I Misteri

Gianfranco Stevanin, il killer che terrorizzò il Veneto negli anni ’90: la vera storia del “collezionista”

Gianfranco Stevanin, il killer che terrorizzò il Veneto negli anni '90La storia di Gianfranco Stevanin. Foto: NOVE tv - misteritalia.it

Era il volto insospettabile di un Veneto operoso, cattolico e agiato quello che negli anni Novanta si trovò di fronte a uno dei casi più inquietanti della cronaca nera italiana.

Gianfranco Stevanin, agricoltore di Montagnana in provincia di Verona, divenne noto come “il mostro di Terrazzo” dopo l’arresto nel 1994, quando le indagini rivelarono un orrore nascosto nel cuore della provincia più “perbene”: nel giardino della sua casa vennero ritrovati i resti smembrati di sei donne.

Dalle origini all’arresto

Nato nel 1960, figlio di contadini, Stevanin sembrava un giovane come tanti. Diplomato il ragioneria, aveva un’intelligenza vivace ma un passato segnato da un grave incidente in motorino he a soli sedici anni gli causò crisi epilettiche e un trauma cranico profondo.

Dopo aver lasciato gli studi si dedicò a coltivare i campi di famiglia, e mostrò sempre un carattere taciturno e riservato, ma anche tratti di arroganza e fragilità emotiva. Il 16 novembre del 1994 tutto cambiò. A Vicenza, Stevanin fu arrestato dopo aver sequestrato e violentato una prostituta, che riuscì a fuggire e a denunciarlo.

Gianfranco Stevanin, il killer che terrorizzò il Veneto negli anni '90

Un giornale del tempo sul caso. Foto: NOVE tv – misteritalia.it

Durante la perquisizione, nella casa dell’agricolotore gli inquirenti trovarono migliaia di fotografie pornografiche, ciocche di capelli, peli pubici conservati in scatole e uno schedario con i dati delle sue partner. Pochi mesi dopo, la scoperta più terribile: nel terreno di proprietà dell’uomo la polizia rinvenne diversi sacchi contenenti resti umani.

Le perizie e il processo

Nel 1995 vennero identificati i corpi di due delle vittime, Biljana Pavlovic e Claudia Pulejo, oltre ai resti attribuiti ad altre donne scomparsi. Messo davanti alle prove, nel 1996 Stevanin confessò precisando però che gli omicidi non fossero affatto premeditati, ma il tragico esito di rapporti sessuali estremi e di overdose accidentali.

“Non ricordo nulla, ho dimenticato più che rimosso”, dichiarò in seguito. La perizia psichiatrica lo definì un soggetto “sadico parafiliaco”, ma capace di intendere e di volere. La difesa tentò di far valere i danni cerebrali provocati dall’incidente giovanile ma la Cassazione confermò l’ergastolo.

Dopo oltre trent’anni di carcere e un periodo in ospedale psicochiatrico, Stevanin si è diplomato in ragioneria e per un periodo ha dichiarato di voler diventare frate francescano laico. Un intento poi abbandonato. Oggi, a 65 anni, chiede di poter ottenere i permessi di uscita. La sua condotta in carcere è impeccabile, ma gli esperti restano cauti:

“Le stesse situazioni che hanno portato il periziato a perdere il controllo delle proprie azioni (in riferimento agli omicidi), oppure ad indurlo a cercare situazioni ad alto rischio, magari ripetendo le esperienze del cosiddetto “sesso estremo“, potrebbero facilmente ripetersi”, scrivono i periti.

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