La scoperta degli anelli nel Tirreno non è solo un’occasione per approfondire la conoscenza degli ambienti marini del passato.
Una scoperta marina di eccezionale rilievo ha recentemente attirato l’attenzione della comunità scientifica internazionale: oltre 1.300 anelli di circa 20 metri di diametro sono stati individuati sul fondale del Mare Tirreno, in prossimità della Sardegna.
Queste strutture enigmatiche, frutto di un processo millenario, aprono nuove prospettive sulla storia ecologica del Mediterraneo e sull’impatto dei cambiamenti climatici sul patrimonio sommerso.
La scoperta e le prime indagini scientifiche
La presenza di questi cerchi perfetti, distribuiti su un’area estesa circa 15 chilometri quadrati, era stata segnalata per la prima volta da una spedizione guidata dalla biologa Christine Pergent-Martini e dall’oceanografo Gérard Pergent. Utilizzando tecnologie sonar avanzate, il team aveva rilevato una caratteristica macchia scura all’interno di ogni anello, alimentando ipotesi e speculazioni sull’origine e la natura di queste formazioni.

La scoperta che segna un’epoca – misteritalia.it
Un nuovo impulso investigativo è arrivato nel 2020 grazie a Laurent Ballesta, rinomato per le sue ricerche negli ecosistemi estremi marini.
Ballesta ha condotto immersioni a circa 120 metri di profondità, chiarendo che gli anelli non sono semplici formazioni geologiche ma strutture biologiche composte da alghe calcaree rosse e rodoliti corallini. Il loro aspetto e composizione indicano un processo di crescita naturale legato all’ambiente marino di un’epoca lontana.
Un archivio ecologico dell’ultima glaciazione
Le analisi di laboratorio, in particolare la datazione al radiocarbonio, hanno confermato che queste strutture risalgono a circa 21.000 anni fa, collocandole nell’ultima glaciazione massima. In quel periodo, il livello del mare era molto più basso, e queste formazioni erano esposte alla luce solare, condizioni ideali per la proliferazione delle specie coralline che le hanno generate.
Questi anelli rappresentano un vero e proprio archivio naturale che testimonia la risposta degli ecosistemi marini ai mutamenti climatici estremi. Lo studio di queste formazioni permette di comprendere i meccanismi di successione ecologica e adattamento biologico in un contesto di variazioni ambientali radicali, offrendo dati preziosi per la ricerca sul riscaldamento globale e la conservazione degli habitat marini.
Rischi e necessità di tutela
Nonostante l’importanza scientifica e storica, la maggior parte di queste strutture è attualmente priva di una protezione specifica. La loro posizione, situata in prossimità di rotte commerciali molto trafficate, le rende vulnerabili a danni causati dalle ancore delle navi e dalle attività antropiche.
La fragilità di questi ecosistemi, sviluppatisi nel corso di millenni, impone l’adozione urgente di misure di salvaguardia da parte delle istituzioni competenti.
L'interessante scoperta - misteritalia.it









