A 50 anni dalla scoperta, il caso dei Bronzi di Riace continua a sollevare dubbi sulla scomparsa e i gruppi perduti.
Cinquant’anni dopo il loro riaffiorare dalle acque di Riace, i due celebri guerrieri in bronzo continuano ad esercitare un fascino che va oltre la perfezione del modellato o l’aura iconica che li circonda. Il vero magnetismo dei Bronzi risiede forse proprio nelle domande rimaste sospese, nei vuoti che completano la loro storia: cosa accompagnava quelle statue? Dove sono finiti gli elementi del loro corredo? E, soprattutto, qual era il gruppo scultoreo originario cui appartenevano?
Il 16 agosto 1972 il sub Stefano Mariottini parlò di “un gruppo di statue”, e non di due sole figure isolate. Descrisse uno scudo ancora visibile, collocato sul braccio sinistro di una delle sculture, e fece riferimento a una postura delle braccia che non coincide del tutto con quella dei Bronzi oggi conservati al Museo Archeologico di Reggio Calabria. In quelle prime testimonianze è racchiuso il nucleo di un enigma mai davvero risolto.
Bronzi di Riace, un enigma che attraversa mezzo secolo
Secondo Daniele Castrizio, studioso di numismatica greca e romana, i due guerrieri rappresenterebbero Eteocle e Polinice, figli di Edipo e protagonisti della tragica vicenda dei Sette a Tebe. La teoria si basa sia su ragioni stilistiche sia su confronti iconografici, e suggerisce un’origine comune per le statue: la metà del V secolo aC, nella stessa bottega di Argo, pur realizzate da mani differenti. L’ipotesi, accolta con interesse da molti studiosi, apre scenari ancora più ampi.
Se davvero i Bronzi erano parte di un complesso più grande, mancherebbero all’appello almeno altre tre figure: la madre Euryganeia o Giocasta, secondo altre tradizioni, Antigone e probabilmente Tiresia. Alcuni ricercatori ipotizzano addirittura la presenza di ulteriori personaggi. Un gruppo ricco, articolato, concepito per essere osservato frontalmente, con le statue disposte in dialogo visivo e narrativo tra loro.

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Oltre alle figure umane, si sa che i Bronzi indossavano o impugnavano elementi che oggi non esistono più: elmi, scudi, lance. Parti fondamentali, non meri accessori, che contribuivano a definire postura, gesto e simbolismo.
Il viaggio dei Bronzi, prima del naufragio che li consegnò al mare di Riace, rimane un capitolo avvolto in penombra. È probabile che nel IV secolo dC le statue si trovassero a Roma ed fossero dirette verso Costantinopoli, dove l’imperatore Costantino stava trasferendo molte opere dell’antichità. Una tempesta avrebbe spezzato il tragitto e disperso il carico, destinando parte del gruppo al fondale.
Ma non tutti i frammenti mancanti possono essere spiegati dalle vicende antiche. Inchieste giornalistiche hanno suggerito che alcuni oggetti – come uno scudo, una lancia e persino un elmo – sarebbero stati rimossi dalla spiaggia o sottratti subito dopo il ritrovamento, finendo in mani private o sul mercato internazionale. Le testimonianze raccolte nel tempo, pur non sempre verificabili con certezza, contribuiscono a rafforzare l’idea di una storia incompleta e forse alterata.
Il mistero dei Bronzi di Riace: i pezzi scomparsi che nessuno ha mai visto - misteriditalia.it - credit instagram












