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Roberto Succo, il criminale italiano che terrorizzò l’Europa: chi era il “Mostro di Mestre”

Roberto SuccoRoberto Succo, chi era il Mostro di Mestre che terrorizzò l'Italia negli anni '80 - Misteriditalia.it

Il criminale italiano che terrorizzò l’Europa negli anni ’80: chi era il Mostro di Mestre Roberto Succo.

A oltre quattro decenni dai fatti che sconvolsero l’Europa, la figura di Roberto Succo, noto come il “Mostro di Mestre”, continua a suscitare inquietudine e fascino morboso.

Nato a Mestre nel 1962, Succo si impose all’attenzione pubblica come uno dei più spietati serial killer degli anni Ottanta, responsabile di almeno sette omicidi tra Italia e Francia. La sua storia, già raccontata nel film omonimo del 2001 diretto da Cédric Kahn, mantiene ancora oggi lati oscuri che alimentano dibattiti sull’origine della sua follia e sulla gestione istituzionale del suo caso.

Le origini di una mente criminale

Roberto Succo cresce in una famiglia apparentemente normale: un padre poliziotto, una madre casalinga, un’infanzia trascorsa in tranquillità tra scuola e il coro parrocchiale. Tuttavia, già da adolescente emerge una personalità introversa e tormentata, con segni evidenti di egocentrismo e una forte ossessione per il proprio corpo, che lo porta ad allenarsi assiduamente in palestra. Frequenta il liceo scientifico Morin a Gazzera, sobborgo di Venezia, risultando uno studente nella media, ma con un carattere sempre più irrequieto. La svolta drammatica avviene il 12 aprile 1981: all’età di 19 anni, Roberto uccide brutalmente i genitori nel loro appartamento di Mestre.

La madre viene colpita ripetutamente con un coltello e una piccozza; il padre, al ritorno dal lavoro, è aggredito e ucciso con la stessa ferocia. La polizia individua rapidamente il giovane come responsabile, arrestandolo due giorni dopo in una pizzeria di San Pietro al Natisone, in Friuli. Durante l’arresto tenta di estrarre una pistola, ma viene bloccato dagli agenti. Il coltello usato per gli omicidi è ancora con lui. Dopo il duplice omicidio, Roberto Succo viene sottoposto a perizie psichiatriche che diagnosticano una schizofrenia, portando il tribunale di Venezia a dichiararlo non punibile per infermità mentale totale nell’ottobre del 1981.

Viene così internato nel manicomio criminale di Reggio Emilia per un periodo che si supponeva durasse almeno dieci anni. Tuttavia, la sua permanenza si rivela ben più breve e turbolenta. Durante la detenzione, Succo mantiene una corrispondenza inquietante con don Domenico Franco e instaura un rapporto con Wolfgang Abel, altro serial killer rinchiuso nella stessa struttura. Pur comportandosi apparentemente bene, completando gli studi superiori e iscrivendosi all’università in Scienze naturali, il suo animo resta oscuro e violento. Nel 1986, approfittando di una licenza studio, evade e fugge in Francia, scegliendo Parigi come nuova base per la sua spirale di violenza.

Tra il 1987 e il 1988 Roberto Succo compie una serie di crimini efferati che lo rendono uno dei più ricercati d’Europa. Il 2 aprile 1987 uccide il brigadiere della gendarmeria Andrè Castillo in Savoia. Il 27 aprile infligge due ulteriori omicidi: a Annecy uccide France Vu-Dinh, giovane vietnamita di cui il corpo non sarà mai ritrovato, e a Sisteron massacra il medico Michel Astoul dopo un passaggio in autostop. La sua escalation di violenza culmina il 24 ottobre con uno stupro e un omicidio a Menthon-Saint-Bernard. Nel gennaio 1988, la sua notorietà cresce ulteriormente a seguito di una rissa a Tolone, durante la quale spara a un uomo.

La polizia francese, allertata, si reca in un albergo per interrogarlo. Qui Succo apre il fuoco contro due ispettori, ferendone gravemente uno e uccidendone l’altro con un colpo alla testa. La caccia all’uomo diventa una priorità internazionale. Dopo mesi di fughe tra Francia e Svizzera, durante i quali continua a commettere rapine e stupri, Succo viene arrestato il 28 febbraio 1988 a Santa Lucia di Piave, vicino a Conegliano, in Veneto. Gli agenti lo fermano senza spargimento di sangue, trovandolo in possesso di documenti falsi, contanti e una mappa che indicava la sua intenzione di raggiungere la Sicilia per poi spostarsi in Nord Africa. Le sue prime parole in questura sono dirette e inquietanti: “Sono un killer, ammazzo la gente”.

Nel carcere Santa Bona di Treviso, Succo dà vita a un ultimo atto di sfida: il 1° marzo tenta un’evasione spettacolare e si arrampica sul tetto del penitenziario, dove improvvisa una sorta di conferenza stampa in mutande. Nel tentativo di saltare su un terrazzo cade da sei metri di altezza, riportando diverse fratture. Trasferito al carcere Le Sughere di Livorno, viene sottoposto a ulteriori valutazioni psichiatriche. Il giudice istruttore Nicola Maria Pace lo dichiara nuovamente incapace di intendere e di volere, ma prima di essere trasferito in un istituto psichiatrico giudiziario, Succo si toglie la vita il 23 maggio 1988 nel carcere di Vicenza.

La sua morte avviene in isolamento, tramite l’inalazione di gas da una bombola per cucinare, utilizzando un sacchetto di plastica. Il caso di Roberto Succo rappresenta uno dei capitoli più oscuri della cronaca nera italiana ed europea, un intreccio di follia, violenza e incapacità istituzionale che continua a essere studiato e analizzato a distanza di decenni. La sua storia è un monito sulla complessità della mente umana e sulle sfide della giustizia nel trattare casi di criminalità estrema.

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