La vicenda di Roberta Ragusa, scomparsa dalla sua abitazione di Gello, giunge a un nuovo e definitivo capitolo.
Con la conferma della condanna a 20 anni di reclusione per Antonio Logli, suo marito, accusato di omicidio volontario e distruzione del cadavere la Corte di Cassazione ha infatti respinto l’ultimo ricorso della difesa, rendendo irrevocabile il verdetto emesso dalla Corte d’Assise d’Appello di Firenze il 14 maggio 2018.
Antonio Logli è stato trasferito nel carcere delle Sughere a Livorno per evitare la pressione mediatica e la presenza di curiosi davanti alla casa circondariale Don Bosco di Pisa. Al momento dell’arresto, Logli si è mostrato visibilmente scosso, dichiarando in lacrime al suo legale: «Sono disperato». Il suo avvocato, Roberto Cavani, ha sottolineato la necessità di sostegno per un uomo che, seppur condannato, rimane «una persona forte».
La conferma della condanna e il contesto familiare
La sentenza della Suprema Corte si basa su un vasto insieme di prove e testimonianze, benché il corpo di Roberta Ragusa non sia mai stato ritrovato. La donna, all’epoca della scomparsa, aveva 44 anni e insieme al marito gestiva una scuola guida attigua alla loro abitazione. La Cassazione ha evidenziato come il movente economico e personale fosse centrale nella dinamica dell’omicidio: Roberta aveva disponibilità di denaro derivante dalla sua attività imprenditoriale, e la crisi matrimoniale aggravata dalla relazione extraconiugale di Logli con Sara Calzolaio — amica e collaboratrice della vittima — aveva creato un clima di tensioni economiche e familiari insostenibile.
Le motivazioni, contenute in un documento di circa 50 pagine, ricostruiscono dettagliatamente la notte fatidica. La Corte sottolinea che la donna, dopo aver indossato la biancheria da notte, stava svolgendo ordinarie attività domestiche quando Logli si ritirò in soffitta per tre conversazioni telefoniche con la Calzolaio, interrotte bruscamente intorno alle 00:17. Poco dopo, Roberta abbandonò improvvisamente l’abitazione senza prendere vestiti o oggetti personali, gesto interpretato come conseguenza di una forte emozione e paura legata alla consapevolezza della relazione extraconiugale del marito.

La dinamica della notte e le prove decisive(www.misteriditalia.it)
Secondo la ricostruzione, Logli avrebbe tentato di intercettare la moglie lungo via Gigli, dove è stato visto da testimoni oculari, i coniugi Gozi-Gombi, cercando di nascondere il volto. Dopo un breve ritorno a casa, si sarebbe allontanato nuovamente con l’auto di Roberta, per poi incontrarla e, secondo la Corte, costringerla con la forza a salire sulla vettura. Proprio questa testimonianza, ritenuta dal Pubblico Ministero «il cuore del processo», è stata ritenuta credibile e determinante per la condanna: le grida percepite da una delle testimoni e le tracce rilevate dal cane molecolare confermano l’incontro e lo scontro tra i due.
La Corte ha rilevato come, pur non essendo stato possibile accertare con precisione le modalità dell’omicidio né localizzare il corpo della vittima, la sequenza degli eventi e la molteplicità degli indizi escludano qualsiasi altra ipotesi. La distruzione del cadavere viene considerata un reato con un movente forte e indiscutibile, coerente con la volontà di occultare il delitto.
La Cassazione ha sancito la definitiva responsabilità di Antonio Logli nella morte di Roberta Ragusa, un caso che ha segnato profondamente l’opinione pubblica italiana per la sua complessità e l’assenza di un corpo, confermando la validità delle indagini e delle sentenze precedenti.
Roberta Ragusa e la conferma della condanna(www.misteriditalia.it)






