PEDOFILIA:
LA PROCURA DI TIVOLI E L’ISTERIA DI RIGNANO FLAMINIO  

C’è l’accanimento terapeutico, ma anche quello giudiziario. E’ quello che sembra voler perseguire la procura di Tivoli che ora, nell’inchiesta sui presunti abusi sessuali nella scuola materna “Olga Rovere” di Rignano Flaminio, tira fuori dal cilindro i “testimoni circostanziali”. Cosa sono? In gergo procedurale si tratta di quei testi che, pur non dicendo nulla di specifico sulle accuse, sono stati protagonisti di episodi che confermano le circostanze in cui si sono svolti i fatti contestati. Nella fattispecie si tratta di nove bambini che tra il 2007 e il 2008 hanno raccontato di aver visto anche loro “la casa bianca con le persone incappucciate”.
Loro non parlano di abusi sessuali, ma, stando alla relazione di accompagnamento firmata dalla psicologa consulente della Procura, quei nove bambini ci sarebbero andati assieme alla “maestra Patrizia”. Per la pubblica accusa, che non intende rassegnarsi al vistoso errore commesso, queste dichiarazioni confermerebbero “circostanze” fondamentali a sostegno del “quadro” nel quale si inseriscono i reati ipotizzati.
Il “quadro” è presto spiegato. Secondo il pm di Tivoli Marco Mansi, la maestra Patrizia Del Meglio, il marito, autore televisivo, Gianfranco Scancarello e le maestre Marisa Pucci e Silvana Magalotti avrebbero commesso i reati di violenza sessuale, atti osceni, sequestro di persona e sottrazione di minori incapaci. La procura ha invece chiesto l’archiviazione per gli altri tre indagati inizialmente coinvolti nell’inchiesta: la bidella Cristina Lunerti, la maestra Assunta Pisani e il benzinaio cingalese Khelum Da Silva Weramuni. Le vittime dei presunti abusi sarebbero 21 bambini. Ma nessuno dei nove baby-testimoni.
Sono stati proprio gli atti relativi a queste ultime testimonianze che hanno fatto slittare la fase conclusiva dell’inchiesta, che si era aperta il 18 dicembre scorso con l’avviso di “chiusura delle indagini” notificato dal pm ai 4 indagati per i quali l’accusa si appresta a chiedere il rinvio a giudizio. I difensori hanno infatti chiesto al pm di annullare gli interrogatori fissati nelle scorse settimane dopo la chiusura delle indagini e si sono riservati di depositare a loro volta nuove memorie difensive. Nei prossimi giorni i quattro accusati potranno nuovamente chiedere di essere interrogati. Dopodiché il pm Mansi avrà a disposizione un mese per chiudere definitivamente l’indagine. 

C’è intanto da registrare il parere di un esperto, il pediatra Modesto Mendicini secondo il quale : “I bambini dell'asilo di Rignano Flaminio sono stati sì abusati, ma dai genitori che li hanno indotti a dire ciò che volevano sentirsi dire, dagli inquirenti che li hanno fatti sottoporre agli accertamenti, dai periti dell'incidente probatorio che li hanno esaminati”.

La storia - ha aggiunto il medico - è nata da una coppia che ha notato un comportamento autoerotico del loro bambino, ha dedotto che qualcuno glielo avesse indotto ed ha pensato subito alla scuola. Poi ne ha parlato con altri genitori e si è innescata una forma di isteria collettiva che ha accomunato tutti i genitori. La vicenda è diventata paradossale con la nascita dell'Agerif (Associazione genitori Rignano Flaminio) che ha diffuso a macchia d'olio l’isteria”.

Secondo Mendicini, anche i periti che hanno esaminato i bambini nel corso dell'incidente probatorio “sono partiti dal presupposto sbagliato, cioè che dicano sempre la verità. La realtà è che i bambini dicono ciò che è stato indotto loro dai genitori”. Il medico ha auspicato che “la magistratura chiuda questa vicenda, archiviando il caso perché non è mai esistito”.

Su www.misteriditalia.it la storia dell’inchiesta e tutti i documenti.

EXTRAORDINARY RENDITION:
ANCHE OBAMA SI APPELLA A SEGRETO STATO  

L'amministrazione Obama ha chiesto ai giudici federali di archiviare, appellandosi al segreto di stato, una denuncia di 5 sospetti terroristi vittime di extraordinary rendition, come aveva fatto d’altronde l'amministrazione Bush.
E' stato lo stesso procuratore del dipartimento di Giustizia, Douglas Letter, a comunicare al nono circuito della corte d’appello degli Stati Uniti che la nuova amministrazione ha preso “esattamente” la stessa posizione della precedente nel chiedere di non accogliere il ricorso presentato dall'American Civil Liberties Union a nome di cinque sospetti terroristi rapiti e trasferiti dalla Cia in paesi terzi dove sono stati torturati.
La denuncia non è contro il governo americano ma contro la Jeppensen DataPlan, la compagnia aerea di charter che ha fornito gli aerei per i trasferimento “partecipando al programma di extraordinary rendition” in modo cosciente, afferma il ricorso che l'amministrazione Bush aveva già bloccato, sostenendo che minacciava gli interessi della sicurezza nazionale.

Con il cambio di amministrazione, i giudici della corte d'appello hanno chiesto al governo se la posizione fosse cambiata, ma i procuratori federali si sono appellati ancora al “segreto di Stato”.
E’ questa la prima volta che avviene dall'inizio dell'amministrazione Obama. D’altronde lo stesso Letter è la riprova dell'assoluta continuità tra le due amministrazione su questo delicato aspetto assolutamente illegale: era stato sempre Letter, infatti, ad argomentare le ragioni dell'amministrazione Bush.

DELITTO PASOLINI:
L’ULTIMA VERITA’ DI PINO “LA RANA”  

Giuseppe Pelosi, detto “Pino la Rana”, condannato per l'omicidio di Pierpaolo Pasolini, racconta la sua ultima verità sull’uccisione delo scrittore: la notte tra il 1 e il 2 novembre del 1975 erano in 5 a massacrare di botte il poeta che aveva denunciato i retroscena del potere e che stava lavorando al romanzo “Petrolio” dedicato a Eugenio Cefis, indicato come  il vero fondatore della P2 e il “grande manovratore” del potere più oscuro. Pelosi non incontrò casualmente il regista quella sera; c'era un appuntamento fissato esattamente una settimana prima.
Le rivelazioni di Pelosi sono state affidate a due giornalisti, Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, autori del volume “Profondo nero. Mattei, De Mauro, Pasolini. Un'unica pista all'origine delle stragi di Stato", appena uscito per Chiarelettere. Tra i cinque aggressori di Pasolini c’erano i due fratelli Borsellino, Franco e Giuseppe, morti da tempo di aids.
Il nome dei due non è nuovo. Già una informativa di due mesi dopo il delitto li indicava, assieme ad
un terzo, come gli autori del massacro dell'Idroscalo. Ora Pelosi ne conferma direttamente la responsabilità ed anche il contesto in cui avvenne il pestaggio mortale e dice che  sono rimasti nell'ombra gli altri tre (anche se uno potrebbe essere, nonostante le smentite di Pelosi, Giuseppe Mastini, detto “Jonny lo Zingaro”), e soprattutto che si trattò di un omicidio politico. I due Borsellino erano frequentatori della sezione dell'Msi del Tiburtino.
"Se tu uccidi in questo modo - ha raccontato Pelosi - o sei pazzo o hai una motivazione forte. Se gli assassini sono stati fatti sfuggire alla giustizia per trent'anni, pazzi non sono certamente...avevano una ragione importante per fare quello che hanno fatto. E nessuno li ha mai toccati.". E aggiunge: "Quella sera c'erano pure Franco e Giuseppe Borsellino... quei due stavano tramando qualcosa, qualcosa di brutto me ne sono accorto subito, e perciò gli ho detto chiaro che io non volevo partecipare, non ne volevo sapere nulla".
Appena arrivato all'Idroscalo sulla Gt di Pasolini - ha ricostruito Pelosi la notte del delitto - dal buio esce una macchina scura, un 1300 o un 1500 da cui scendono 5 persone. Uno, con la barba sui 40 anni, assesta a  Pelosi un cazzotto. Pelosi scappa dopo essere stato minacciato. I 5 tirano fuori Pasolini dalla macchina e iniziano il pestaggio. Gli dicevano: "Sporco comunista, frocio, carogna”. Pelosi si riavvicina quando tutto è finito.
I Borsellino - dice ancora Pelosi - erano "diventati fascisti, andavano a fare politica". Pelosi conferma di aver avuto nel tempo minacce "vere e proprie", inviti a tacere. Quella data a Pasolini fu una lezione, una punizione, "forse dovuta al partito o alla politica. Pasolini stava sul cacchio a qualcuno".

Alla fine Pelosi afferma: “Ho pagato solo io”. E rivela un'altra novità. La scelta di accollarsi tutta la storia, di ridurre tutto “a un fatto di froci” gli venne suggerita dal suo avvocato difensore, Rocco Mangia, anche lui gravitante negli ambienti di destra. Questo avvocato era subentrato a due colleghi, gli Spaltro, che si erano proposti di difendere Pelosi con uno stratagemma: avevano millantato una sorta di mandato avuto da “zio Giuseppe”, solo che Pelosi non aveva alcuno zio con questo nome. Poi arrivò Mangia, portato dai genitori di Pelosi. Lui puntò tutto, diversamente dagli avvocati Spaltro, sull'occultamento del ruolo del commando dei 5 nell'omicidio. Rocco Mangia nominò come consulenti Aldo Semerari e Fiorella Carrara, i due periti utilizzati spesso dalla banda della Magliana per avere delle false perizie. Alla fine tutti i periti, compresi quelli nominati dai magistrati, sostennero che Pelosi quella sera non era in grado di intendere e di volere, ma la giuria smentì questa unanime valutazione: Pelosi si fece 9 anni, 7 mesi e 10 giorni di galera.

Su www.misteriditalia.it un’intera sezione è dedicata al delitto Pasolini

ANNI DI PIOMBO:
SPARITI ATTI GIUDIZIARI OMICIDIO VERBANO  

E’ sparito dall’archivio del Tribunale di Roma il fascicolo principale dell’inchiesta sull’assassinio di Valerio Verbano, il giovane aderente all’autonomia operaia barbaramente ucciso nella sua abitazione a Roma, sotto gli occhi dei genitori, il 22 febbraio 1980.
A denunciare il giallo della sparizione di atti giudiziari è stato uno studente della facoltà di Lettere dell’università La Sapienza della capitale che sta preparando una tesi di laurea proprio sulla morte di Verbano.
Lo studente, lo scorso settembre, aveva richiesto al tribunale di prendere visione del materiale processuale. «Ne ho trovato soltanto una parte - ha raccontato - quello relativo alle indagini sui Nar e su Terza Posizione. Materiale generico, però, senza nessun accenno alla morte di Verbano. Mancava il primo faldone, il cosiddetto 'portante' dove c'era tutto il materiale dell'istruttoria. Ho fatto richiesta specifica e dopo due mesi mi hanno convocato per dirmi che non era stato trovato».
La vicenda di Verbano ha conosciuto diversi momenti poco chiari: dalla sparizione di un cappellino e di un guinzaglio, trovati sul posto dell’omicidio, fino alla pistola usata dai killer. Anche il dossier di Valerio sui legami tra malavita, neofascismo e traffico di stupefacenti, sequestrato dalla Digos, venne ritrovato senza alcune parti fondamentali.

Sulla vicenda della sparizione del fascicolo il pm Gianfederica Dito ha aperto una inchiesta dopo aver ricevuto un esposto presentato dai legali e dalla madre del giovane.

CASO BATTISTI:
IL FRATELLO, CHIEDO LA GRAZIA A NAPOLITANO  

Chiedo al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di concedere la grazia a Cesare”. Così Vincenzo Battisti, 68 anni, il maggiore dei quattro fratelli del terrorista conteso tra Italia e Brasile.
L’uomo ha confermato l'aiuto prestato dai servizi segreti francesi nella fuga del fratello da Parigi a Rio: “Cesare è convinto che lo abbiano fatto per motivi politici: nel 2004 una parte dell'opinione pubblica era contraria alla sua estradizione in Italia. Per questo lo hanno aiutato: per non perdere voti nelle successive elezioni. Poi però gli 007 l'hanno consegnato alla polizia brasiliana che lo teneva nascosto in un appartamento. Mi ha raccontato di essere stato drogato e che minacciavano di ucciderlo. Gli hanno puntato una pistola alla tempia. Cesare mi ha detto: "Ho capito di essere stato usato e che dopo le elezioni presidenziali mi avrebbero eliminato". Per questo si è fatto arrestare”.

In Brasile, secondo quanto dichiarato dal fratello, Battisti godrebbe di importanti protezioni, per esempio quella del senatore José Nery, esponente di spicco del Partito socialismo e libertà. Inoltre afferma che, dopo il suo arresto, avrebbe subito violenze in carcere: "Lo picchiavano in continuazione, gli rasavano i capelli per umiliarlo, gli spegnevano addosso le sigarette. Prima di incontrarlo la moglie e la figlia piccola hanno dovuto aspettare due giorni. Ma al colloquio era ancora gonfio, con gli occhi pesti. La ragazzina é rimasta scioccata”.

ORDINE PUBBLICO E SICUREZZA:
MOVIMENTO DEI PREFETTI, NUOVO COMANDANTE DELL’ARMA E…  

Turn over in vista in molte prefetture. Fallito il tentativo portato avanti dal ministro dell'Interno Roberto Maroni di “svecchiare” la categoria (se fosse passata la proposta del Viminale, 42 prefetti che hanno raggiunto i 65 anni di età e 40 di servizio sarebbero dovuti andare in pensione), nelle prossime settimane molte prefetture cambieranno titolare.
A dare il via ai movimenti il trasferimento del prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi a palazzo Chigi per succedere a Mauro Masi, in partenza per la Rai. L'iniziativa del ministro dell'Interno Roberto Maroni dovrebbe chiudersi entro qualche settimana e dovrebbe includere anche la nomina del nuovo direttore degli Affari generali del suo ministero.
Fra le prefetture interessate al turn over anche quella di Catania dove lo scontro è al calor bianco: si fronteggiano diverse cordate guidate da Enzo Bianco, ex ministro dell'Interno ed ex sindaco, da Ignazio La Russa e da Pino Firrarello, senatore del Pdl. Franco Malvano dovrebbe andare a Salerno, Alessandro Pansa da Napoli potrebbe ritornare a Roma con un incarico di primo piano. Ma siamo ancora alle prime battute e molto dipenderà anche dagli assetti ai vertici del Viminale dove sembra rafforzarsi la cordata del vicecapo vicario Nicola Izzo, favorevole a un profondo rinnovamento.
Le tensioni sui prefetti e sugli assetti della polizia di Stato rappresentano, comunque, le prove generali per i cambi che prossimamente interesseranno i rami alti del comparto sicurezza. Sono iniziate le prime manovre, infatti, per la nomina del nuovo comandante dei carabinieri. Non dovrebbe avere grande successo l'offensiva del ministro della Difesa Ignazio La Russa che chiede di poter decidere il successore di Gianfrancesco Siazzu. Cordate, anche imprenditoriali del nord, si muovono per favorire questo o quel generale, ma il presidente del Consiglio avrebbe fatto sapere a tutti che la scelta sarà fatta da Palazzo Chigi.
La nomina del comandante dei carabinieri fa, poi, da sfondo ad altri primari incarichi. Rolando Mosca Moschin, che si credeva prossimo al definitivo pensionamento, sarà ulteriormente prorogato nel suo attuale ruolo di consigliere militare del Quirinale, bloccando l'ammiraglio Paolo La Rosa che lo avrebbe dovuto sostituire.
Quanto ai servizi segreti, il presidente del Consiglio vorrebbe uniformare il nostro paese a quelli dell'Ue e agli Usa e dotare palazzo Chigi di un consigliere alla sicurezza. Un posto che dovrebbe essere occupato da Giovanni Castellaneta al suo rientro da Washington. 

Fonte: Il Velino

STRAGE DI PIAZZA FONTANA:
NESSUN RISARCIMENTO PER MAGGI  

Assolto con sentenza definitiva dall’accusa di aver partecipato alla strage di Piazza Fontana, Carlo Maria Maggi non ha alcun diritto ad alcun risarcimento per i nove mesi trascorsi in carcere.
Lo ha deciso la quarta sezione penale della Cassazione che ha rigettato il ricorso di Maggi contro l’ordinanza della Corte d’appello di Milano che pure aveva negato l’indennizzo.
A impedire il risarcimento sono, secondo quanto è scritto nella sentenza, “le posizioni politico-ideologiche” e “le frequentazioni di Maggi, esponente di Ordine Nuovo, con soggetti legati a gruppi eversivi, che  rendevano verosimile un suo coinvolgimento nel grave delitto”.
In pratica le “amicizie pericolose” dell’imputato hanno indotto gli investigatori in errore, ma non si può parlare, viene sottolineato nelle motivazioni della sentenza, di negligenza degli inquirenti. Tanto più, osserva il Palazzaccio, che Maggi ha scelto “una posizione negativa” in occasione degli interrogatori “su alcune circostanze politiche non marginali”.
In particolare la Cassazione scrive che “i rapporti con soggetti legati a gruppi eversivi e col responsabile della strage, l'ideologia stragista professata, il contributo dato ad azioni violente sulle cose o sulle persone in periodo immediatamente precedente la strage di piazza Fontana, rendevano verosimile un coinvolgimento diretto nel delitto, con le conseguenti ripercussioni sulla sua libertà personale”.
Inoltre “le dichiarazioni accusatorie dei collaboratori, le vicende relative alla storia dell'associazione sovversiva Ordine Nuovo e al ruolo rivestito nella stessa dal ricorrente, nonché le notorie posizioni politico-ideologiche del Maggi erano e sono elementi sufficienti a giustificare la carcerazione e la posizione negativa del ricorrente in sede di interrogatorio su alcune circostanze politiche non marginali, come la conoscenza di Bertoli, esecutore dell'attentato alla questura e i rapporti con Freda”. Tutti elementi che, secondo i giudici, possono “sostenere ampiamente il mantenimento dello stato di detenzione”.

Maggi era stato arrestato nel giugno 1997 per la strage alla Banca nazionale dell'Agricoltura del 12 dicembre 1969, nonché per l'attentato avvenuto nel cortile della questura di Milano il 17 maggio 1973.

TERRORISMO ITALIANO:
IL 3 MARZO LA REQUISITORIA
AL PROCESSO CONTRO LE NUOVE BR  

Il pm di Milano Ilda Boccassini prenderà la parola il prossimo 3 marzo per la sua requisitoria nel processo milanese, davanti ai giudici della prima corte d’assise, a carico di 17 presunti appartenenti alle Nuove Br, il cosiddetto Partito comunista politico-militare, arrestati nel febbraio 2007 tra Milano e Padova. Nell'udienza successiva del 18 marzo sono previste le requisitorie dei legali delle tre parti civili, il giuslavorista e senatore Pietro Ichino, Forza Nuova e la presidenza del Consiglio. Nelle udienze del 27 marzo e del 20 e 21 aprile invece parleranno le difese degli imputati.

TERRORISMO ITALIANO (2):
OMICIDIO CONTI ARCHIVIATA INCHIESTA FIRENZE  

E' stata archiviata l'inchiesta della procura di Firenze sull’omicidio, ad opera di un commando delle Br, dell'ex sindaco di Firenze Lando Conti, nella quale erano indagate cinque persone, fra cui Nadia Lioce, Roberto Morandi e Simone Boccaccini, componenti delle Brigate Rosse- Pcc.

L'assassinio del sindaco fiorentino avvenne il 10 febbraio 1986.

Per quella vicenda sono già stati condannati all'ergastolo Michele Mazzei, Fabio Ravalli e Maria Cappello; 30 anni erano stati inflitti a Marco Venturini.

La nuova inchiesta era stata aperta anche grazie alle rivelazioni di una “pentita”, Cinzia Banelli, e nel giugno scorso i  magistrati fiorentini Francesco Fleury e Giuseppe Nicolosi avevano disposto una serie di perquisizioni, fra cui quelle nelle celle di Lioce, Morandi e Boccaccini, già condannati per gli omicidi D'Antona e Biagi e quella di Fabio Matteini.

Gli investigatori erano alla ricerca di informazioni su mandanti e componenti del commando e sul nascondiglio delle armi usate dalle Brigate Rosse. Ma l’inchiesta non ha portato a nulla.

CASO CONTRADA:
CORTE DEI CONTI CHIEDE RISARCIMENTO  

La Corte dei conti di Palermo ha chiesto 150mila euro di risarcimento a Bruno Contrada per danni all'immagine dello Stato in seguito alla sua condanna a dieci anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.

L’ex numero tre del Sisde dovrà ora produrre le sue controdeduzioni e chiedere eventualmente di essere sentito.

Il suo difensore, l'avvocato Giuseppe Lipera, parla di “accanimento giudiziario” contro il suo cliente. “Contrada - ha detto Lipera - è un uomo che ha dato la sua vita allo Stato e per come è stato trattato chiederemo noi il risarcimento”.

MORTE ISPETTORE RACITI:
PER PERITO DIFESA
LA FERITA E’ INCOMPATIBILE CON UN LAVELLO  

Non può essere trascorsa un'ora e mezza da quando l'ispettore Filippo Raciti venne colpito a quando si accasciò perché le lesioni gli avrebbero permesso di resistere al massimo 10-15 minuti. Il sottolavello, che secondo l'accusa sarebbe stato usato come testa d'ariete contro l'agente, è incompatibile con le lesioni.
E’ quanto ha sostenuto davanti ai giudici del Tribunale per i minorenni di Catania il medico legale Giuseppe Caruso, consulente della difesa di Antonino Speziale, accusato dell'omicidio dell'agente di polizia, morto durante il derby Catania-Palermo del 2 febbraio 2007.

Caruso ha anche parlato della perdita di sangue dalle narici, sottolineando come Raciti potrebbe aver ricevuto una botta sul naso. Alle parole di Caruso il padre di Raciti, Nazareno, ha gridato: “Voi lo conoscevate, era forte” ed è stato fatto allontanare dall’aula.

MOSTRO DI FIRENZE:
MOTIVAZIONI ASSOLUZIONE CALAMANDEI.
“LA PROCURA FA SOLO TEOREMI”  

I sillogismi” sostenuti dall'accusa “non si sono tradotti in indizi gravi, precisi e concordanti, ma sono risultato solo di ipotesi, inizialmente anche plausibili, ma non collegate le une alle altre da riscontri di una qualche oggettività”.

E’ quanto scrive il Gup di Firenze Silvio De Luca nelle motivazioni della sentenza con la quale il 21 maggio 2008 ha assolto l'ex farmacista di San Casciano, Francesco Calamandrei, dall'accusa di essere il mandante degli ultimi quattro duplici delitti - dall'82 all'85 - del mostro di Firenze. Calamandrei, 67 anni, difeso dagli avvocati Nicola e Gabriele Zanobini, era stato assolto, con rito abbreviato, con la formula più ampia: perché ''il fatto non sussiste''.

Per i pm Paolo Canessa e Alessandro Crini, invece, l'ex farmacista sarebbe stato il trait d'union fra i compagni di merende che si ritrovavano in una stamberga per festini e orge anche con bambini, e il gruppo di intellettuali - ''i mandanti gaudenti'' - che sarebbe stato dedito a riunioni dello stesso tipo in una villa alla periferia di Firenze. Fra questi ultimi, ci sarebbe stato chi avrebbe utilizzato le parti di corpo asportate dalle ragazze durante gli omicidi del mostro. Una costruzione questa, molto suggestiva, ma assolutamente teorematica, priva di riscontri, anche se ricca di fantasie. Come l’assoluzione di Calamandrei dimostra.

E’ molto severo con Canessa e Crini il Gup di Firenze. Specie quanto scrive nelle motivazioni che questa presunta attività dell'ex farmacista “non risulta corroborata dai necessari riscontri oggettivi: Una volta escluso che Calamandrei possa identificarsi nel 'dottore' che pagava per avere i feticci, non vi è alcun ulteriore elemento per identificarlo in colui che fungesse da tramite tra questi due presunti gruppi di persone, né che avesse ingaggiato il Pacciani e il Vanni per gli omicidi”.

Ma non è finita. Per il Gup De Luca, “Non è dato ravvisare, almeno allo stato, quale sia il nesso logico che leghi il Narducci (un medico perugino trovato morto nel lago Trasimeno. Ndr) con la vicenda del mostro di Firenze”.

Secondo la ricostruzione dell'accusa, invece, il medico perugino Francesco Narducci, morto nel 1985, avrebbe fatto parte di un gruppo di 'dottori', fra cui Calamandrei, che partecipava ai festini. Sulla morte di Narducci la procura perugina ha chiesto l'archiviazione dell'inchiesta per omicidio in cui Calamandrei era accusato di essere fra i mandanti.

Insomma un altro duro colpo all’attività ormai pluriennale della procura di Firenze che ha consegnato alla cronaca solo ubriaconi dementi, ma mai il vero mostro di Firenze.

OMICIDIO GARLASCO:
TUTTO RINVIATO AL 7 MARZO  

Bisognerà attendere fino al 7 marzo prossimo per conoscere il destino giudiziario di Alberto Stasi, unico indagato per l'omicidio della fidanzata Chiara Poggi, uccisa il 13 agosto del 2007 nella sua villetta di Garlasco. Stasi è accusato anche, in un distinto procedimento, di detenzione di materiale pedopornografico.
Nell'udienza preliminare discussa il 24 febbraio a Vigevano la difesa ha sollevato una serie di eccezioni nei confronti delle prove dell'accusa. Al centro della discussione anche l'ultima relazione della difesa stessa in cui si sostiene che “gli accertamenti compiuti documentano come la scena del crimine sia stata oggettivamente alterata dall'agire degli operatori tecnico-scientifici durante i primi sopralluoghi, fondamentali nell'acquisizione di elementi di utilità per la ricostruzione e l'auspicabile soluzione di un delitto".
Nella relazione di 103 pagine, firmata dal prof. Francesco Avato, sono diverse le frasi contro gli investigatori accusati di aver “grossolanamente alterato” la scena del delitto.

Nella consulenza viene riportato un elenco di tutte le impronte lasciate dai carabinieri intervenuti nella villetta di via Pascoli. Si parla poi della “scomparsa di alcune macchie ematiche, riconoscibili in data 16 agosto e non più apprezzabili il 12 settembre 2007".

GIALLO DEL MAR JONIO:
ASSOLTO PIETRO COLOMBO  

E’ stato assolto il 24 febbraio scorso, dopo appena due ore di camera di consiglio, l’imprenditore Pietro Colombo, accusato di aver ucciso la compagna Giuseppina Nicolini, gettandola in mare da una barca al largo della Grecia, per intascare i soldi di una polizza sulla vita.
La sentenza è stata emessa dalla corte d’assise di Busto Arsizio. Il Pm Giovanni Polizzi aveva chiesto una condanna a 25 anni di reclusione.

L'assoluzione è stata formulata in riferimento all’articolo 530, comma 2, del Codice di procedura penale: in sostanza le prove raccolte dalla Procura non sono sufficienti per dimostrare che la notte del 21 maggio 2004 Colombo scaraventò in acqua dal Delfino Bianco la sua compagna mentre si trovavano nella zona dell'isola di Lefkada (Leucade) e Prevenza. I due erano partiti per fare il giro del mondo in barca da Monfalcone e avevano fatto tappe a Brindisi e a marina di Gouvia (Corfu'). Lui esperto skipper, lei non sapeva nuotare. Quella notte la donna cadde in acqua mentre l'imbarcazione procedeva a cinque nodi e che lei stessa avrebbe dovuto governare.

STRAGE DI ERBA:
LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA  

Nel motivare la condanna all’ergastolo e a tre anni di isolamento diurno di Olindo Romano e Rosa Bazzi per la strage di Erba dell'11 dicembre 2006,  i giudici della Corte d’Assise di Como scrivono che il loro è stato “un progetto atroce vissuto come necessario e giusto per eliminare tutto ciò che agli occhi degli imputati poteva costituire una minaccia di quel loro equilibrio affettivo blindato e autosufficiente”. Un equilibrio, sottolineano i giudici, “costruito su una relazione esclusiva a due che negli anni non ha mai accettato intrusioni, e che è divenuto l'unico punto di forza, l'unica ragione di vita per entrambi, arrivando ad annientarli come singoli e costringendoli a riconoscersi solo in una dinamica di coppia: tant’è che non dimostrano alcuna sincera resipiscenza per quello che hanno fatto, sono totalmente privi di stimoli affettivi rispetto a tutto ciò che li circonda e sono capaci di reazioni emotive  solo quando sono messi di fronte alla prospettiva per loro insopportabile, di dover fare a meno l'uno dell'altro”.
Nella strage di Erba, l’11 dicembre 2006, furono uccise quattro persone (Raffaella Castagna, suo figlio Youssef, sua madre Paola Galli e una vicina, Valeria Cherubini, mentre una quinta (Mario Frigerio) rimase gravemente ferita ma si salvò diventando il supertestimone dell'inchiesta.

A muovere le menti di Olindo e Rosa - è scritto nelle motivazioni – è stato un “ossessivo e pervasivo desiderio di vendetta, covato negli anni”.

OMICIDIO CONIUGI DONEGANI:
CONFERMATO ERGASTOLO PER GUGLIELMO GATTI  

La Cassazione ha confermato la condanna all’ergastolo per Guglielmo Gatti, già condannato nei due gradi di giudizio al carcere a vita per il doppio omicidio degli zii, Aldo Donegani e Luisa De Leo.

I due coniugi, scomparvero il 30 luglio 2005 dalla loro abitazione, furono massacrati e i loro resti furono ritrovati ai primi di agosto in territorio bergamasco, al passo del Vivione.

OMICIDIO TOMMY:
CONFERMATE IN APPELLO SENTENZE PRIMO GRADO  

La corte d’assise d’appello di Bologna ha confermato le sentenze di primo grado per Salvatore Raimondi (20 anni) e Pasquale Barbera (assoluzione) accusati nell’ambito dell’inchiesta sul  rapimento e l'omicidio del piccolo Tommaso Onofri, avvenuti il 3 marzo 2006 a Casalbaroncolo, in provincia di Parma.

Nella vicenda erano implicati anche Antonella Conserva e il marito Mario Alessi, condannati rispettivamente a 30 anni e all'ergastolo.

DISASTRO DI CREVALCORE:
PM CHIEDE ASSOLUZIONI  

Assoluzione per i dieci indagati del gruppo Reti Ferrovie Italiane (Rfi), tra cui l'amministratore delegato Mauro Moretti, per la strage ferroviaria di Crevalcore, in provincia di Bologna, del 7 gennaio 2005 costata la vita a 17 persone e il ferimento di molte altre.
E' quanto ha chiesto in aula il pm di Bologna Enrico Cieri nel corso dell'udienza con il rito abbreviato davanti gup Andrea Scarpa. In un primo momento la procura aveva chiesto l'archiviazione per Mauro Moretti, all'epoca dei fatti amministratore delegato di Rfi, ora di Ferrovie, Michele Mario Elia, ex direttore tecnico Rfi e attuale amministratore delegato e Giancarlo Paganelli, dirigente di movimento. Aveva invece chiesto il processo per sette dirigenti locali di Rfi indagati con le ipotesi di accusa di disastro ferroviario colposo, omicidio colposo plurimo e lesioni
colpose plurime.

Il gip Rita Zaccariello, accogliendo l'opposizione all'archiviazione del sindacato dei macchinisti e dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, aveva però imposto l'imputazione coatta dei vertici nazionali. La prossima udienza è in calendario per il 3 marzo quando parleranno le parti civili e cominceranno gli interventi delle difese che proseguiranno anche nell'udienza del 2 aprile. E sempre il 2 aprile il giudice potrebbe ritirarsi per la sentenza.

KOSOVO:
UN ANNO INDIPENDENZA  

di Franco Quintano e Dragan Petrovic

Gli albanesi ci hanno preso tutto, ci hanno attaccati, hanno saccheggiato la mia casa, e se non fossi stato messo in salvo dai soldati italiani io oggi non sarei qui a conversare con lei. Vorrei tanto sapere il nome del carabiniere che ha salvato me e la mia famiglia”.
A parlare è Sasha Trbusic, 40 anni, uno delle migliaia di serbi fuggiti dal Kosovo dieci anni fa, nel pieno della campagna di odio fra le due comunità seguita ai bombardamenti della Nato. Per lui il primo anniversario dell'indipendenza del Kosovo, che si è celebrata a Pristina il 17 febbraio, è tutt'altro che una festa. E’ piuttosto l'accentuarsi di un incubo lungo dieci anni.
Sasha vive dal 1999 nel campo profughi di Radinac, presso Smederevo, una sessantina di chilometri a sud-est di Belgrado. Il campo profughi più grande in Serbia e in Europa. Con la moglie Olivera (30 anni) e i figli Stefana (10) e Damjan (7) abita in una stanza povera e malandata di 16,5 metri quadri, con i servizi igienici da condividere con altre tre famiglie. Sul tavolo al centro della stanza Sasha ci mostra i ritagli di giornale custoditi con cura e risalenti all'ottobre 1999 e che documentano la sua fuga, simile a quella dei circa 250 mila serbi scappati dal Kosovo.
I soldati italiani della Kfor (la Forza multinazionale entrò in Kosovo nell'agosto 1999. Ndr) e i carabinieri ci hanno portato via con i blindati verso la frontiera con il Montenegro, dove attendevano dei pullman. Non avevamo documenti, non avevamo nulla. Possedevo un bel computer, avevo risparmi per 80 mila marchi, gli albanesi ci hanno preso tutto”, ci dice Sasha, che ricorda come fosse ora quei momenti drammatici di distacco violento dalla sua terra.
Eravamo in sei: io, mia moglie, mio fratello più giovane, mia figlia Stefana che allora aveva nove mesi, mia madre e mio padre. Ora Stefana ha 10 anni, mentre Damjan è nato in questo campo”, dice Sasha.
Non sono mai più tornato alla mia casa di Orahovac, che è stata saccheggiata. Guardi che bel posto, sulla collina, con intorno i vigneti”, ci dice mostrandoci sul computer le immagini della sua casa diroccata ricavate da Google Earth. “Vorrei tanto tornare laggiù, ma non lo faccio poiché ho paura per la sicurezza mia e della mia famiglia”.
Ma cosa pensa dell'indipendenza del Kosovo?, gli chiediamo. “L'indipendenza del Kosovo non è una cosa reale, ma il frutto della volontà delle grandi potenze”, risponde. “In Kosovo la gente normale come me, anche gli albanesi, dice che prima si stava meglio. Ora a comandare sono i mafiosi, l'economia è distrutta, le fabbriche sono ferme”.
Io sono invalido di guerra, essendo stato colpito da un proiettile al viso, ricevo una pensione di 4 mila dinari (meno di 50 euro al mese, ndr). Ho bisogno di cure e medicine, ma i soldi non bastano. Riceviamo dallo stato serbo 3 mila dinari al mese (circa 35 euro, ndr) per ogni bambino, e 7 mila dinari (poco meno di 80 euro) come sussidio di disoccupazione”, in tutto l'equivalente di circa 200 euro, dice Sasha, che in Kosovo lavorava come istruttore in una scuola guida.
Quella di Sasha tuttavia è una famiglia che si può considerare “benestante” nel campo di Radinac, con soli due figli e un livello di istruzione accettabile. Tante altre famiglie, alcune anche con otto-nove figli, non poche di etnia rom, stanno decisamente peggio.

Solo i bambini e i ragazzi, con la loro vivacità, testimoniano che nel campo la vita comunque c’é. “Tu vieni dall'Italia? Hai visto Ronaldinho? Non è che ci hai portato un pallone per le nostre partite di calcio?”, ci chiede un bambino che continua a scalciare il pallone sgonfiato ormai da molto tempo.

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