Un mito o una civiltà perduta? Il mistero della piramide sommersa di Yonaguni continua ad affascinare in tanti.
Nel 1987, un gruppo di biologi marini impegnati nello studio degli squali martello nelle acque a sud di Yonaguni, nell’arcipelago delle Ryukyu, ha portato alla luce una scoperta che ha acceso un acceso dibattito tra studiosi e appassionati di archeologia: una struttura subacquea dalle forme enigmatiche, che molti hanno definito la “piramide sommersa di Yonaguni”.
Da allora, questa formazione ha catalizzato numerose ricerche e controversie circa la sua origine, oscillando tra teorie che la attribuiscono a una civiltà antica e interpretazioni che la ritengono un fenomeno esclusivamente naturale.
Le ricerche e le indagini sul sito sommerso di Yonaguni
La scoperta iniziale fu opera del biologo giapponese Kihachiro Aratake, il quale notò una struttura dalle forme geometriche insolite, caratterizzata da gradoni e spigoli che si elevano fino a otto metri dalla superficie del mare. Nel corso degli anni, sono state condotte numerose immersioni e studi, nonostante le difficoltà imposte dalle forti correnti oceaniche del luogo. Tra il 1992 e il 1999 si sono susseguite diverse spedizioni, mentre nel 2002 è stato impiegato un robot subacqueo televisivo per approfondire le osservazioni.
Anche l’Underwater Engineering Research Center dell’Università di Tokyo ha partecipato con indagini nel 2005. Dal punto di vista turistico, la zona è oggi una meta molto apprezzata dagli appassionati di immersioni, che la conoscono come Ruins Point. Indipendentemente dalla natura artificiale o naturale della struttura, essa rappresenta una risorsa significativa per l’isola di Yonaguni e contribuisce all’attrattiva culturale e naturalistica della regione. La struttura si trova all’estremità dell’arcipelago delle Ryukyu, un’area che circa 10.000 anni fa, alla fine dell’ultima era glaciale, era molto più estesa rispetto a oggi a causa del livello marino inferiore.
La particolarità delle forme, con gradoni dai piani quasi perfetti, angoli prevalentemente retti e superfici quasi piatte, ha portato alcuni studiosi a ipotizzare un’origine umana. Tra questi, spicca il lavoro del professor Masaaki Kimura, dell’Università delle Ryūkyū, che ha condotto approfonditi studi sulle vestigia. Kimura sostiene che la struttura potrebbe essere ciò che resta di una città sommersa di circa 5.000 anni fa, sommersa intorno a 2.000 anni fa a causa dell’innalzamento del livello del mare.

Le teorie degli studiosi sull’origine della piramide di Yonaguni – Misteriditaia.it
Secondo Kimura, sono presenti almeno 15 strutture artificiali, tra cui un castello, strade e acquedotti, oltre a immagini incise di animali e figure umane. Le ricerche sulle stalattiti delle grotte sottomarine circostanti hanno permesso di stimare questa datazione. Alcune incisioni somigliano a quelle trovate su una tavoletta di pietra rinvenuta vicino a Okinawa, che riporta un linguaggio ancora indecifrato e un disegno ricordante un tempio sommerso.
Altri ricercatori, invece, suggeriscono che la formazione possa essere più recente, databile tra la seconda metà del X secolo e la prima metà dell’XI secolo, basandosi su campioni raccolti durante un’indagine dell’Università di Ryukyus tra il 2005 e il 2006. In questa prospettiva, la teoria di un manufatto vecchio di 10.000 anni verrebbe messa in discussione. Inoltre, un’ipotesi alternativa considera la struttura come una cava di pietre da cui prelevare materiale per altre costruzioni, spiegando così alcune forme particolari come tagli artificiali, ma senza trovare tracce di manufatti realizzati con questo materiale.
Sono inoltre emerse teorie che collegano la struttura alle popolazioni Jōmon, abitative dell’arcipelago giapponese attorno al 3000 a.C., che potrebbero aver modificato o scolpito parzialmente la formazione naturale. Alcuni sostenitori dell’origine artificiale addirittura la associano al mitico continente Mu. Dall’altra parte del dibattito, molti geologi e studiosi propongono un’origine naturale per la struttura di Yonaguni, attribuendola ai processi di erosione marina e all’attività della barriera corallina. John Anthony West e il geologo Robert Schoch, tra i più noti sostenitori di questa interpretazione, sostengono che la formazione è il risultato di fenomeni geologici tipici di aree sismiche e di rocce sedimentarie.
Secondo Schoch, le formazioni sono costituite da un unico blocco di arenaria con piani di stratificazione e fratture naturali che creano l’effetto di gradoni e spigoli. L’attività sismica nella regione ha contribuito a fratturare regolarmente le rocce, mentre l’azione continua dell’acqua e dei coralli ha modellato le superfici, producendo incisioni che alcuni interpretano erroneamente come segni artificiali.
Piramide Yonaguni in Giappone: il mistero di una civiltà perduta? - Misteriditalia.it 










