Curiosità

Un giornalista che sapeva troppo

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Roma, 20 marzo 1979: è appena uscito dalla redazione di OP, il periodico da lui diretto, quando Carmine Pecorelli, detto Mino, 51 anni, viene ucciso a colpi di pistola. Una vera esecuzione. Il movente di questo delitto insoluto sta tutto nella controversa personalità della vittima.

Laureato in legge, Pecorelli per qualche anno esercita la professione di avvocato, specializzandosi in grandi fallimenti fraudolenti, cominciando così a penetrare nei delicati meccanismi che legano il sistema degli affari a quello della politica. Nell’ottobre del 1968, fonda OP, “Osservatorio Politico Internazionale”, un periodico scandalistico secondo molti uno strumento, legato ai servizi segreti, di ricatto e condizionamento del mondo politico. Per altri invece Pecorelli è un giornalista d’assalto, anche se indubbiamente ispirato da ambienti ambigui. L’unica certezza è che il direttore di OP è realmente legato ad alcuni corpi dello stato. Lo riferisce Nicola Falde, colonnello del SID dal 1967 al 1969, lo testimoniano si suoi legami con Vito Miceli, capo del servizio segreto militare dal 1970 al 1974 e – stando ad alcune testimonianze – anche con il gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa.OP si configura come un’agenzia di stampa che, attraverso grosse rivelazioni, sembra lanciare messaggi cifrati e spesso ricattatori. Dal marzo del 1978 OP diventa un settimanale: anticipa lo scandalo dei petroli, destinato ad esplodere anni dopo e soprattutto mostra di sapere moltissimo sul caso Moro.Chi ha ucciso Pecorelli? In oltre vent’anni di indagini sono state battute le piste più disparate: l’estremismo di destra, la massoneria deviata, fino ad Andreotti in combutta con la mafia e ancora con la destra estrema. Risultato: l’assoluzione, a Perugia, dell’ex presidente del consiglio e di tutti gli altri imputati.

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