La malattia di Huntington, patologia neurologica rara, ha finalmente un potenziale trattamento in grado di modificare il suo decorso.
La terapia genica sperimentale AMT-130, sviluppata dalla biotech olandese uniQure e testata in collaborazione con il Centro per la malattia di Huntington dell’University College di Londra, ha dimostrato di rallentare significativamente la progressione della malattia, rappresentando un traguardo storico nel campo delle malattie neurodegenerative.
La malattia di Huntington è una patologia neurodegenerativa ereditaria autosomica dominante causata da una mutazione nel gene HTT, che codifica per la proteina huntingtina. Questa mutazione determina la formazione di una forma tossica della proteina, che si accumula nei neuroni causando danni progressivi. I sintomi si manifestano tipicamente tra i 30 e i 50 anni, includendo movimenti involontari chiamati corea, disturbi cognitivi e psichiatrici, fino a una completa perdita di autonomia motoria e cognitiva nell’arco di 15-20 anni.
L’eredità autosomica dominante implica che ogni figlio di un individuo affetto ha una probabilità del 50% di ereditare il gene mutato e sviluppare la malattia, motivo per cui la ricerca di terapie efficaci è sempre stata una priorità cruciale per la comunità medica e scientifica.
AMT-130: la nuova frontiera della terapia genica
La terapia genica AMT-130 si basa su un approccio innovativo di silenziamento genico mediante vettori virali adeno-associati di tipo 5 (AAV5). Questa tecnologia utilizza un virus reso innocuo per trasportare nel cervello una sequenza di DNA che codifica un micro-RNA progettato per legarsi all’mRNA dell’huntingtina, bloccandone la produzione. In sostanza, le cellule neuronali vengono indotte a produrre un segnale molecolare che “spegne” la sintesi della proteina mutata e tossica.
La somministrazione avviene tramite un intervento neurochirurgico stereotassico guidato da risonanza magnetica: il farmaco viene iniettato direttamente nelle due regioni cerebrali più colpite dalla malattia, il nucleo caudato e il putamen. L’intervento, lungo e complesso, richiede dalle 12 alle 18 ore, ma l’effetto sembra duraturo con una singola somministrazione.

Risultati clinici e prospettive future (www.misteriditalia.it)
Lo studio clinico di Fase I/II ha coinvolto 29 pazienti con malattia di Huntington in fase iniziale o avanzata, divisi in due gruppi secondo la dose ricevuta. I risultati, basati su un follow-up di 36 mesi, sono stati confrontati con dati di controllo provenienti da oltre 22.000 pazienti inclusi nello studio osservazionale internazionale Enroll-HD, il più grande registro al mondo sulla malattia di Huntington.
Nei 12 pazienti che hanno ricevuto la dose più elevata di AMT-130, è stato osservato un rallentamento della progressione clinica di circa il 75% misurato con la scala composita cUHDRS (Unified Huntington’s Disease Rating Scale). In termini pratici, i deficit cognitivi e motori che normalmente si manifesterebbero in un anno si sono sviluppati nell’arco di quattro, offrendo così un significativo prolungamento della qualità di vita. Anche la capacità funzionale totale (TFC), che valuta l’autonomia nelle attività quotidiane come lavorare o guidare, è stata preservata con un rallentamento del 60% rispetto ai pazienti non trattati.
Ulteriori test neuropsicologici hanno evidenziato un rallentamento dell’88% nella velocità di elaborazione mentale e un effetto ancora più marcato nei test di lettura, con un rallentamento superiore al 100%. Sebbene la riduzione della compromissione motoria globale non sia risultata statisticamente significativa (circa 59%), la tendenza è stata comunque positiva.
Dal punto di vista biologico, è stata rilevata una diminuzione media dell’8% nei livelli di neurofilamenti nel liquido cerebrospinale, biomarcatori affidabili di danno neuronale, suggerendo una riduzione del danno neurodegenerativo in corso.
Sicurezza e criticità della terapia
Il profilo di sicurezza di AMT-130 si è rivelato gestibile e privo di effetti collaterali gravi correlati al farmaco, con eventi avversi principalmente legati alla procedura neurochirurgica, tutti risolti senza complicazioni. Tuttavia, la necessità di un intervento invasivo complesso rappresenta una sfida per la diffusione del trattamento, unitamente ai probabili costi elevati, che potrebbero superare il milione e mezzo di euro, come avviene per altre terapie geniche.
Un altro punto critico è rappresentato dall’effetto non esclusivo della terapia: AMT-130 silenzia sia il gene mutato sia quello sano, e benché la proteina huntingtina svolga funzioni fisiologiche importanti, i dati finora non hanno evidenziato problemi significativi legati a questa azione.
L’azienda uniQure prevede di presentare la domanda di approvazione accelerata alla Food and Drug Administration (FDA) americana nel primo trimestre del 2026, con una possibile disponibilità del trattamento già entro la fine del 2027. La terapia ha ottenuto anche la designazione RMAT (Regenerative Medicine Advanced Therapy) dalla FDA, un riconoscimento che ne accelera lo sviluppo.
Oltre all’implicazione diretta per la malattia di Huntington, la strategia basata sul silenziamento genico tramite micro-RNA potrebbe aprire nuove vie di ricerca per altre patologie neurodegenerative come Parkinson e Alzheimer, caratterizzate da accumulo di proteine tossiche simili.
Malattia di Huntington: caratteristiche e meccanismi (www.misteriditalia.it)












