Adele Marini

La rubrica "Novità editoriali" di Misteri d'Italia è tenuta da Adele Marini, giornalista professionista, specializzata in cronaca nera e giudiziaria, autrice di diversi libri tra cui il noir 'non fiction' Milano, solo andata (Frilli editori, 2005), pubblicato anche in Germania, con cui ha vinto nel 2006 il Premio Azzeccagarbugli per il romanzo poliziesco. Nel 2007, sempre con Frilli, ha pubblicato Naviglio blues, anch'esso tradotto in tedesco. Attualmente è in libreria con l'eBook Arriva la Scientifica (editrice Milanonera), secondo volume della collana Scrivi noir: i fondamentali della scrittura d'indagine dedicata alle procedure investigative e giudiziarie.

 

La prima edizione di questo libro-inchiesta, uscita nel 2009, è passata quasi sotto silenzio. Un lavoro poderoso, coraggioso, minuzioso, pubblicato con un tempismo perfetto nel quarantennale della strage di Piazza Fontana, eppure pressoché ignorato dai media. Diverse recensioni, qualche elogio, critiche… ma scarsa visibilità tanto sugli scaffali delle librerie quanto nei talkshow. Eppure Paolo Cucchiarelli, uno dei massimi esperti italiani di stragi e di grandi misteri insoluti, con questo lavoro, che in realtà è un dossier, ha fornito una ricostruzione non solo dell'evento bomba in sé, ma anche della laboriosa preparazione politica, sociale, culturale e soprattutto pratica della strage. Poi, dei depistaggi seguiti all'esplosione, delle omissioni delle bugie, degli inceppamenti giudiziari e di tutto quello che in seguito ha impedito che si arrivasse alla verità. Verità che, nella sua ricostruzione, attuata mettendo insieme tutti i dati e molte rivelazioni confidenziali mai prodotte in tribunale, è un po' diversa da quella a cui 11 gradi di giudizio spalmati su quattro decenni ci hanno abituato. Eppure il 'segreto' di piazza Fontana era sotto gli occhi di tutti. Un tecnico della Scientifica lo aveva individuato già poche ore dopo l'esplosione e la sua perizia, se fosse stata presa nella giusta considerazione, avrebbe potuto portare in fretta alla verità, se la volontà politica fesse stata quella. Partendo da quella prima scoperta fatta dentro il salone in macerie della banca, ripercorrendo passo dopo passo tutti gli atti di indagine, ascoltando personalmente molti dei protagonisti ancora in vita e raccogliendo testimonianze e confidenze inedite, Cucchiarelli ha trovato elementi che alterano il quadro d'insieme della verità ufficiale in realtà mai raggiunta e anche di quella ufficiosa, proponendo risposte logiche e coerenti che riannodano tutti i fili. Non è dietrologia. Non è complottismo estremo. Non è invenzione letteraria calata in un contesto reale. Eppure si preferisce fingere che l'inchiesta di Cucchiarelli non esplori la storia. Che il "segreto" non sia esso stesso storia. Ma solo la base di partenza per l'ennesimo romanzo. E non è per caso che il film di Marco Tullio Giordana, liberamente tratto dal lavoro di Cucchiarelli, si intitoli proprio così: 'Romanzo di una strage'.

Un'inchiesta di Paolo Cucchiarelli
nuova edizione aggiornata

Il segreto di Piazza Fontana

Ponte alle Grazie, pagg. 705 19,80 euro

Prendete un oscuro magistrato a cui viene affidato un incarico molto particolare: sgominare una banda di serial killer che da tempo sta terrorizzando un'intera regione. Lo stesso ha però una fissazione: la mafia. La vede dappertutto, specie in un quartiere della città dove vivono molti malavitosi che però con la mafia non hanno alcun legame. I serial killer non prediligono vittime particolari. Sono assassini nati, uccidono chiunque sbarri loro il cammino. Certamente, almeno per un periodo della loro attività criminale, sono stati assoldati da poteri oscuri, probabilmente uomini dei servizi segreti che vogliono gettare nel caso un'intera regione. Ammazzano benzinai per rapine da pochi spiccioli, extracomunitari, carabinieri, gestori di armerie, innocui passanti, pacifici nomadi. Loro uccidono e il magistrato indaga solo e soltanto su presunte cosche di mafiosi fino a mandarne in galera, e poi fare condannare, ben 33, tutti cittadini che hanno il solo torto di essere catanesi e altri quattro, tra cui un camorrista e tre malavitosi del citato quartiere. Arriva a teorizzare che in quel quartiere esista addirittura la quinta mafia: quinta dopo Cosa nostra, 'Ndrangheta, Camorra e Sacra Corona Unita. Peccato che a tutt'oggi nessuno conosca la quinta mafia del Pilastro. Quando i banditi criminali vengono arrestati e si scopre che si tratta di una banda formata da cinque poliziotti e un aspirante tale, quel magistrato, anziché chiedere scusa a chi ha mandato in galera, ai suoi superiori e ai parenti di quelle vittime, assassinate mentre lui indagava in tutt'altra direzione, insiste nelle sue convinzioni. E' talmente innamorato del suo teorema che non si arrende neanche davanti all'evidenza delle confessioni, dei riscontri e delle perizie. A tal punto che dopo 19 anni di silenzio e di una carriera che si è arenata nel piccolo tribunale di una tranquilla provincia dove non succede mai nulla, quel magistrato decide di scrivere un libro, ottiene la prefazione di Marco Travaglio (esperto di tutto, ovviamente, anche di mafia) e riesce a farselo pubblicare da una prestigiosa casa editrice (forse abbagliata proprio da Travaglio). Il risultato di questo libro è racchiuso in "L'Italia della Uno bianca": un delirio di confusione, dove la mafia, alla fine, potrebbe essere responsabile anche del crollo delle Twin Towers e dell'oscillazione dello Spread. A Roma c'è un modo di dire molto efficace: "E nun ce vole stà". (s.p.)

Giovanni Spinosa

L'ITALIA DELLA UNO BIANCA. Una storia politica e di mafia ancora tutta da raccontare.

Prefazione di Marco Travaglio

Chiarelettere 15,30 euro anziché 18 su Internetbookshop

Tutti i fatti in fila, uno dietro l'altro. E' questa la forza dei libri d'indagine. Non inventano nulla ma affrontano gli argomenti con il pragmatismo di un fisico per il quale contano solo i numeri che, alla fine, tornano sempre. E i fatti, come i numeri, non mentono: anche se sono frantumati e dispersi fra mille eventi, basta avere la pazienza di cercarli e avvicinarli perché tutto torni. E' esattamente ciò che ha fatto Ferruccio Pinotti in questo libro d'inchiesta che ha per argomento il tesoro del Vaticano, la sua non sempre limpida accumulazione, la sua conservazione nei forzieri off shore, la sua moltiplicazione con operazioni finanziarie che non hanno niente da invidiare a quelle condotte dalla spregiudicata Goldman Sachs. Un tesoro, quello sotto la cupola di San Pietro, a volte macchiato di sangue. C'è tutto in questo libro: dalle gestioni poco cristiane delle opere assistenziali alle vicende che ebbero per protagonista il bancarottiere Michele Sindona, riciclatore di denaro della mafia; dalla liquidazione Banco Ambrosiano a cui seguirono l'omicidio dell'avvocato Giorgio Ambrosoli e il finto suicidio di Roberto Calvi, alle spericolate operazioni finanziarie dello IOR di monsignor Marcinkus, il banchiere che rischiò di trascinare il pontificato di Karol Wojtyla in uno scandalo apocalittico. E che dire delle vicende della Popolare di Lodi, degli scandali Cirio e Parmalat, delle speculazioni sui titoli spazzatura? Si sa che quello del banchiere non è un mestiere che richiede come titolo preferenziale la carità, il sacrificio, la bontà d'animo. Ma inquieta non poco apprendere che dietro al costosissimo apparato della Chiesa, dietro ai fastosi cerimoniali, si celano operazioni poco limpide. Se la sigla IOR non fosse l'acronimo di Istituto Opere di Religione si potrebbe anche giustificare in parte tanta disinvoltura nella gestione di un patrimonio immenso proveniente in larga misura da donazioni ed elemosine dei fedeli. Ma 'Opere di Religione' fa pensare alle virtù teologali: fede speranza e carità, che riportano all'etica Vangelo. Etica che settori 'deviati' della finanza e dell'imprenditoria cattolica hanno tradito senza rimorso carpendo la buona fede dei credenti. Perché i finanzieri del vaticano, quasi tutti sacerdoti, calpestano il loro stesso sacramento? La risposta sta nelle parole del cardinale Angelo Scola, "Quando si tratta di operazioni finanziarie che muovono gli ingenti capitali degli enti ecclesiastici, banchieri e finanzieri sono cattolici, sì, ma solo al termine dell'orario d'ufficio".

Un'inchiesta di Ferruccio Pinotti

Finanza Cattolica

Ponte alle Grazie, pagg. 227 11,90 euro anziché 14 su Internetbookshop

Questo non è un mistero italiano ma vale la pena di consigliarlo perché quest'anno ricorre il duecentesimo anniversario della nascita di Charles Dickens (1812-1870), acuto cronista della società del suo tempo, e questo romanzo, appena uscito in libreria, è stato pubblicato proprio per rendergli omaggio dalla casa editrice Gargoyle che si è avvalsa della splendida traduzione dell'anglista Stefano Manferlotti. Si tratta di un mistery: l'unico romanzo di genere prodotto dallo scrittore e rimasto incompiuto, sul quale autori, lettori, cineasti e sceneggiatori nel corso dei secoli si sono cimentati per trovargli un degno finale. L'opera, che secondo il piano originale concordato dallo scrittore con gli editori si sarebbe dovuta pubblicare nell'arco di un anno, in dodici dispense mensili poste in vendita al prezzo di uno scellino ciascuna, iniziò ad apparire nell'aprile del 1870, ma si interruppe a settembre per la morte improvvisa di Dickens dovuta a un colpo apoplettico. Da allora la sfida è ancora aperta. Tutto ha inizio con la scomparsa in circostanze misteriose del giovane gentiluomo Edwin Drood alla vigilia delle nozze con Rosa. A dare il via alle ricerche è John Jasper, lo zio di Edwin, anch'egli innamorato della ragazza. Ma presto si fa strada il sospetto che lo scomparso sia stato assassinato e qui si intuisce che duecento anni di storia sono scivolati via come acqua perché dello stesso caso si sarebbe potuto occupare un Chi l'ha visto? inglese se all'epoca ci fosse stata la tivù. Il successo delle dispense fu immediato e travolgente fin dall'apparire della prima, perché nel romanzo si mescolano tutti gli ingredienti del feuilleton scritto però da un grande maestro del romanzo popolare, acuto osservatore della società inglese ottocentesca con i suoi vizi, le sue manie, le mode, le ingiustizie e le iniquità. E a dare sapore a tutto, intrighi, equivoci, personaggi e luoghi esotici che l'autore probabilmente prese di peso dai racconti dei militari e dei funzionari che tornavano a Londra dalle colonie dell'impero. E, sopra ogni cosa, a confondere i contorni e a stordire, la spessa cortina dell'oppio consumato liberamente nelle fumerie. Il fatto che il romanzo sia rimasto incompiuto e, quindi, senza un finale, non toglie nulla al fascino delle atmosfere che evoca, anzi, semmai aggiunge mistero al mistero, invitando i lettori a misurare la propria fantasia con quella di tutti coloro che in due secoli si sono cimentati, a cominciare dagli stressi figli dello scrittore: Charles Junior e Kate Dickens Perugini.

 

Charles Dickens

IL MISTERO DI EDWIN DROOD

Gargoyle pagg. 329, € 18 16,20 euro anziché anziché 18 su Internetbookshop

Si moltiplicano gli episodi di corruzione e concussione di cui sono protagonisti personaggi pubblici. Amministratori locali, parlamentari, funzionari di partito e di ex partiti, continuano impunemente a incassare mazzette in cambio di favori. Dunque, la gloriosa e tanto discussa stagione di Mani pulite sembra essere scivolata via come pioggia dall'impermeabile della storia, mentre una fastidiosa pioggia non smette di accanirsi sulla nostra zoppicante economia: la pioggia di mazzette. Questo libro, che consiglio vivamente a tutti, ma specialmente a coloro che hanno come spirito guida quel vampiro della giustizia chiamato 'garantismo', è la dimostrazione lampante che Tangentopoli non è mai finita e che, se il governo Monti è stato costretto ad varare leggi finanziarie e fiscali per arginare l'iniquità sociale, è perché la consuetudine delle mazzette, dei regalini, dei contributi sotto banco ai partiti, delle generose elargizioni alle mafie in cambio di voti, negli ultimi anni si è fatta ancora più proterva, più cattiva e più ingorda che mai. Mani pulite, aggiornato agli ultimi fatti del 2011, altro non è se non la cronistoria dell'illegalità permanente che avvelena l'aria, l'acqua e la terra nel nostro Paese. Basato sulla cruda esposizione dei fatti, uno in fila all'altro, arriva fino ai giorni nostri partendo dal 17 febbraio 1992, data dell'arresto di Mario Chiesa a cui bisognerebbe erigere un monumento perché si deve alla sua mancanza del senso della legalità e della misura se è venuto alla luce il marcio della mariuoleria elevata a sistema. Ricordiamo che il 1992, l'anno in cui i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vengono trucidati a Palermo, è l'anno in cui la corruzione è vista come un fatto nazionale che coinvolge quasi tutti i partiti dell'arco costituzionale, con 70 procure al lavoro, 12.000 persone coinvolte per fatti di tangenti e circa 5000 arresti. E' l'anno in cui sembra che il Paese riscopra l'orgoglio nazionale. "L'Italia sta risorgendo", esulta Oscar Luigi Scalfaro, il presidente della Repubblica da poco eletto, nel suo discorso di fine anno. Peccato solo che il Risorgimento delle coscienze non duri. Poco dopo infatti gli italiani scopriranno che la parola 'garantismo' è sinonimo di progressismo culturale, mentre 'giustizia', confusa con 'giustizialismo', è una parola sconveniente. Due anni dopo ci sarà la discesa in campo di Berlusconi e con lui inizierà la restaurazione. Ma com'è potuto succedere che la coscienza dei cittadini si alterasse al punto da confondere i magistrati che cercano di applicare le leggi con coloro che le leggi le violano? La spiegazione appare lampante dalla lettura di queste pagine che hanno come protagonisti i fatti messi uno in fila all'altro. Fatti, nient'altro che i fatti, ma è così che si scrive la storia

Gianni Barbacetto, Peter Gomez, Marco Travaglio

MANI PULITE, la vera storia 20 anni dopo

prefazione di Piercamillo Davigo

Chiarelettere, pagg. 912 16,66 euro anziché 19,60 su Internetbookshop

Questa è la storia di un imprenditore che non si è piegato al sistema delle tangenti. Si chiamava Ambrogio Mauri, produceva autobus per il trasporto urbano. Bellissimi autobus, ecologici e senza barriere architettoniche in anni in cui si parlava poco di ecologia e molto di profitto. Gli anni della "Milano da bere e dell'Italia da mangiare". Ambrogio Mauri, a Desio, nel cuore della Brianza, era partito quasi dal niente. A 19 anni aveva ereditato una modesta officina dal padre e con il suo lavoro e il suo cervello l'aveva trasformata in un'impresa di meccanica pesante in grado di competere con i colossi. L'azienda era cresciuta fino agli anni '80, quando tutte le regole della concorrenza erano state spazzate via dal sistema delle tangenti. In quegli anni si era arrivati al punto che le grandi imprese operanti nel settore pubblico si erano associate nella corruzione. Avevano fatto "cartello". E lo stesso, avevano fatto i partiti: cassieri unici riscuotevano le tangenti per tutti e poi si divideva il bottino in proporzione del peso e del potere reale di ciascun partito. E' stato quello il vero compromesso storico mai attuato: destra e sinistra affratellate dalla mazzetta. Ambrogio Mauri rifiutava di pagare. Racconterà anni dopo Antonio Di Pietro ai suoi figli: "Quando scorrevo l'elenco dei fornitori di ATM, l'unico nome che non c'era mai era quello di vostro padre". Sì, perché la ditta Mauri veniva regolarmente esclusa dagli appalti. Mauri non ha fondi neri, non li impiega per pagare mazzette e resiste come può alle pressioni e alla crisi. Crede, come tanti, che Mani Pulite farà piazza pulita dei disonesti e che dopo si potrà ripartire con nuove regole. Ma si illude. Nel 1996, l'ultima beffa. L'ATM indice una gara di appalto per la fornitura di 100 autobus al Comune di Milano. La Mauri quegli autobus li ha già pronti. Sono bellissimi e perfettamente in linea con i parametri prestabiliti, eppure ancora una volta a vincere slealmente la gara è un'azienda che ha consegnato in ritardo la busta con offerta e gli autobus li ha solo sulla carta. L'epilogo è tragico. A vent'anni da mani pulite, questa storia, già resa pubblica da una puntata di Report, racconta come le manette e i processi degli anni '90 siano stati una bufera inutile perché non è cambiato niente.

Monica Zapelli

UN UOMO ONESTO. Storia dell'imprenditore che morì per aver detto no alle tangenti

Sperling & Kupfer pp. 178 13,60 euro anziché 16 su Internetbookshop

"Per capire l'assalto della 'ndrangheta alla politica milanese bisogna anzitutto comprendere che in Lombardia esiste una vera 'cupola', […]. E' una cabina di regia che è stata creata tra Reggio Calabria e Milano, in vista dei grandi affari lombardi […]. Il via all'operazione politica [su Milano] viene dato in Calabria, quando la 'Ndrangheta uccide a Locri il vicepresidente del Consiglio regionale Franco Fortugno." Poche righe (pag.50) che danno l'idea del contenuto di questo libro: l'assalto silente e brutale alla città culminato nel grande banchetto che ha avuto proprio Milano e la sua provincia come piatto principale. Sì, la Milano da bere degli anni '80 è oggi per le 'ndrine la Milano da ingoiare. Pezzo per pezzo, senza creanza, cominciando dai quartieri del centro, dove, in lussuosi uffici come quelli della società K., in via Montenapoleone, vengono decise le spartizioni degli affari. E poi, via via, i quartieri periferici, l'hinterland che stringe la città in un assedio permanente fatto con brutti palazzi, fitti come denti di squalo. E poi, i centri commerciali, immensi, agorafobici; gli edifici di pregio svenduti agli amici degli amici; le fabbriche dismesse; i terreni agricoli, i parchi cittadini e i terreni agricoli sacrificati al cemento che rende di più. Niente è stato risparmiato. Perfino il sottosuolo in cui si è stratificata la storia millenaria della città è stato violato con disprezzo e incompetenza per trasformare quel che rimane dell'antichità in miserabili parcheggi interrati, per la maggior parte mai completati e rimasti invenduti. Gianni Barbacetto e Davide Milosa in questo libro lasciano intendere che da tempo Milano ha abdicato dal ruolo di capitale morale. Da una decina di anni, forse da più, i veri capoluoghi, i centri in cui tutto viene pianificato e deciso, sono altrove. In Calabria, per esempio. Fra le forre dell'Aspromonte dove si tengono i summitti, agnello arrosto e calibro .9 sotto il tavolo. Nelle città disseminate lungo la statale Ionica 106. Nei paesi aspromontani sparsi lungo la statale 112 che porta a Platì, e lungo la provinciale 72 per San Luca: le famigerate vie dei sequestri. Ecco, la calata dei nuovi Lanzichenecchi è iniziata da quei sequestri che negli anni '70 e '80 hanno finanziato l'acquisto di ingenti partite di droga, i cui profitti oggi vengono sistematicamente ripuliti e fatti fruttare nelle regioni-lavanderia del centro e del Nord, con Milano come epicentro. Questo libro è nato da un poderoso lavoro di ricerca. Informative di polizia e carabinieri, relazioni delle procure antimafia, ordinanze-sentenze dei giudici, trascrizioni di intercettazioni … tutti documenti pubblici ma difficili da reperire, da interpretare e da collocare nel grande arazzo di quello che, di fatto, è il 'Sacco di Milano' . Come si legge in copertina: 'I boss della 'ndrangheta vìvono tra noi', insospettabili, spesso invidiati per le loro vite da miliardari, con i loro SUV, i vestiti firmati e il disprezzo negli occhi. Governano imprenditori dai nomi lombardi, avvocati, commercialisti, ingegneri, architetti. Sono i familiari di giovani usciti da ottime università che aspirano al loro posto in politica e una volta arrivati al potere grazie ai voti controllati dalle cosche, ricambiano assegnando lucrose commesse, appalti pubblici, consulenze milionarie. E' con i soldi in pugno e il controllo dei voti che un manipolo di brutti ceffi sono riusciti a impadronirsi non solo di Milano, ma della 'milanesità' onesta. E non ci si deve stupire se oggi tutto è 'cosa loro'. Basta scorrere le pagine di questo libro, seguirli, nomi e cognomi, mentre si muovono, arroganti, per le vie del centro, trattano affari miliardari urlando nei telefonini, cenano ad allegre tavolate di politici mescolati a mafiosi, celebrano matrimoni, cresime e battesimi nelle storiche chiese del centro e non esitano a commissionare omicidi. E il peggio deve ancora venire. L'onda di piena è attesa nel 2015, con L'Expo. Allora, se tutto andrà com'è nei piani dei boss, il 'sacco di sarà completo.

Gianni Barbacetto e Davide Milosa

LE MANI SULLA CITTÀ. I boss della 'ndrangheta vivono tra noi e controllano Milano

Chiarelettere, 469 pagine 14,11 euro anziché 16,60 su Internetbookshop

Una sottile ma tenace linea rosso sangue unisce tutti gli episodi tragici che hanno insanguinato l'Italia a partire dal dopoguerra fino a oggi. Azioni così cruente e distruttive da far pensare a una guerra civile in atto, che hanno avuto matrici di destra e di sinistra e i cui protagonisti, uomini e donne spesso molto giovani, sono stati infiammati da una politica che li ha accecati, impedendo loro di distinguere il torto dalla ragione e, soprattutto, di individuare i loro burattinai al di là dei fili. Questi uomini, consapevolmente e inconsapevolmente, si sono trasformati in carcerieri, terroristi, assassini. Destra contro sinistra. Neonazisti e neofascisti contro comunisti. E viceversa. Tutti ugualmente imbevuti di teorie lucidamente folli. Tutti guidati da leader carismatici e quasi sempre ambigui. "Opposti estremismi." "Gli estremi si toccano." "Estrema destra ed estrema sinistra possono allearsi per muovere insieme la guerra allo Stato democratico e alle sue istituzioni." Quella degli opposti che si attraggono e si confondono era una delle teorie preferite di Aldo Moro durante gli Anni di piombo e purtroppo la storia gli ha dato ragione. Ma c'era davvero un disegno da perseguire utilizzando come braccio armato le fazioni in lotta? E chi lo aveva concepito? Con quali fini? Come si è arrivati agli Anni di Piombo? E, infine, cosa ha sortito, sulla lunga distanza, la "strategia della tensione". Sono le domande a cui tenta di dare una risposta questo libro-inchiesta che parte da lontano: dalla Sicilia anno zero, cioè all'indomani della proclamazione della Repubblica, perché là tutto ebbe inizio con le lotte dei contadini per le terre a le sanguinose repressioni volute dai latifondisti e attuate dal bandito Giuliano. Niente, nella storia, fa "storia a sé". Dalla strage di Portella della Ginestra agli anni di piombo, dalle Brigate rosse alle Camicie verdi, da Autonomia operaia ai Nuclei armati rivoluzionari: niente di quello che di significativo è accaduto negli ultimi settant'anni è stato casuale e le azioni eversive, che spesso hanno avuto come alleati e favoreggiatori elementi della criminalità organizzata e dei servizi segreti, hanno sempre dato risposte precise anche se non facilmente comprensibili e coerenti. Risposte che solo la grande storia fra qualche secolo potrà decifrare.

Paolo Sidoni, Paolo Zanetov

CUORI ROSSI CONTRO CUORI NERI: storia segreta della criminalità di destra e di sinistra

Newton Compton, pagg. 572 8,42 anziché 9.90 su Internetbookshop

Si moltiplicano sugli scaffali delle librerie gialli, thriller e noir 'in costume', cioè ambientati in epoche lontane. E siccome l'attrattiva dei romanzi con delitto è costituita in larga misura dal vivere quotidiano dei personaggi, quando le epoche sono remote come l'antico Egitto, Roma imperiale, il Medio Evo, il lettore non può fare a meno di chiedersi dove finisca la documentazione degli autori e dove cominci la fantasia. Anche questo bellissimo romanzo è in costume. Ma rispetto a molti altri offre una rassicurante certezza: è tutto vero, tutto reale per la semplice ragione che l'autore si è documentato sui propri ricordi oltre che sulle cronache dei quotidiani dell'epoca. Siamo a Milano, nel 1952. Mancano sei anni alla legge Merlin. La Sip, oggi Telecom, si chiama Stipel e le telefonate vengono smistate da signorine che infilano spinotti per mettere in contatto gli abbonati. In quegli anni un po' tristi della ricostruzione post bellica, i quartieri di Milano sono paesotti in cui si parla in dialetto e nel centro storico ci sono ancora le case sventrate dalle bombe che mostrano impudicamente le tracce della vita quotidiana di chi le aveva abitate. Lina, poco più di vent'annni, bellissima da far girare gli uomini per strada, ex mondina al tempo di Sciur padrun da li beli braghi bianchi, conserva il ricordo degli stenti patiti durante la guerra e non vuole più saperne di miseria. E' per questo che un giorno prende la grande decisione: vuole diventare 'una di quelle' e andare a lavorare in un casino. Comincia così la sua carriera nella scuderia del Robeschini, un ligera molto noto. Con un mestiere così anche negli anni '50 non si poteva stare tranquilli. E Lina fa una brutta fine. La trova lo zio materno a casa propria, in camera da letto, il ventre squarciato dalle coltellate. A indagare sulla morte di Lina in arte Wilma, è il commissario Arrigoni, un integerrimo servitore dello stato che per immergersi nel mondo torbido delle case di tolleranza non può contare sulle intercettazioni, sul test del Dna e sulle altre diavolerie scientifiche, ma solo sulla propria capacità di tirare fuori la verità e le informazioni dai testimoni, anche allora reticenti, insinceri e omertosi. Questo romanzo, davvero godibile e suggestivo, merita di essere letto anche per fare un confronto fra le metodologie investigative di ieri e quelle oggi.

 

Dario Crapanzano

LA BELLA DEL CHIARAVALLE. Milano, 1952

Frilli editori, pagg. 215 10,35 euro anziché 11,50 su Internetbookshop

Non sempre le inchieste si possono fare. E, anche potendo, quasi mai si può pubblicare tutto quello di cui si viene a conoscenza. Senza contare che la vera nemica della libertà di stampa, la querela (specie quella in civile), è sempre in agguato, favorita com'è da leggi sulla libertà di stampa molto restrittive. E allora, benvenuti i "romanzi non fiction" ovvero quelle narrazioni che altro non sono se non pezzi di realtà in cui sono inventati solo i nomi dei protagonisti, mentre gli elementi che compongono l'intreccio sono episodi realmente accaduti, mescolati fra loro e insaporiti da uno stile limpido e immaginifico, affilato e trasparente come il vetro. I "non fiction" sono storie di denuncia sociale, che attraggono perché sostanzialmente vere, basate su fatti reali, con protagonisti in carne e ossa. E qui, Gomorra, ha fatto scuola. Lupi davanti al mare è un esempio di come si possano fare buona informazione e denuncia sociale con un romanzo. Nato come sceneggiatura cinematografica, essendo l'autore un impegnato nel cinema e nel teatro, è infatti ambientato in una città in piena decadenza, Bari, lacerata com'è da interessi contrapposti e depredata dai politici. Bari, in questo romanzo non è solo provincia del sud. E' l'intero paese che si regge sulla ragnatela sottile delle malversazioni e del malaffare mescolati alla politica. E' il paradigma perfetto di quella politica e di quella finanza che hanno condotto il nostro Paese sull'orlo del default. Però, contemporaneamente, è anche romanzo ben riuscito e assolutamente godibile. Tutto ha inizio quando il nuovo proprietario di una banca locale, un italo francese tenuto in vita solo dalla smania di fare buoni affari, commissiona a un integerrimo professore di economia uno studio tecnico sulla solvibilità delle imprese finanziate dalla banca elargisce. Inutile dire che le conclusioni a cui arriva l'esperto sono né più né meno quelle che tutti si aspettano: la banca altro non è se non una grande lavatrice di denaro sporco e, contemporaneamente un inesauribile Bancomat per imprese decotte, tenute in vita solo per assicurare voti ai politici locali. Con l'approssimarsi della data fissata per la riunione del consiglio di amministrazione, iniziano per il professore le pressioni perché cambi la propria relazione. Ma si tratta di un uomo integerrimo e quindi destinato a soccombere. A indagare sulla morte del professore e sull'intreccio di interessi politici, personali e malavitosi è il capitano dei carabinieri Bosdaves, un friulano prestato alla Puglia, così algido, distaccato e formale che, come dicono i suoi uomini, si muove "…come se avesse ingoiato l'intero regolamento generale dell'Arma." Sullo sfondo, una città, Bari, profumata di spezie e disseminata di preziose vestigia arabo-normanno- bizantine. Bellissima e corrotta.

Carlo Mazza

LUPI DI FRONTE AL MARE

Edizioni e/o 16,58 euro anziché 19,50 con Internetbookshop