Il rapimento che fece tremare l’Italia e gli Stati Uniti, il giovane rampollo prelevato dai banditi: il rapimento John Paul Getty III.
La storia del sequestro di John Paul Getty III rimane uno dei capitoli più drammatici e emblematici degli anni Settanta, non solo per la sua risonanza internazionale ma anche per il contesto criminale che caratterizzava l’Italia di quegli anni.
Tra i fatti più inquietanti della cosiddetta “industria dei rapimenti” che imperversò nel nostro Paese tra gli anni Settanta e Ottanta, il caso Getty rappresenta un esempio lampante di come la mafia e le organizzazioni criminali abbiano utilizzato il sequestro di persona come strumento di potere e guadagno illecito.
Il rapimento John Paul Getty III: il caso che sconvolse il mondo
Il fenomeno dei sequestri a scopo di estorsione in Italia tra il 1970 e il 1990 è stato particolarmente diffuso, con circa 650 casi documentati, secondo lo storico inglese John Dickie nel suo libro Mafia Republic. Questi rapimenti non erano soltanto opera di gruppi terroristici, come quelli di matrice rossa, o di semplici criminali comuni, ma soprattutto frutto di una strategia consolidata delle organizzazioni mafiose, in particolare di Cosa Nostra e della ’Ndrangheta.
Per la mafia siciliana, i sequestri rappresentavano un mezzo rapido per rimpinguare le casse dopo le dure repressioni della prima guerra di mafia, e anche uno strumento politico interno per riequilibrare le gerarchie. La ‘Ndrangheta, invece, aveva fatto del rapimento una vera e propria “specialità” fin dalla fine degli anni Sessanta, grazie alla complicità locale e al territorio impervio dell’Aspromonte, ideale per nascondere ostaggi.
Il 10 luglio 1973, a Roma, venne rapito John Paul Getty III, allora sedicenne, nipote del magnate petrolifero Jean Paul Getty. Il giovane, caratterizzato da un look hippy e capelli rossi, fu sedato e prelevato all’alba nel centro della Capitale. La famiglia ricevette una prima richiesta di riscatto pari a 2 miliardi di lire, successivamente salita a 10 miliardi (circa 5 milioni di euro attuali).
Jean Paul Getty, noto per la sua avarizia, rifiutò inizialmente di pagare, temendo che ciò avrebbe aperto la strada a una lunga catena di rapimenti ai danni dei suoi numerosi nipoti. Tuttavia, i sequestratori non si fermarono davanti a nulla: il 20 ottobre 1973 inviarono al quotidiano Il Messaggero un pezzo dell’orecchio mozzato del ragazzo, accompagnato da minacce terribili. Poco dopo, una foto del ragazzo ancora vivo e con l’orecchio mancante fu consegnata a un altro giornale, Il Tempo, a confermare la sua esistenza e la gravità della situazione.

Il caso del rapimento del rampollo John Paul Getty III – Misteriditalia.it
Di fronte a queste prove e alle pressioni, il riscatto fu infine pagato, ma soltanto una frazione della somma richiesta. John Paul Getty III venne rilasciato, ma la sua vita fu segnata profondamente: negli anni successivi cadde nella dipendenza da alcol e droghe, subì un ictus nei primi anni Ottanta che lo lasciò paralizzato e quasi cieco, e morì nel 2011 in Inghilterra.
Il sequestro di Getty non fu un caso isolato, ma parte di un più vasto sistema criminale che vedeva il ricavato degli ostaggi reinvestito in attività illecite. La ’Ndrangheta, in particolare, usava i proventi per finanziare imprese mafiose nel settore dell’edilizia, partecipando a gare pubbliche per grandi appalti, e per alimentare il traffico di contrabbando di sigarette e, successivamente, di stupefacenti.
Nella relazione finale della Commissione antimafia del 1998 si evidenziava come il ciclo dei sequestri fosse strettamente collegato all’espansione del narcotraffico, una delle principali fonti di introiti per le mafie italiane. Si trattava di un processo di trasformazione criminale che portò molte cosche a passare da semplici azioni estorsive a un coinvolgimento diretto nel traffico internazionale di droga.
L’epoca dei rapimenti si concluse all’inizio degli anni Novanta, grazie anche a interventi legislativi come la legge n. 82 del 1991, che prevedeva il blocco dei beni degli ostaggi e dei loro familiari, rendendo meno conveniente il business del sequestro. Fu inoltre istituito il NAPS (Nucleo Antisequestri della Polizia di Stato), che coordinate le indagini, contribuì a stroncare questa forma di criminalità.
Parallelamente, la ‘Ndrangheta, giunta a un equilibrio interno dopo lunghe faide, preferì ridurre la visibilità e l’indignazione pubblica generate dai sequestri, mantenendosi nell’ombra per consolidare il proprio potere economico e criminale in territori meno esposti. Solo nel 2015, con sentenze definitive, la ‘Ndrangheta venne riconosciuta come organizzazione unitaria a livello giuridico, sancendo una nuova fase nella lotta alle mafie in Italia.
Il rapimento di John Paul Getty III: un caso mondiale - Misteriditalia.it 






