuse da decenni di letteratura e cinema in tema (la spy story, appunto). Matha Hari, William Stephenson, ma soprattutto James Bond, l’agente segreto per eccellenza; dopo di lui 007 diventerà il sinonimo più utilizzato per dire spia o agente di un servizio segreto, anche in riferimento a personaggi lon­tanissimi dal raffinato e aitante protagonista dei romanzi di Ian Fleming, ispirato alla figura di Porfirio Rubirosa.

Chi lo avrebbe mai detto? Porfirio Rubirosa, un nome che sembra uno pseudonimo, mitico playboy che  fra gli anni Cinquanta e Sessanta era sempre sulle copertine dei rotocalchi, in realtà  era una spia.
Le operazioni dei Servizi sono “buone operazioni”, cioè riuscite,  quando l’opinione pubblica orienta il proprio sentire nella direzione indicata da chi le ha volute e attivate. Naturalmente non bastano gli eventi in sé a manipolare il convincimento dei cittadini. A dare una buona spinta contribuisce la rete dei “collaboratori” infiltrati nei media allo scopo di orientare l’informazione. Basta poco per spostare la verità: è sufficiente condensare una notizia importante facendone un trafiletto e nascondendolo nelle pagine interne del giornale, oppure dare risalto con un titolo ambiguo, a un articolo scritto ad hoc, a un pezzo chi non riporta più i fatti, bensì la libera interpretazione o l’opinione dell’articolista.
Proprio per sfatare falsi miti e convinzioni errate, luoghi comuni e bugie sui Servizi (istituzione che da noi è frantumata in una miriade di sigle) che sono, di fatto, un pianeta a parte all’interno della nostra democrazia, il professor Aldo Giannuli, massimo esperto italiano in materia, consulente di procure e commissioni parlamentari, ha scritto questo saggio prezioso utilizzando lo stile fluido del grande divulgatore ma senza nascondere e nemmeno edulcorare alcun elemento.
Il saggio si articola in due parti: la prima contiene i ‘fondamentali’ dell’intelligence e si rivolge a lettori ‘profani’ a cui, dopo un breve capitolo storico, descrive le attività informative e le operazioni speciali dei servizi segreti. La seconda riguarda invece il ruolo crescente dei servizi segreti nel mondo. Esplora i nuovi tipi di guerra, soprattutto quella ‘non convenzionale’, e le nuove sfide. Molta attenzione è dedicata al tema della guerra economica e alla convergenza fra i servizi segreti di Stato e quelli privati che operano all’interno delle multinazionali, nel mondo dell’ipercapitalismo finanziario, adoperandosi per mantenere privilegi e supremazie.
A mano a mano che il lettore avanza nella lettura, un pianeta sconosciuto gli si spalanca davanti: si parla di  studi strategici che in tempo di pace intrecciano senza soluzione di continuità i dati militari con quelli politici, economici, sociali, finanziari, tecnologici, di istituzioni che per conseguire i propri scopi si servono abitualmente del terrorismo, delle manovre di destabilizzazione favorite da agenti provocatori infiltrati fra le varie fazioni, della criminalità organizzata, della pirateria non solo informatica e di aggressioni batteriologiche. Tutto questo, codificato dalle nuove teorie della ‘guerra asimmetrica coperta e globale.
E’ particolarmente interessante l’appendice Cappuccino, brioche ed intelligence, in cui  l’autore invita il lettore ad applicare le nozioni apprese nei capitoli precedenti alla quotidiana lettura del giornale per leggerlo con gli occhi di un agente segreto (gli uomini dei servizi dedicano molto tempo alla lettura dei giornali considerati ‘fonti aperte’ per eccellenza), mettendo le notizie fresche in relazione con altre apparse in precedenza e passate sotto silenzio. Un esercizio sorprendente che svelerà molto più di molti saggi d’indagine.

Aldo Giaannuli

COME FUNZIONANO I SERVIZI SEGRETI. Dalle tradizione dello spionaggio alle guerre non convenzionali del prossimo futuro

Ponte alle Grazie, pagine 411, 13,60 euro anziché 16,00 su internetbookshop

Dall’Introduzione di Paolo Cucchiarelli.  Ciò che è accaduto in Italia non è un mistero, ma l’applica­zione sul campo di una ben precisa teoria politico-militare: quella enunciata nel 1981 da Theodore Shackley, il vertice ideativo e il capo operativo di quel gruppo di agenti e affa­risti definito di volta in volta «l’altra CIA», la «CIA segreta o occulta», o il «Secret team», che è responsabile della gran parte delle più importanti operazioni clandestine, dal Laos a scendere fino allo scandalo Iran-Contras.
Incipit: Misteri italiani e delitti di Stato. Il fallito sequestro dell’ex senatore Graziano Verzotto. Erano circa le undici di sera di venerdì 31 gennaio 1975 quando tre uomini incappucciati avvicinarono l’ex sena­tore e segretario provinciale della DC siracusana, Graziano Verzotto, nello stabile in cui abitava con la moglie, invitan­dolo a seguirli. Quattro giorni prima, l’uomo politico era stato costretto a rassegnare le dimissioni dalla Presidenza dell’EMS (Ente Minerario Siciliano), il più importante ente economico regionale, ma gli incarichi conservati ne face­vano ugualmente un esponente di rilievo della classe diri­gente democristiana isolana.

Non esistono “servizi segreti deviati”, come i media cercano di farci credere fin dal ritrovamento degli elenchi di Gelli e dai primi depistaggi. Esistono e sono sempre esistiti, nell’Italia contemporanea così come negli altri Paesi, servizi segreti e basta,  istituiti proprio per perseguire scopi quasi sempre inconfessabili, anche adottando mezzi e strumenti che sfuggono alle regole che disciplinano i comportamenti dei cittadini. Non è proprio una licenza di uccidere ma se il morto (o i morti) ci scappa, pazienza! Il segreto di Stato e gli “omissis” metteranno i responsabili al riparo da eventuali azioni penali. E se proprio i giudici caparbi si ostineranno a indagare, gli insabbiamenti e i depistaggi impediranno di arrivare alla verità. Piazza Fontana e tutte le stragi, compresi Ustica, il sequestro Moro, e le bombe del ‘92 e’93, sono solo pochi, clamorosi esempi di quanto siano efficaci le contromisure messe in atto dalla nostra intelligence che, contrariamente a quello che si crede, funziona benissimo. Infatti, dopo anni di indagini e processi la verità è sempre più lontana.  
I cittadini meglio informati sospettano che i servizi contino sulla disinformazione e che per questo abbiano infiltrato i media con propri collaboratori “a libro paga”. Chi non ricorda “l’agente Betulla” alias Renato Farina, ex vicedirettore de Il Giornale e Libero? Alla vigilia delle elezioni politiche italiane del 2006 pubblicò un falso dossier preparato dal SISMI secondo il quale il candidato premier della sinistra, Romano Prodi, allora Presidente della commissione europea, avrebbe autorizzato, le azioni della CIA in Europa, fra cui il rapimento di Abu Omar avvenuto in Italia.
E l’agente Betulla non è certo un caso isolato! Anche i nomi e i ruoli di personaggi come Franco Freda e Giovanni Ventura sono noti. Invece quello dei protagonisti di questo saggio d’indagine, Berardino Andreola, alias Giuseppe Chittaro, alias Giuliano De Fonseca, alias Giuseppe Saba, alias Umberto Rai, e Paolo Bellini, la ‘Primula nera’, ai più non dicono nulla.
"Ex pittore, ex avventuriero, ex tutto", Andreola,  nato a Roma il 13 aprile 1928, fascista convinto, grande esperto di esplosivi, è il prototipo e il campione degli agenti provocatori.  
Fatto infiltrare fin dal dopoguerra nei gruppi extraparlamentari di estrema sinistra, presto divenuto braccio destro di Giangiacomo Feltrinelli, fu una fonte riservata di Calabresi con il quale fece il doppio, forse il  triplo gioco.
Quanto alla ‘Primula nera’,  lui è se possibile ancora più enigmatico. “Entrato e uscito da molti misteri d’Italia, Bellini, ex trafficante di opere d’arte, sarebbe stato l’ispiratore delle bombe del ’93 contro i monumenti e le basiliche di Firenze, Milano e Roma”. A rivelarlo è stato il mafioso Antonino Gioè, uomo d’onore di Cosa nostra, uno dei soldati prediletti di Leoluca Bagarella, coinvolto nella strage di Capaci e rinvenuto impiccato nella sua cella il 29 luglio dello stesso anno1993: un ‘suicidio’ sul quale ci sarebbe ancora molto da scoprire.

Attraverso la vita del ‘nero’ Andreola, infiltrato nell’estrema sinistra, vita che nel corso degli eventi si è intrecciata a quelle di altri infiltrati di provata fede fascista come, appunto, Paolo Bellini, l'autore ricostruisce la storia dei più cupi e sanguinosi misteri, dei depistaggi e degli insabbiamenti, mettendo a posto diverse tessere e dando un senso a eventi che cercano ancora una risposta alla domanda cardine: perché tanto sangue?

 

Egidio Ceccato

L’INFILTRATO

Ponte alle Grazie. pagine 324, 11,90 euro anziché 14,00 su internetbookshop

Dalla prefazione di Ivan Lo Bello.Superare la crisi, ora. Viviamo la fase più complessa e difficile della nostra storia repubblicana. Mai come ora crisi economica e morale si sono intrecciate, in una profonda recessione che ha radici nazionali e internazionali. Per questo abbiamo bisogno di idee nuove come quelle proposte in questo libro: per mettere in moto le energie migliori del paese e affrontare la crisi. Del resto, come diceva Albert Einstein, «non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che l’ha generato».
Incipit: Le zavorre di un paese vitale. Parlare il linguaggio della verità, come ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, è il primo passo per affrontare la crisi. Le difficoltà del paese sono  sotto gli occhi di tutti. Scontiamo la presenza di un’evasione fiscale che, secondo il presidente dell’Istat Enrico  Giovannini, è tra il 16,3 per cento e il 17,5 per cento del Pil: tra 255 e 275 miliardi di euro. Siamo appesantiti da  una burocrazia tanto estesa quanto spesso inefficiente, come pure da un gravoso deficit di infrastrutture, a partire  da quelle per il futuro, come la banda larga.

«Chi cerca rimedi economici a problemi economici è su falsa strada; la quale non può che condurre se non al precipizio. Il problema economico è l’aspetto e la conseguenza di un più ampio problema spirituale e morale.» Parole di Luigi Einaudi, primo presidente dell’Italia repubblicana che, nel Paese devastato e impoverito dalla guerra, non era certo nemico del ‘mercato’ né, tantomeno, alfiere della salvaguardia dell’ambiente. Questa massima, che anticipa di oltre sessant’anni  la situazione che oggi ci ha messo in ginocchio, sintetizza all’osso lo spirito di questo libro.
Possiamo battere la crisi? Si chiede il ‘green? Ermete Realacci, membro della direzione del PD e responsabile green economy del partito oltre che presidente della commissione Ambiente alla camera.
La risposta è sì, a patto però di cambiare mentalità e trovare un nuovo approccio all’economia del paese. Un approccio “green”, cioè verde, rispettoso dell’ambiente e del paesaggio, capace di conciliare l’esigenza di creare nuovi posti di lavoro con il benessere generale della comunità.
Naturalmente, poiché la parola da sola non basta, l’autore spiega il suo punto di vista attraverso gli esempi virtuosi di aziende che hanno fatto della green economy il proprio principio ispiratore. Aziende sane,  che producano ed esportano in tutto il mondo come la Valcucine di Pordenone, che ha quasi raggiunto l’autosufficienza energetica con i pannelli solari; la Revolution delle Marche, che punta sulla sostenibilità nei supermercati offrendo cestini per la spesa in plastica riciclata dai tappi di bottiglia. La Inverter One Toscana, leader nella produzione di inverter fotovoltaici con il grado di efficienza più alto. La Ecoplan calabrese che produce pannelli fotovoltaici utilizzando materiali di scarto fra cui i residui della lavorazione delle olive e, come dicono i titolari: “Non è un’azienda che scende a patti. Nemmeno con la ’ndrangheta”.

Questi sono soli pochi esempi che dimostrano con assoluta certezza che se davvero si vuole cambiare rotta e cominciare navigare finalmente in acque più sicure, si può.

Ermete Realacci

GREEN ITALY. Perché ce la possiamo fare.

Prefazione di Ivan o Bllo e postfazione di Alberto Meomartini

Chiarelettere, pagine 315, 12,75 euro anziché 15,00 su internetbookshop

Incipit: Introduzione. Ho lavorato per quindici anni con uomini che maltrattavano le partner, in veste di terapeuta, studioso e ricercatore, traendo una grande quantità di informazioni dagli oltre duemila casi con cui ho avuto a che fare. Ho imparato quali sono i segnali di pericolo che indicano la presenza di un problema di controllo e maltrattamento e ai quali una donna dovrebbe prestare attenzione quando inizia una relazione. Ho imparato a capire cosa dice veramente l’uomo maltrattante, il significato nascosto dietro le sue parole. Ho individuato gli indizi per riconoscere quando l’aggressività verbale ed emotiva sfocerà nella violenza fisica e per distinguere gli uomini maltrattanti che fingono di voler cambiare da quelli che lavorano davvero su sé stessi. E ho imparato che il problema della violenza nella coppia ha sorprendentemente poco a che fare con il modo in cui un uomo si sente (i miei pazienti non vivono esperienze emotive diverse da quelle di tutti gli altri uomini), ma ha molto a che fare con il modo in cui pensa. Le
risposte sono dunque nella sua mente.

Ci sono libri che divertono, libri che informano, libri che commuovono, libri  che tengono viva la memoria, libri che nutrono lo spirito. Alcuni passano come meteore e dopo l’ultima pagina vengono dimenticati. Altri fanno riflettere a lungo.
Questo libro è diverso da tutti perché può salvare la vita alle donne e una volta letto deve essere tenuto a portata di mano, pronto per essere consultato al bisogno.
In anni come questi, con la violenza sulle donne che da tempo è una vera e propria emergenza nazionale (la media nazionale degli ultimi cinque anni è di 135 donne massacrate ogni anno all’interno delle mura domestiche dai loro compagni, mariti,  fidanzati più spesso ex), al punto da aver fatto coniare il termine ‘femminicidio’, ecco finalmente un trattato che spiega in modo chiaro, semplice, con aneddoti, esempi e schemi come funziona il cervello di un maschio abusatore, cosa pensa delle donne in genere e della compagna o ex compagna in particolare, quali sono i disvalori che muovono il suo comportamento, come  passa dall’insulto ai pugni,  perché violento una volta significa violento per sempre qualunque promessa o giuramento faccia. E, soprattutto, che indica con estrema chiarezza e concisione quali sono i segnali che dovrebbero far scattare l’allarme rosso nelle donne che iniziano una relazione con uomini destinati, prima o poi, a diventare abusatori, picchiatori e, Dio non voglia, assassini.
E’ soprattutto sui segnali indicatori, veri e propri sintomi di una malattia dell’anima, che l’autore, Lundy Bancroft, insiste perché anche qui prevenire è sempre meglio che curare.
Consulente giudiziario e co-direttore di Emerge, la prima organizzazione negli Stati Uniti a offrire programmi di riabilitazione per uomini violenti in libertà condizionata e obbligati dal giudice a seguire le sue sedute di gruppo, il dottor Bancroft spiega come la violenza si possa e si debba prevenire. “C’è un modo soltanto per difendersi”, spiega. “Bisogna riconoscere i sintomi in tempo e poi darsela a gambe”. Questo perché, stando alla sua ventennale esperienza, le donne non hanno alcuna speranza di riuscire, da sole, a cambiare un maschio violento e prevaricatore che, assecondato, blandito, temuto, non potrà che diventare sempre più prepotente e aggressivo fino a farsi fisicamente pericoloso.

Lundy Bancroft

UOMINI CHE MALTRATTANO LE DONNE

Vallardi, pagine 320, 18,00 euro

Incipit: All’inizio, quando li vide entrare non comprese. Era così perfettamente immersa nei chiaroscuri scomposti dei rumori e delle voci, avvolta dalle luci squillanti e dagli odori grevi, che non realizzò subito quello che sarebbe accaduto.
I suoi capelli, le spalle, il sudore sotto le ascelle, la peluria bionda sull’attaccatura dell’osso sacro, la piccola bolla sul piede destro, tutta la superficie del suo corpo scivolava compatta e disciplinata tra la gente che affollava il locale, in perfetta simbiosi con quella parte periferica del cervello che le guidava le gambe: Una coca e due birre medie al sei… una Coca e due birre medie al sei… ma la parte più profonda del suo essere respirava in un altrove isolato, fiorito di pensieri minimi su cambiamenti definitivi.

E, infine, un romanzo come si deve, con il giusto mix di fantasia e realismo. Quota 33, libro d’esordio di un’autrice che promette molto, deve buona parte del suo appeal all’ambientazione: una procura di provincia frequentata da magistrati, agenti e ufficiali di pubblica sicurezza, malviventi e mitomani, impiegati di ogni livello, avvocati e, soprattutto indagati. 
Per scrivere di una procura in modo credibile muovendosi con agilità fra ruoli e procedure, bisogna viverci dentro. Bisogna interagire con i magistrati e con tutti i personaggi che abitualmente ci lavorano e la frequentano, comprese le figure minori come cancellieri, segretarie e addetti alle fotocopie. E questo è il caso dell’autrice, lei stessa magistrato presso una procura di provincia.
Tutto prende il via dall’omicidio di Oksana Letkova, bellissima cameriera di un pub ed ex prostituta. Le indagini toccano al sostituto  procuratore che era di turno al momento del rinvenimento del cadavere: Alvise Guarneri, magistrato quarantenne, separato con un figlio, formato professionalmente presso l’antimafia di Palermo e assegnato alla procura di Ardese (il toponimo è inventato.
Le indagini, condotte da Guarneri, coadiuvato dal maresciallo Alfano, partono subito col piede sbagliato per colpa del lassismo che impera all’interno della procura, ma anche del sistema giustizia che sembra studiato apposta per complicare, affondare, insabbiare. Un classico italiano a cui il povero Guarneri non è preparato perché prima del trasferimento al Nord immaginava che la provincia sabauda fosse esente dai mali endemici che affliggono il Sud: pressioni politiche, comunanza di interessi con la malavita, menefreghismo …
Roberta Gallego ‘approfitta’ dei suoi personaggi (tutti di fantasia) e delle vicende in cui si trovano coinvolti per offrire uno spaccato molto realistico del nostro ‘sistema giustizia’.« La sovraesposizione mediatica dell’operato delle Procure non mi pare abbia molto contribuito in questi anni a far comprendere e a divulgare concretamente che tipo di lavoro tecnicamente facciamo», ha spiegato nel corso di un’intervista rilasciata al giornalista giallofilo Marco Piva. « Spesso  leggo nelle cronache giudiziarie, reali o romanzate, riferimenti procedurali inesatti, termini imprecisi: è sintomatico di come in realtà se ne parli troppo ma si chiarisca troppo poco. Decriptare la nebulosa dei ritualismi giuridici, restituire comprensibilità alle dinamiche investigative, comporta inevitabilmente uno sguardo ravvicinato e informale sull’umanità che ci lavora. Idealizzarla o demonizzarla inseguendone i vizi o celebrandone le virtù è un’operazione facile, che però confonde il mezzo con il fine. In questo senso raccontare le anomalie di un sistema non è il fine ma un mezzo per restituirgli un’idea di sana normalità.»
Ed è proprio sulla normalità dei personaggi, svestiti dalle toghe e visti come uomini e donne con vizi, virtù, manie e sentimenti, a fare la differenza fra questo romanzo e molti legal thriller di successo ma poco credibili. Da leggere d’un fiato.

Roberta Gallego

QUOTA 33

TEA, pagine 347, 9,75 euro anziché 13,00 su internetbookshop