La figura di Ted Bundy, uno dei più famigerati serial killer americani, continua a suscitare un interesse che supera i confini del tempo.
La sua storia, intrisa di fascino, violenza brutale e necrofilia, si è trasformata in un caso emblematico per la criminologia e per la cultura popolare, con numerose rievocazioni cinematografiche e documentari che ne hanno raccontato le molteplici sfaccettature. Bundy, noto anche come il “Killer delle studentesse”, ha terrorizzato gli Stati Uniti tra la fine degli anni ’60 e la fine degli anni ’70 con una serie di crimini spietati che ancora oggi lasciano interrogativi aperti.
Theodore Robert Cowell, nato il 24 novembre 1946 a Burlington, nel Vermont, visse un’infanzia complessa e controversa. Figlio illegittimo, fu allevato inizialmente dai nonni materni, mentre alla comunità veniva fatta credere che la madre fosse sua sorella. Questa intricata rete di menzogne familiari segnò profondamente Bundy, che in seguito manifestò risentimento verso la madre per avergli nascosto la verità sulla sua origine. I nonni, in particolare il nonno Samuel Cowell, furono descritti da alcuni come autoritari e violenti, con episodi di maltrattamenti che contribuirono a un ambiente familiare turbolento.
Nel 1950, la madre si trasferì con lui a Tacoma, nello Stato di Washington, assumendo la finta identità di vedova e sposando John Culpepper Bundy, da cui Theodore ereditò il cognome. Il rapporto con il patrigno fu teso, segnato da disprezzo per la sua figura e la condizione economica. Durante gli anni scolastici, Ted mostrò un’intelligenza sopra la media, ma anche comportamenti violenti e difficoltà a instaurare relazioni sociali, specialmente con le coetanee.
Il fascino oscuro e il modus operandi del serial killer
Negli anni ’70, Ted Bundy emerse come un criminale spietato e astuto. Laureato in psicologia, tentò anche la carriera politica nel Partito Repubblicano, ma dietro l’apparente normalità si celava una mente criminale di rara ferocia. Le sue vittime, per lo più giovani studentesse universitarie, venivano adescate con metodi ingannevoli: Bundy si fingeva ferito, ad esempio con un braccio ingessato, o impersonava figure di autorità come poliziotti per guadagnare la loro fiducia e condurle in luoghi isolati.
Il suo modus operandi prevedeva lo stordimento delle vittime, l’uso di manette per immobilizzarle e il trasporto in aree remote dove compiva i suoi atti di violenza. I crimini erano caratterizzati da strangolamento, mutilazioni, decapitazioni e, in numerosi casi, necrofilia, un aspetto che sottolinea la sua ossessione per il controllo totale sulle vittime, anche dopo la morte. Bundy spesso tornava sulle scene del crimine per rivisitare i cadaveri, evidenziando una perversione che trascendeva la semplice violenza omicida.
La sua capacità manipolativa si estendeva anche oltre le vittime: riuscì a ingannare per lungo tempo le forze dell’ordine, i media e persino il sistema giudiziario. Bundy fu soprannominato “Lady Killer” non per il suo fascino, come spesso erroneamente raccontato, ma per la sua capacità di attirare e poi distruggere le giovani donne. In realtà, secondo testimonianze di agenti coinvolti nelle indagini, Bundy era un “camaleonte” dall’aspetto comune, facilmente dimenticabile, capace di passare inosservato in mezzo alla folla.

La spirale di violenza e l’arresto(www.misteriditalia.it)
Il primo tentato omicidio documentato risale al 4 gennaio 1974, con la vittima Joni Lenz, che riuscì a sopravvivere all’aggressione. Il primo omicidio confermato avvenne il 1º febbraio 1974 a King County, Washington. Da quel momento, Bundy si trasformò in un predatore seriale, con almeno 36 vittime accertate e oltre 200 sospettate, spaziando tra Colorado, Florida, Idaho, Oregon, Utah, Washington e California.
Nel 1975, dopo un arresto nello Utah per sequestro di persona e tentata aggressione, Bundy sfruttò la sua abilità manipolativa per guadagnarsi la fiducia dei suoi compagni di carcere mormoni, che arrivarono a difenderlo pubblicamente. Nel corso degli anni ’70 riuscì a evadere due volte da diverse prigioni, commettendo ulteriori omicidi durante la sua latitanza.
La svolta definitiva arrivò nel febbraio 1978 in Florida, dove Bundy venne arrestato alla guida di un’auto rubata. I processi che seguirono, seguiti con grande attenzione mediatica, portarono a tre condanne a morte per gli omicidi di Tallahassee. Bundy si difese autonomamente, mostrando ancora una volta la sua capacità di manipolazione. Poco prima dell’esecuzione, confessò di aver ucciso altre 26 donne, anche se il numero esatto delle vittime rimarrà probabilmente sconosciuto.
Il 24 gennaio 1989, Ted Bundy fu giustiziato tramite sedia elettrica nella Raiford Prison, e le sue ceneri furono disperse sulle Taylor Mountains, lasciando dietro di sé un’eredità di terrore e un caso di studio fondamentale per la criminologia moderna.
L'infanzia e l'adolescenza: radici di un disturbo profondo (www.misteriditalia.it)






