Nel contesto delle dinamiche condominiali, è fondamentale conoscere i confini legali relativi alle parole usate, anche nelle chat private.
Il reato di diffamazione nel condominio si configura quando si offende l’onore o la reputazione di un vicino o di un amministratore assente, anche attraverso messaggi scritti su WhatsApp o Telegram. Le conseguenze non sono di poco conto: si rischiano richieste di risarcimento e persino denunce penali.
Secondo l’articolo 595 del codice penale, la diffamazione si realizza “quando, comunicando con più persone, si offende l’altrui reputazione”. Questo significa che, se in assemblea o in chat si parla male di un condomino assente, si può incorrere in una denuncia. La legge prevede pene fino a un anno di reclusione o una multa fino a 1.032 euro.
La gravità aumenta se si attribuiscono fatti specifici alla persona offesa: in questo caso, la reclusione può arrivare fino a due anni o la multa fino a 2.065 euro. Importante sottolineare che anche affermazioni veritiere possono diventare diffamatorie se pronunciate con l’intento di ledere la reputazione della vittima, come stabilito dalla recente giurisprudenza. Per esempio, accusare un condomino di furto o rivelare dettagli intimi non pertinenti all’assemblea può costare caro, anche se tali fatti sono veri.
Ingiuria e calunnia: differenze sostanziali e implicazioni legali
Se invece l’offesa è rivolta a una persona presente durante l’assemblea, il reato di diffamazione non sussiste più, ma subentra l’ingiuria. Dal 2016, questa non è più un reato penale, ma un illecito civile con sanzioni pecuniarie da 100 a 8.000 euro. Ad esempio, la Corte d’Appello di Milano ha condannato un condomino a pagare 5.000 euro per aver definito l’amministratore “emerito idiota” durante l’assemblea.
Diverso è il caso della calunnia, disciplinata dall’articolo 368 del codice penale, che si configura quando si accusa falsamente qualcuno di un reato, consapevoli della sua innocenza. Questa condotta è particolarmente grave e può portare a reclusioni da due a sei anni, oltre a possibili cause civili per risarcimento.

Le chat condominiali: il nuovo campo di battaglia della diffamazione – Misteriditalia.it
Con l’aumento dell’uso di chat di gruppo tra condomini, come quelle su WhatsApp o Telegram, è cresciuta anche l’incidenza di casi di diffamazione digitali. Anche in questo contesto vale la regola che, se si offende una persona assente dalla chat, si configura la diffamazione. La presenza di più interlocutori e la conservazione scritta dei messaggi rendono questo tipo di offesa particolarmente rischioso.
La giurisprudenza ha chiarito che se un messaggio offensivo viene letto dalla vittima con un certo ritardo, questa è considerata “assente” al momento della comunicazione, quindi si configura la diffamazione e non l’ingiuria. Inoltre, gli amministratori devono fare attenzione a non divulgare informazioni riservate, come i nominativi dei condomini morosi, perché ciò può configurare sia diffamazione che violazione della privacy, con sanzioni amministrative pesanti.
Come difendersi: la denuncia e le prove in tribunale
Chi subisce diffamazione in assemblea o in chat ha a disposizione un termine di tre mesi dalla conoscenza dell’offesa per sporgere querela, come previsto dall’articolo 120 del codice penale. La denuncia deve essere firmata personalmente dalla vittima e può includere testimonianze di altri condomini.
Il verbale dell’assemblea e, se disponibili e legalmente acquisibili, le registrazioni audio possono rappresentare prove importanti nel procedimento. La Corte di Cassazione, con la sentenza 26325 del 9 ottobre 2024, ha confermato la responsabilità penale di chi usa espressionioffensive non pertinenti al tema discusso e mantenute in toni accesi, sottolineando i limiti del diritto di critica, che non giustifica insulti o diffamazioni.
Non tutte le offese danno diritto a una denuncia penale. Dopo la depenalizzazione dell’ingiuria nel 2016, le offese rivolte direttamente a chi è presente possono essere perseguite solo in sede civile, con richieste di risarcimento danni. La querela penale è invece possibile per la diffamazione, quindi per offese rivolte a persone assenti e comunicate a terzi.
In ambito civile, per ottenere il risarcimento è indispensabile fornire prove concrete del danno. Tuttavia, i procedimenti civili sono spesso lunghi e non garantiscono il successo, soprattutto se il responsabile è nullatenente, rendendo difficile recuperare l’indennizzo.
Diffamazione nel condominio: quando una parola può costare cara(www.misteriditalia.it) 












