Questi adeguamenti sono fondamentali per mantenere il valore reale delle pensioni, soprattutto in un contesto economico complesso.
Con l’inizio del nuovo anno, le pensioni italiane subiranno importanti modifiche negli importi e nelle modalità di rivalutazione, un aggiornamento essenziale per adeguare gli assegni all’inflazione e tutelare il potere d’acquisto dei pensionati.
L’INPS, in fase di completamento delle operazioni di aggiornamento, ha adottato le ultime stime basate sull’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, che nel 2026 porteranno a una rivalutazione del +1,6%. Scopriamo nel dettaglio come cambieranno gli assegni e quali saranno le soglie di riferimento.
Rivalutazione delle pensioni: come cambia il meccanismo nel 2026
La rivalutazione automatica degli importi pensionistici, prevista dalla normativa vigente, si basa su un sistema a scaglioni che permette di adeguare gli assegni in modo differenziato rispetto al valore del trattamento percepito.
Per il 2026, la variazione percentuale dell’1,6% si applicherà in modo pieno alle pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo, ossia fino a circa 2.452 euro lordi mensili. Per le pensioni comprese tra 4 e 5 volte il minimo (tra 2.452 e 3.065 euro), la rivalutazione sarà pari al 90%, quindi all’1,44%. Infine, per gli assegni superiori a 3.065 euro, l’adeguamento sarà ridotto al 75% della percentuale intera, corrispondente all’1,2%.
È fondamentale sottolineare che il calcolo non viene effettuato sull’intero importo in modo uniforme, ma per fasce progressive: la prima quota fino a 2.452 euro viene rivalutata al 100%, la parte successiva fino a 3.065 euro al 90%, mentre la quota eccedente si rivaluta al 75%. Questo sistema mira a offrire un incremento più sostanzioso ai pensionati con assegni più bassi, garantendo comunque un aumento anche per chi percepisce importi più elevati, seppur in misura proporzionalmente minore.
Incremento del trattamento minimo e aumento straordinario per le pensioni basse
Nel 2025, il trattamento minimo era fissato a 603,40 euro mensili; con la rivalutazione del 2026 calcolata sull’1,6%, questa soglia salirà a 613,05 euro. Si tratta di un parametro fondamentale perché non solo rappresenta la base sotto la quale non possono scendere le pensioni integrate al minimo, ma è anche utilizzato per calcolare l’accesso a prestazioni sociali legate al reddito.

Gli importi – misteritalia.it
A questa rivalutazione ordinaria si aggiunge un incremento straordinario previsto dalla legge di Bilancio 2025, che estende anche per il prossimo anno un aumento supplementare per le pensioni minime.
Tale maggiorazione sarà del +1,3% per il 2026 (dopo il +2,2% del 2025), portando il totale delle pensioni minime maggiorate a circa 621 euro mensili. Parallelamente, anche altre prestazioni sociali saranno adeguate: l’assegno sociale passerà da 443,95 a 451,05 euro, mentre gli assegni assistenziali arriveranno a 547,30 euro rispetto ai 538,69 euro del 2025.
Esempi pratici degli aumenti mensili nel 2026
Per comprendere meglio l’impatto di queste rivalutazioni, si possono considerare alcuni casi concreti. Un pensionato che nel 2025 riceveva 1.000 euro al mese vedrà l’assegno salire a circa 1.016 euro, con un aumento di 16 euro. Per una pensione di 1.500 euro, l’incremento sarà di circa 24 euro, mentre per una da 2.000 euro si potrà contare su un aumento di 32 euro mensili.
Gli aumenti diventano più articolati per pensioni superiori a 2.452 euro, a causa del sistema a scaglioni: ad esempio, un pensionato con un assegno da 2.500 euro otterrà un incremento di circa 39,90 euro, mentre chi percepisce 2.800 euro vedrà un aumento di poco superiore a 44 euro.
Per una pensione da 3.100 euro, l’aumento stimato si aggira intorno ai 45 euro mensili, grazie alla combinazione delle percentuali di rivalutazione applicate alle diverse porzioni dell’assegno.

 Cosa cambia per le pensioni minime - misteritalia.it
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