In Italia, l’espressione “il gioco non vale la candela” è parte integrante del linguaggio quotidiano e viene utilizzata per indicare un’impresa il cui risultato non giustifica lo sforzo o il rischio sostenuto.
Sebbene molto diffusa, l’origine di questo modo di dire resta poco conosciuta e merita di essere approfondita, soprattutto per comprendere le radici culturali e storiche che ne hanno favorito la diffusione.
Il significato profondo di “il gioco non vale la candela”
L’enciclopedia Treccani definisce questo modo di dire come un riferimento a situazioni in cui il sacrificio o il pericolo superano il valore dell’obiettivo perseguito. In poche parole, si tratta di un monito a non intraprendere azioni che, per quanto ipoteticamente vantaggiose, risultano, in realtà, svantaggiose o inefficaci rispetto all’impegno richiesto.
Un’espressione affine nella lingua italiana è “è più la spesa che l’impresa”, che sottolinea lo stesso concetto di uno squilibrio tra il costo sostenuto e il beneficio ottenuto. Entrambi i modi di dire vengono usati per scoraggiare decisioni poco convenienti o avventate.
Le origini storiche: dal Cinquecento a Montaigne
La genesi del detto “il gioco non vale la candela” risale alla fine del XVI secolo e si attribuisce comunemente al filosofo e politico francese Michel de Montaigne. Montaigne osservò come i giocatori di carte delle osterie trascorressero le serate spesso sperperando denaro e tempo, in un’attività che non sempre giustificava il prezzo pagato.
Prima dell’avvento dell’illuminazione elettrica, i locali venivano illuminati esclusivamente da candele e lampade a olio. Alla fine della serata, i giocatori dovevano pagare all’oste il costo delle candele consumate. Quando la posta in gioco risultava modesta, si diceva che la partita non era valsa nemmeno il prezzo della candela. Da questa pratica nasce il proverbio, che si è radicato non solo in Italia, ma anche in Francia – con la forma “le jeu n’en vaut pas la chandelle” – e in Inghilterra, dove si usa “the game isn’t worth the candle”.
La variante religiosa: “il santo non vale la candela”
Un’interessante evoluzione di questo modo di dire è la variante “il santo non vale la candela”, diffusa soprattutto nella Svizzera italiana. Qui il riferimento si sposta dal mondo del gioco a quello religioso: l’espressione indica un santo considerato incapace di compiere miracoli, tale per cui non meriterebbe nemmeno l’accensione di un cero votivo a lui dedicato.
Questa variante sottolinea come il concetto di inutilità o scarsa convenienza possa essere applicato anche in contesti simbolici e spirituali, ampliando così il campo di utilizzo della formula originale.
Il modo di dire “il gioco non vale la candela” continua a essere un’espressione efficace e ricca di storia, testimonianza di un passato in cui l’illuminazione a candele era parte integrante della vita quotidiana e delle consuetudini sociali legate al tempo libero e al gioco.

 Detto il gioco non vale la candela
Detto il gioco non vale la candela












