La memoria storica sulla lotta alla mafia si arricchisce costantemente di nuovi dettagli e riflessioni, specialmente riguardo a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Il loro impegno, la dedizione e il sacrificio hanno segnato una pagina indelebile nella storia italiana, ma molte sfumature di quella vicenda rimangono ancora poco conosciute o comprese.
Tra rivelazioni di pentiti e decisioni politiche controverse, il racconto del pool antimafia e dei maxi-processi si dipana come un intreccio di coraggio, tradimenti, e resistenza.
Il ruolo decisivo dei pentiti e l’avvio del maxi-processo
Il 1984 è cruciale nella lotta alla mafia, grazie all’arrivo di Tommaso Buscetta, il primo pentito di Cosa Nostra. Dopo essere stato arrestato in Brasile e successivamente estradato in Italia, Buscetta accettò di collaborare con la giustizia, ma solo a patto di poter parlare direttamente con Giovanni Falcone, ritenuto l’unico magistrato degno di fiducia.

La storia di Falcone e Borsellino: quel che non è mai stato detto(Fonte @X) -misteriditalia.it
Nel suo racconto, Buscetta anticipò a Falcone una dura realtà: «Cercheranno di distruggerla fisicamente e professionalmente. Il conto con Cosa Nostra non si chiuderà mai».
L’interrogatorio di Buscetta, durato mesi, portò alla luce una visione globale e dettagliata della struttura e delle dinamiche mafiose, fornendo al pool un’arma senza precedenti. Il 29 settembre 1984, grazie alle sue dichiarazioni, furono emessi 366 mandati di arresto, dando avvio al più imponente processo antimafia, il cosiddetto maxi-processo.
Durante questo periodo, l’atmosfera di sostegno istituzionale fu al massimo, come ricorda Borsellino: «Si sentiva un consenso particolare anche tra i colleghi del Palazzo di Giustizia. Il Ministero concedeva tutto: aerotaxi, segretarie, materiale». L’aula-bunker per il maxi-processo, simbolo di quella stagione, fu costruita in pochi mesi, pronta ad ospitare centinaia di imputati.
Nonostante i progressi giudiziari, la mafia rispose con una violenza spietata. Nel 1985, furono assassinati Beppe Montana e Ninni Cassarà, due poliziotti chiave nella lotta contro la criminalità organizzata. Questi omicidi evidenziarono la fragilità delle strutture investigative.
Il maxi-processo, iniziato nel 1986 con 475 imputati, si concluse nel 1987 con 360 condanne. Ma nonostante il successo giudiziario, il pool antimafia iniziò a sgretolarsi. La nomina di Antonino Meli a capo dell’Ufficio istruzione di Palermo, nel 1988, segnò l’allontanamento di Falcone da indagini di primo piano. Meli, con poca esperienza nei processi antimafia, cominciò a frammentare le indagini, affidandole a procure diverse, indebolendo così il lavoro unitario fondamentale per contrastare Cosa Nostra.
Falcone, progressivamente isolato, dovette accettare trasferimenti e deleghe marginali, fino a decidere di spostarsi a Roma, dove continuò a elaborare strategie innovative per combattere la mafia, come la rotazione dei giudici della Corte di Cassazione per evitare interferenze di magistrati collusi. Nel frattempo, Borsellino tornò a Palermo con un ruolo direttivo, ma il clima politico e istituzionale restava ostile.
Il 1992 fu l’anno della vendetta più cruenta. Dopo la condanna all’ergastolo di Totò Riina nel maxi-processo, la mafia orchestrò una serie di attentati per colpire duramente lo Stato. Il 12 marzo fu assassinato Salvo Lima, politico vicino a Cosa Nostra, e il 23 maggio giunse la strage di Capaci: un’esplosione devastante sull’autostrada Palermo-Trapani uccise Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta.
Nonostante il dolore per la perdita di Falcone, Borsellino non si fermò, intensificando il suo lavoro pur sapendo di essere nel mirino. L’incontro con il ministro dell’Interno Nicola Mancino, dal quale uscì turbato, e la scoperta della cosiddetta “trattativa” tra Stato e mafia, aumentarono il suo isolamento e il pericolo imminente. Il 19 luglio 1992, a soli due mesi dalla strage di Capaci, la sua auto esplose in via D’Amelio, uccidendo lui e cinque agenti della scorta.
La storia di Falcone e Borsellino: quel che non è mai stato detto
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