I Misteri

Caso Moro: la verità mai scritta nei verbali segreti della Commissione

Aldo MoroAldo Moto (IG archivioluce)

Dietro il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, si nasconde una trama di poteri, omissioni e segreti che ancora oggi nessuno ha il coraggio di raccontare fino in fondo. Cosa rivelano davvero i documenti mai desecretati?

L’alba di un mistero che ancora divide l’Italia

Roma, 16 marzo 1978. In via Fani, cinque uomini della scorta di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, vengono trucidati in pochi secondi da un commando delle Brigate Rosse. Moro, sequestrato, resterà prigioniero per 55 giorni prima di essere assassinato. Un episodio che ha segnato per sempre la storia italiana. Ma, dopo oltre quarant’anni, le domande restano più forti delle risposte.

Cosa sapevano davvero i servizi segreti?
Perché alcune piste sono state ignorate o insabbiate?
E soprattutto: perché la verità completa non è mai entrata nei verbali ufficiali delle Commissioni parlamentari?

Le verità “non scritte” nei verbali

Tra il 1979 e il 2017, ben tre Commissioni d’inchiesta si sono occupate del caso Moro. Centinaia di audizioni, migliaia di pagine di verbali, documenti secretati, testimonianze contraddittorie. Eppure, alcune informazioni chiave non compaiono mai nei resoconti ufficiali.

Strage via Fani

La strage di via Fani (IG gabrieleastuto63)

Una di queste riguarda la presenza di uomini dei servizi segreti in via Fani prima e dopo l’agguato. Diversi testimoni riferirono di aver visto “facce note”, mai identificate. Ma nei verbali pubblici, quelle testimonianze risultano “non verbalizzate” o classificate.
Un dettaglio che fa pensare che qualcuno, fin dall’inizio, abbia voluto delimitare il campo della verità.

Le lettere di Moro e le omissioni del potere

Durante la prigionia, Moro scrisse oltre 80 lettere a familiari, esponenti politici e religiosi. In molte, lasciava intendere di sentirsi tradito dal suo stesso partito.
«Non vi riconosco più — scriveva — siete diventati freddi, calcolatori, inumani».
Quelle lettere, definite “della disperazione”, furono spesso filtrate, alcune mai recapitate.

La Commissione Moro II ammise che parte della corrispondenza fu manipolata prima di essere resa pubblica. Alcune missive contenevano riferimenti a “accordi internazionali” e “presenze occulte” nel caso.
Chi decise di non farle uscire? E perché?

Servizi segreti, Gladio e la pista internazionale

Molti storici ritengono che il sequestro Moro non fu solo una vicenda italiana. Negli anni successivi emerse il coinvolgimento della struttura Gladio, rete segreta della NATO, in numerose operazioni di destabilizzazione durante la Guerra Fredda.
Moro, fautore del “compromesso storico” con il Partito Comunista, rappresentava per Washington una minaccia. Un’Italia governata anche dai comunisti avrebbe potuto rompere gli equilibri geopolitici.

Il generale Giuseppe Santovito, allora a capo del SISMI e iscritto alla loggia P2, venne più volte citato nelle indagini come figura chiave nelle fasi di gestione del sequestro.
La Commissione Moro III, istituita nel 2014, parlò apertamente di “influenze esterne” e di un “contesto internazionale non neutrale”.
Ma i documenti che avrebbero potuto dimostrare questa interferenza restano, ancora oggi, in parte secretati.

La seduta fantasma e il verbale scomparso

Nel 1980, un’audizione a porte chiuse di alcuni membri del SISDE, i servizi civili, avrebbe dovuto chiarire il ruolo di un misterioso uomo in divisa visto in via Fani pochi minuti dopo l’attacco. Di quell’audizione, però, non esiste traccia ufficiale. La seduta è citata nei registri della Commissione, ma il verbale non fu mai pubblicato.
Nessuno sa se sia stato distrutto, archiviato con classificazione di segretezza, o semplicemente “dimenticato”.

Un ex funzionario, rimasto anonimo, dichiarò anni dopo: “C’erano troppe persone che sapevano e troppe che non dovevano sapere. Alcuni nomi non potevano finire nei documenti.”

I 55 giorni di silenzi e manovre politiche

Durante la prigionia di Moro, lo Stato italiano decise ufficialmente di non trattare con i terroristi. Una posizione sostenuta da gran parte della DC, ma che in realtà nascondeva una guerra interna tra le diverse fazioni del partito. Moro rappresentava l’anima del dialogo, Andreotti e Cossiga quella della fermezza.

Nel frattempo, le BR cercavano contatti indiretti tramite emissari del Vaticano e del PSI. Il Vaticano, attraverso monsignor Curioni, cercò di aprire un canale, ma il tentativo fu neutralizzato. Secondo alcune ricostruzioni, una trattativa parallela stava avvenendo fuori dal controllo del governo, ma fu bruscamente interrotta.
Anche di questo non c’è traccia nei verbali ufficiali.

L’ultimo giorno: il giallo del ritrovamento

Il 9 maggio 1978, il corpo di Aldo Moro viene ritrovato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in via Caetani, a metà strada tra la sede della DC e quella del PCI. Un simbolismo perfetto, quasi scenografico.

Aldo Moro

Il ritrovamento del corpo di Aldo Moro (IG accaddeoggi_nellastoria)

Ma chi scelse quel luogo? E come fu possibile che, nonostante i controlli, l’auto restasse inosservata per ore nel cuore di Roma?

Negli anni successivi, emersero anomalie nelle fotografie e nei rilievi: orari non coerenti, testimoni non ascoltati, incongruenze sui fori di proiettile. Anche su questo, la Commissione d’inchiesta del 2017 parlò di “zone d’ombra non chiarite”.

La verità (forse) impossibile

Oggi, a più di quarant’anni dai fatti, il Caso Moro resta una ferita aperta. Ogni nuova Commissione promette trasparenza, ma le carte che potrebbero cambiare la narrazione restano sotto segreto di Stato. La stessa Presidenza del Consiglio, nel 2022, ha ammesso che oltre 4.000 documenti relativi al caso non sono mai stati integralmente pubblicati.

Forse, come scrisse Moro stesso,

“L’Italia non può permettersi di sapere tutta la verità. Perché la verità distruggerebbe il suo equilibrio.”

E così, il più grande mistero politico della nostra storia resta sospeso tra memoria e omissione, documenti secretati e silenzi di Stato.

Ogni anno, in via Fani, qualcuno depone un fiore accanto a una targa che ricorda i nomi della scorta. Ma il vero tributo ad Aldo Moro non sarà mai un mazzo di fiori.
Sarà il giorno in cui gli italiani potranno leggere, riga per riga, tutti i verbali — anche quelli che per quarant’anni qualcuno ha preferito non scrivere.

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