Un’analisi del caso Michel Fourniret, l’Orco delle Ardenne, e delle omissioni che gli permisero di colpire per decenni tra Francia e Belgio.
Per oltre vent’anni Michel Fourniret ha attraversato la cronaca nera europea lasciando dietro di sé un susseguirsi di vittime, indagini incomplete e una scia di domande che ancora oggi inquietano l’opinione pubblica. La sua morte, avvenuta nel 2021, non ha chiuso un capitolo, ma ha piuttosto riacceso l’attenzione su uno dei casi più complessi e oscuri della giustizia francese. La figura dell’ “Orco delle Ardenne” rimane emblematica di come un singolo individuo, agendo nell’ombra, sia riuscito a ingannare per decenni investigatori, vicini di casa e persino chi gli era più vicino.
Michel Fourniret, la storia dell’Orco e il segreto
L’immagine del castello di Sautou, acquistato con i proventi di un delitto, rappresenta uno dei simboli più inquietanti della vicenda. Fu proprio nei terreni circostanti che, nel 2004, vennero ritrovati i corpi di alcune delle giovani vittime. Quel luogo, apparentemente isolato e insignificante, rivelò una precisione macabra nella scelta dei nascondigli, frutto di una lunga esperienza criminale.
La carriera di Fourniret, infatti, non iniziò improvvisamente. Già negli anni Settanta era noto alle autorità per reati sessuali, ma la mancanza di connessioni tra casi diversi e l’assenza di strumenti investigativi avanzati contribuirono a renderlo un predatore inafferrabile. Tra il 1987 e il 2001 scomparvero ragazze e giovani donne in diverse regioni di Francia e Belgio. Per alcune di loro la verità sarebbe emersa soltanto decenni più tardi, grazie a confessioni progressive e alle rivelazioni della moglie, Monique Olivier.

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La figura di Olivier resta una delle più controverse del caso. Per anni ha assistito e, secondo l’accusa, favorito le azioni del marito, contribuendo alla creazione di un sistema di violenza fondato sull’inganno. Le sue testimonianze tardive hanno permesso di chiarire parzialmente l’estensione dei crimini, ma hanno lasciato aperta la riflessione su ciò che avrebbe potuto essere evitato.
I suoi racconti hanno permesso di riaprire dossier rimasti irrisolti per decenni, tra cui quello di Estelle Mouzin, la bambina scomparsa nel 2003. Le tracce rinvenute nel 2020 hanno rappresentato un punto di svolta in un’indagine che sembrava ormai destinata all’oblio.
Nonostante confessioni, processi e sentenze, il perimetro esatto dei crimini di Fourniret rimane incerto. Alcuni episodi degli anni Settanta e Novanta, collegati a lui solo per somiglianze comportamentali o geografiche, continuano a essere oggetto di confronto tra investigatori e magistrati. L’ampiezza del territorio in cui ha agito, unita alla sua capacità di adattarsi e confondersi, ha alimentato sospetti che forse non troveranno mai una conferma definitiva.
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