Il giorno che cambiò per sempre l’America e il secondo ‘900: l’omicidio di J.F. Kennedy e i misteri di un caso mai chiuso.
Quel venerdì di quasi sessant’anni fa, la storia degli Stati Uniti e del mondo cambiò per sempre. Alle 12:30 del 22 novembre, durante un corteo a Dealey Plaza, il presidente John Fitzgerald Kennedy, in visita ufficiale in Texas, fu colpito da tre colpi di arma da fuoco che ne causarono la morte poco dopo all’ospedale.
Quel tragico evento segnò una cesura profonda nella memoria collettiva americana e aprì un capitolo di indagini, teorie e dibattiti ancora oggi vivi.
L’omicidio che cambiò l’America
Il viaggio presidenziale in Texas era iniziato il 21 novembre con tappe a San Antonio, Houston e Fort Worth, dove Kennedy si era mostrato in pubblico nonostante le condizioni di salute precarie dovute al morbo di Addison. L’agenda prevedeva discorsi in cinque città e incontri con importanti rappresentanti politici, tra cui il vicepresidente Lyndon Johnson, originario proprio del Texas. La visita aveva anche un significato elettorale, poiché JFK intendeva rafforzare il consenso nei due stati chiave dove le elezioni del 1964 avrebbero potuto essere decisive.
Nella mattinata del 22 novembre, dopo un discorso sotto la pioggia a Fort Worth e una colazione con la Camera di Commercio, il presidente e la moglie Jacqueline si spostarono verso Dallas. Alle 11:38 l’Air Force One atterrò a Love Field e, poco dopo, il corteo presidenziale prese avvio verso il Dallas Trade Mart, dove era previsto un pranzo in onore di Kennedy. L’auto presidenziale, una Lincoln Continental modificata, percorse un tragitto di circa 12 chilometri affollato da oltre centocinquantamila persone entusiaste.
Alle 12:30, mentre la limousine entrava in Dealey Plaza, si udirono tre spari. Il primo colpì Kennedy alla nuca, il secondo lo raggiunse alla testa, mentre il governatore del Texas, John Connally, fu ferito al petto. La reazione dell’auto presidenziale fu immediata: rallentò per pochi secondi, poi accelerò verso il Parkland Memorial Hospital. Nonostante i tentativi disperati dei medici, il presidente venne dichiarato morto alle 13:00.
Il tragico evento scatenò una catena di reazioni a livello nazionale. Solo pochi minuti dopo, il celebre giornalista Walter Cronkite annunciò la notizia interrompendo una soap opera in onda sulla CBS con la storica frase: «In Dallas, Texas, sono stati sparati tre colpi…». Alle 14:38, su quell’aereo carico di dolore e stupore, Lyndon Johnson prestò giuramento come nuovo presidente degli Stati Uniti.
Già al mattino, a Irving, un sobborgo di Dallas, il ventiquattrenne Lee Harvey Oswald si preparava a recarsi al lavoro portando con sé una busta contenente il fucile usato nell’attentato, un residuato bellico italiano Carcano del 1940. Oswald aveva un passato complesso: ex marine, simpatizzante comunista con un tentativo fallito di cittadinanza sovietica, aveva vissuto in URSS e aveva legami con Cuba. Lavorava da poco nel deposito scolastico di Dealey Plaza, da dove si ritiene abbia sparato i colpi fatali.
Dopo l’attentato, Oswald fu fermato e arrestato con l’accusa dell’omicidio dell’agente di polizia J.D. Tippit, ucciso poco dopo in circostanze connesse. Il 24 novembre, durante il trasferimento in carcere, Oswald fu a sua volta assassinato da Jack Ruby, proprietario di un locale notturno con legami sospetti, davanti a decine di testimoni e in diretta televisiva nazionale. Questo evento alimentò ulteriormente le teorie complottiste intorno all’intera vicenda.
Il corpo di Kennedy fu trasferito alla Casa Bianca e vegliato nella East Room, mentre milioni di americani seguivano con dolore la notizia. Il funerale, ispirato a quello di Abraham Lincoln per volere della vedova Jacqueline, si tenne il 25 novembre a Washington con la partecipazione di oltre cento capi di Stato e autorità internazionali. Il corteo funebre percorse Pennsylvania Avenue, accompagnato da una folla immensa, e la bara fu infine tumulata al cimitero di Arlington.
Il ricordo di quei momenti rimane scolpito nella memoria collettiva non solo per la tragica perdita di un giovane presidente, ma anche per la complessità degli eventi che seguirono, tra indagini ufficiali e ipotesi di complotto che ancora oggi alimentano il dibattito storico e politico.
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