Una poesia di Pier Paolo Pasolini, ancora oggi lancia un messaggio di denuncia sociale e umana con un’intensità drammatica e attualissima.
La voce di Pasolini, poeta, scrittore e intellettuale tra i più rilevanti del Novecento italiano, rimane un monito contro l’indifferenza verso le sofferenze di chi lavora e lotta quotidianamente, spesso in condizioni precarie e pericolose.
La poesia denuncia ancora attuale
Nel testo, Pasolini descrive con grande sensibilità e realismo la figura di un operaio che tossisce mentre lavora in un ambiente chiuso, mentre fuori splende il sole dell’ultima mattina di bel tempo. La tosse, che attraversa le grate del pianterreno fino al giardino dell’autore, non è una semplice tosse stagionale; è il segno tangibile di una condizione di disagio profondo, di una fatica che si fa malattia e di una vita priva di riposo e serenità:
“La tosse dell’operaio non è bella; è qualcosa di peggio che influenza. Egli sopporta il male, e se lo cura, immagino, come noi da ragazzi. La vita per lui è rimasta decisamente scomoda.”
Pasolini dipinge così un quadro di realtà in cui la povertà e la mancanza di diritti basilari, come l’accesso a un semplice letto o a una latrina dignitosa, si sommano a una solitudine esistenziale e a un eroismo quotidiano non celebrato. L’operaio, pur giovane e padre di famiglia, affronta la vita con una rassegnazione che nasconde una tragedia sociale:
“Un operaio ha sempre diciotto anni, anche se ha figli più grandi di lui, nuovi agli eroismi.”
Questa immagine colpisce per la sua cruda verità, rivelando il “tragico senso di questo bel sole di ottobre” che illumina una realtà fatta di sofferenza e ingiustizia.
La ripetuta tragedia delle morti sul lavoro e il richiamo al cambiamento
Nel contesto attuale, le parole di Pasolini conservano purtroppo un’amarezza ancora più forte. L’Italia, e in particolare regioni come l’Emilia-Romagna, spesso teatro di incidenti sul lavoro, è chiamata a riflettere su un fenomeno che non accenna a diminuire. Dopo le recenti tragedie che hanno colpito la regione, dove la sicurezza nei luoghi di lavoro resta una sfida aperta, la denuncia di Pasolini appare come un monito a non dimenticare i diritti fondamentali dei lavoratori.
Le cronache di questi anni confermano una realtà dolorosa: nonostante le promesse di interventi legislativi e incentivi per le imprese, la sicurezza sul lavoro è ancora troppo spesso sacrificata sull’altare del profitto. La politica, a volte distante dalle esigenze reali, si limita a momenti di cordoglio e dichiarazioni di principio, senza tradurre tali parole in azioni concrete:
“La ciclicità e ripetizione di canovacci dialettici dovrebbero armare le coscienze di tutti per porre in essere azioni di autentica difesa dei lavoratori.”
In Emilia-Romagna, regione che da sempre rappresenta un modello industriale e culturale, la sfida è duplice: garantire la sicurezza e tutelare la dignità di quei lavoratori che sono il cuore pulsante dell’economia e della società. Il territorio, ricco di aree produttive e di una forte tradizione manifatturiera, è anche un luogo in cui la cultura del lavoro deve essere valorizzata e protetta.

Pasolini tra impegno sociale e riflessione culturale(Fonte_Raiplay.it) (www.misteriditalia.it)
Pier Paolo Pasolini, nato a Bologna nel 1922 e tragicamente scomparso nel 1975, è stato molto più di un poeta o regista. La sua figura si staglia come quella di un intellettuale capace di leggere con lucidità i mutamenti sociali e culturali del secondo dopoguerra italiano. Critico severo della borghesia e della società dei consumi, Pasolini non risparmiò giudizi durissimi sul Sessantotto e i suoi protagonisti, definendo quel movimento un “sacro teppismo”.
La sua opera rifletteva un amore profondo per il “popolo”, inteso come insieme degli umili e degli esclusi, e un’aspirazione a un cambiamento culturale autentico, capace di valorizzare la vita umana nella sua interezza. Il suo sguardo, spesso controverso, è stato capace di cogliere contraddizioni e ingiustizie che ancora oggi restano aperte.
La tosse dell’operaio, di Pier Paolo Pasolini
Sento tossire l’operaio che lavora qui sotto;
la sua tosse arriva attraverso le grate che dal pianterreno
danno nel mio giardino. Sicché essa pare risuonare tra le piante
toccate dal sole dell’ultima mattina di bel tempo. Egli,
l’operaio, là sotto, intento al suo lavoro, tossisce ogni tanto,
certamente sicuro che nessuno lo senta. È un male di stagione
ma la sua tosse non è bella; è qualcosa di peggio che influenza.
Egli sopporta il male, e se lo cura, immagino, come noi
da ragazzi.
La vita per lui è rimasta decisamente scomoda;
non l’aspetta nessun riposo, a casa, dopo il lavoro,
come noi, appunto, ragazzi o poveri o quasi poveri.
Guarda, la vita ci pareva consistere tutta in quella povertà,
in cui non si ha diritto neanche, e con naturalezza,
all’uso tranquillo di una latrina o alla solitudine di un letto;
e quando viene il male, esso è accolto eroicamente:
un operaio ha sempre diciotto anni, anche se ha figli
più grandi di lui, nuovi agli eroismi.
Insomma, a quei colpi di tosse
mi si rivela il tragico senso di questo bel sole di ottobre.
La poesia-denuncia di Pasolini: un ritratto struggente dell’operaio(Fonte_Raiplay.it) (www.misteriditalia.it)











