Cultura

CRONOLOGIA DELLA VICENDA GIUDIZIARIA

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Nel dicembre 2001 l’Italia rimase scossa da una delle vicende giudiziarie più note della cronaca nera. A Torino, il Tribunale per i minorenni emise la sentenza per il duplice omicidio di Susy Cassini e del figlio Gianluca De Nardo, un delitto che coinvolse la stessa figlia e sorella delle vittime, Erika De Nardo, e il suo fidanzato Mauro Favaro, conosciuto come Omar.

L’intera vicenda, durata oltre un decennio tra processi, appelli e decisioni della Corte di Cassazione, seguì un percorso complesso che mise in luce il difficile equilibrio tra giustizia minorile, recupero e responsabilità personale.

La condanna del Tribunale per i minorenni di Torino

Il 14 dicembre 2001, i giudici del Tribunale per i minorenni di Torino condannarono Erika De Nardo a 16 anni di reclusione e Mauro Favaro a 14 anni per l’uccisione di Susy Cassini e Gianluca De Nardo.
Il processo, celebrato con rito abbreviato, seguì un’intensa fase istruttoria durante la quale il pubblico ministero chiese pene più severe: 20 anni per Erika e 16 per Omar.

Le difese puntarono sull’incapacità di intendere e di volere al momento del delitto, chiedendo per Erika il riconoscimento di un vizio parziale di mente, mentre per Omar fu proposta la sospensione del procedimento e la messa alla prova. Nessuna di queste richieste fu accolta, e la sentenza segnò il primo punto fermo di una storia destinata a restare nella memoria collettiva.

Le conferme in appello e il giudizio della Cassazione

Il 30 maggio 2002, la Corte d’Appello del Tribunale per i minorenni di Torino confermò le pene inflitte in primo grado, ritenendo pienamente valide le prove e le motivazioni della sentenza.

L’anno successivo, il 9 aprile 2003, la prima sezione penale della Corte di Cassazione respinse i ricorsi presentati dai legali dei due giovani, rendendo definitive le condanne: 16 anni per Erika e 14 per Omar. Con questa decisione si chiuse la fase processuale principale, lasciando spazio solo a questioni legate alla detenzione e al futuro percorso di rieducazione dei due colpevoli.

Le indagini collaterali e il processo a Fabio Clemente

Il 16 maggio 2003, durante l’udienza preliminare svoltasi ad Alessandria, Erika De Nardo venne chiamata a testimoniare nel procedimento contro Fabio Clemente, un amico della coppia accusato di aver ceduto droga ai due ragazzi prima del delitto.
Nel corso dell’udienza, Erika scagionò Clemente, sostenendo che non avesse fornito alcuna sostanza stupefacente né a lei né a Omar.

Clemente aveva sempre negato le accuse, e un altro giovane di Novi Ligure, coinvolto marginalmente, aveva scelto di patteggiare un anno e due mesi di reclusione. Successivamente, nel novembre 2003, lo stesso Clemente patteggiò una pena di un anno e cinque mesi, chiudendo così una vicenda parallela ma strettamente connessa al caso principale.

Il passaggio nelle carceri per adulti e le richieste respinte

Raggiunta la maggiore età, i due protagonisti della vicenda lasciarono gli istituti minorili.
Il 14 maggio 2004, Omar Favaro, al compimento dei 21 anni, fu trasferito dal Ferrante Aporti di Torino a un carcere ordinario.
Un anno dopo, il 28 aprile 2005, anche Erika De Nardo varcò la soglia della sezione femminile del carcere di Brescia.

Pochi giorni dopo, il 7 maggio 2005, la Corte di Cassazione respinse la richiesta di trasferimento di Erika in una comunità terapeutica.
Secondo la sentenza, presieduta dal giudice Mario Sossi, mancava ancora il “requisito del sicuro ravvedimento”, elemento necessario per prevedere una ridotta possibilità di recidiva.

Nonostante questo, il 21 maggio 2005, dopo quattro anni di detenzione, Erika ottenne per la prima volta un permesso orario, che le permise di partecipare a una partita di pallavolo fuori dal carcere, segnale di un parziale avanzamento nel suo percorso di reinserimento.

Gli anni di studio e la semilibertà di Omar

Nel corso della detenzione, Erika De Nardo cercò di ricostruire la propria vita puntando sull’istruzione. Il 23 aprile 2009, all’età di 25 anni, si laureò in Lettere nel carcere di Brescia, ottenendo il massimo dei voti (110 e lode) con una tesi dedicata al pensiero filosofico di Socrate.

Nel frattempo, Omar Favaro ottenne a gennaio 2010 il beneficio della semilibertà, che gli permise di lavorare come giardiniere in una cooperativa di Asti impegnata nella manutenzione delle aree verdi.

Dopo nove anni di detenzione, il 3 marzo 2010, Omar terminò la pena e tornò libero, chiudendo definitivamente il suo debito con la giustizia.

La libertà vigilata e il reinserimento di Erika De Nardo

Nel ottobre 2011, Erika lasciò il carcere di Brescia per entrare nella comunità Exodus di Don Mazzi, una struttura di accoglienza dedicata al recupero dei detenuti.
Dopo un periodo di affido e di osservazione, il 5 dicembre 2011, grazie ai benefici legati alla buona condotta, la giovane tornò in libertà, avendo scontato integralmente la propria pena dopo quasi undici anni di reclusione.

La storia di Erika De Nardo e Omar Favaro, iniziata tragicamente a Novi Ligure nel 2001, rimane uno dei casi più discussi della cronaca italiana contemporanea, simbolo di una riflessione ancora aperta sul confine tra giustizia, responsabilità e possibilità di riscatto.

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