LA   NEWSLETTER   DI   MISTERI   D'ITALIA

          Anno 7 - Numero 107/108 (numero doppio)                      30 gennaio 2005

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IN QUESTO NUMERO:

MEDIORIENTE:
TRIONFO DI HAMAS,
MA ALMENO ORA TUTTO È PIÙ CHIARO

Prevedibile. Tutto prevedibile, senza tener conto che c’era anche chi lo aveva previsto.

E adesso le geremiadi del mondo occidentale di fronte alla vittoria di Hamas alle elezioni palestinesi lascerebbero solo spazio all’ironia e al dileggio se non ci trovassimo al cospetto di una svolta politica dagli sviluppi - questi sì - imprevedibili ed oscuri, per non dire drammatici e forse tragici.

La presa democratica del potere in quel che resta della Cisgiordania e nella “prigione” di Gaza, resa unilateralmente libera da Sharon, da parte di una componente islamica a forte connotato religioso offre spazio d alcune riflessioni che devono essere utili per il futuro incerto cui si avvia il processo di pace in medoriente, ammesso che ancora ne esista uno.

  1. la dissennata politica di destabilizzazione del medioriente, cominciata dall’amministrazione americana con l’invasione dell’Iraq, sta dando i suoi frutti: l’Iran è nelle mani di un pazzo visionario; il Libano, con il rafforzamento della destra cristiana in funzione anti Hezbollah, sta correndo verso il precipizio di una nuova guerra civile; in Egitto cresce il potere dei Fratelli musulmani; sulla Palestina si stende il manto dell’integralismo islamico religioso (oltretutto armato fino ai denti); per non parlar dell’Iraq in fiamme da quasi tre anni.
  2. Ariel Sharon si conferma il vero creatore di Hamas. La sua politica si dimostra per quella che è stata: non una politica che mirava alla pace, come solo ciechi commentatori potevano credere, ma una politica di guerra. Non basta restituire lo scatolone di sabbia di Gaza ai palestinesi, sottraendogli contemporaneamente spazi vitali in Cisgiordania e al contempo costruire un vergognoso muro che rende ancora più disperate vite già miserabili, per iscriversi al club della Pace, quella con la P maiuscola.
  3. La pace si fa in due. Se chi tratta disprezza l’avversario (sia esso Abu Mazen o qualcun altro) e assume decisioni unilaterali, deleggitima la controparte, la indebolisce e quindi favorisce chi di quella controparte è nemica. La logica israeliana è ancora quella americana: il nemico del mio nemico è mio amico. Basti ricordare l’Afghanistan del 1979 e la mano di Osama bin Laden armata proprio dagli americani. Ma è difficile annoverare tra gli “amici” gli integralisti di Hamas.
  4. Il risultato è che uno dei popoli più laici e intellettualmente progrediti di tutta l’area mediorientale ha finito con il riversare, per disperazione certo, la stragrande maggioranza dei suoi voti su personaggi che hanno fatto del fanatismo la loro religione.
  5. Ora il mondo occidentale grida allo scandalo, mentre USA e Israele tuonano il solito “non si tratta con i terroristi”.
  6. Eppure alla fine tratteranno. E’ già accaduto quando nello statuto dell’OLP stava scritto della distruzione dello Stato d’Israele e Rabin, con Perez dietro le quinte, trattava con Arafat fin sulle soglie della pace incompiuta di Oslo. Fu quello di Rabin (non a caso eliminato dalla destra israeliana), Perez e Arafat il massimo risultato mai raggiunto da trattative di pace in medioriente. E i tre vinsero della Pace il premio Nobel.
  7. Oggi in medioriente la tragedia è imminente. Ma va riconosciuto che le elezioni hanno portato un elemento di chiarezza. Se si riprenderà a trattare, come è comunque augurabile ed auspicabile, non saranno più possibili, da entrambe le parti, i soliti giochetti levantini. Non potrà più accadere che mentre l’ANP tratta, Hamas lanci i suoi kamikaze su inermi cittadini israeliani. Né che mentre si svuota Gaza di coloni, degli stessi coloni si riempia la Cisgiordania.

Adesso il re è davvero, drammaticamente, nudo.

 

LOTTA AL TERRORISMO:
I SEQUESTRI E LE TORTURE DELLA CIA

Sono oltre cento le persone sequestrate negli ultimi anni in Europa dalla CIA e trasferite in paesi dove sono state sottoposte a tortura. Forse i governi, ma certamente i servizi segreti di tali Stati erano sicuramente informati di queste consegne forzate.

E' quanto emerge dal rapporto provvisorio del senatore svizzero Dick Marty presentato al Consiglio d’Europa.

Non ci sono invece “prove inconfutabili” dell'esistenza di carceri segrete in Europa, ma l'inchiesta prosegue e la commissione, cui aderiscono 46 paesi, è sempre in attesa delle risposte delle nazioni cui è stato inviato un questionario che deve essere riconsegnato entro il prossimo 21 febbraio.

Il rapporto Marty fa seguito a quello preliminare presentato dal senatore il 13 dicembre scorso e precisa i contorni dei sequestri e delle torture.

Citando funzionari statunitensi, il parlamentare svizzero, ex procuratore, scrive che “numerosi indizi, coerenti e convergenti, permettono di sostenere l'esistenza di un sistema di delocalizzazione e di subappalto delle torture”.

Marty, nel rapporto, dedica ampio spazio alla vicenda dell'imam Abu Omar, sequestrato a Milano e trasferito in Egitto.

Il senatore liberale svizzero, nella relazione, sostiene anche che “l’amministrazione americana sembra partire dal principio che le regole dello stato di diritto e dei diritti umani non sono conciliabili con una lotta efficace contro il terrorismo” e che la “delocalizzazione della detenzione a Guantanamo e altrove” e “le detenzioni clandestine facilitano il ricorso alla tortura ed a trattamenti degradanti”.

 

LOTTA AL TERRORISMO (2):
NUOVO CODICE MILITARE AUTORIZZA ESECUZIONI

I detenuti di Guantanamo, se condannati da una corte marziale per terrorismo, potranno essere giustiziati anche nella stessa base americana a Cuba.

E’ quanto prevede il nuovo codice adottato dall'esercito statunitense, che stabilisce il luogo delle esecuzioni “imposte da una corte marziale o da tribunali militari e autorizzate dal presidente degli Stati Uniti”.

In precedenza il solo luogo deputato a questo genere di esecuzioni era Fort Leavenworth, nel Kansas.

Sono solo 10 i detenuti di Guantanamo incriminati e portati davanti ad una commissione militare speciale per il processo, nessuno, però, per reati che prevedono la pena capitale.

 

ALTA VELOCITA': LA BUFALA DELLA ROMA-NAPOLI

Sono in molti a credere che sia ormai attiva e funzionante la linea ferroviaria ad alta velocità Roma-Napoli. Lo sono perché un’informazione distorta li ha convinti di questo. Ma non è così.

Nonostante sia stata inaugurata in pompa magna alla fine dello scorso anno, a tuttoggi la linea non è aperta al traffico passeggeri. Per ora funziona solo ad inviti: gruppi di scolaresche, soprattutto. Solo fra qualche mese - se tutto va bene - entreranno in funzione due (sic!) treni, destinati a passare ad otto: quattro sulla Firenze-Napoli e quattro sulla Roma-Napoli. Ma non basta. La linea ad alta velocità per ora è ancora una chimera: non sono mai cominciati, infatti, i lavori per il superamento dei nodi ferroviari di Napoli e di Roma, indi per cui si viaggia ad alta velocità fino in prossimità delle due stazioni, cosicché l’uscita e l’entrata da Roma e Napoli avverrà ancora per molto tempo (si parla di almeno due anni, ma è un calcolo ottimista) continuerà ad avvenire sulla linea tradizionale.

A conferma che almeno per molto tempo la linea ad alta velocità Roma-Napoli sia una bufala basta leggere una nota rilasciata di recente da Trenitalia che dice testualmente: la presentazione del nuovo treno che farà servizio “è in divenire e non ha delle date precise: molti servizi devono essere ancora sperimentati e messi a punto”.

E adesso qualche dato per capire che l’alta velocità Roma-napoli non è solo una bufala, ma anche una vera e propria truffa: la costruzione dellalta velocità ferroviaria Roma-Napoli cominciò nel lontano 1994 e la nuova linea ferroviaria doveva essere pronta per il 2000, anno del Giubileo. Ammettendo che - come sostiene Trenitalia - la linea sarà completata nel 2008, per costruire 204 chilometri ci saranno voluti 14 anni, come dire 14 chilometri all’anno, cioè poco più di un chilometro al mese.

I costi sono all’altezza della situazione: 5,2 miliardi di euro (qualcosa come 10 mila miliardi delle vecchie lire) per il tratto ferroviario Roma-Napoli; 0,7 miliardi di euro per il nodo ferroviario di Roma; 0,4 miliardi di euro per il nodo ferroviario di Napoli. Totale: 6,3 miliardi di euro, come dire 32 milioni di euro (64 miliardi delle vecchie lire) al chilometro. Se i binari li costruivano in oro massiccio costavano meno!

Un ultimo dato: nel 1994 il costo preventivato della Roma-Napoli era di 3.900 miliardi (circa 2 miliardi di euro). Oggi siamo a 5,2 miliardi. Con otto anni di ritardo.

 

   OMICIDIO CALIPARI:
INCHIESTA CONCLUSA

Il 17 gennnaio scorso, a meno di un mese dalla sua iscrizione sul registro degli indagati, la procura di Roma ha concluso l'inchiesta a carico del 35/enne militare americano Mario Lozano, accusato di omicidio volontario, seppure con il dolo eventuale, e di duplice tentato omicidio in relazione alla morte del funzionario del Sismi Nicola Calipari e al ferimento della giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena e del maggiore del servizio segreto militare, Andrea Carpani che era alla guida della Toyota Corolla raggiunta da “fuoco amico” la sera del 4 marzo scorso, mentre percorreva la strada verso l'aeroporto di Bagdad.

Pur prendendo atto del persistente silenzio delle autorità statunitensi, per le quali il caso Calipari è da considerare chiuso alla luce delle conclusioni raggiunte dalla commissione congiunta, i magistrati romani del pool antiterrorismo, i pm Franco Ionta, Pietro Saviotti ed Erminio Amelio, hanno ritenuto di depositare gli atti, mettendoli a disposizione delle parti, passo che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio anche se chi indaga sa benissimo che Lozano non sarà mai messo a disposizione dell'autorità giudiziaria italiana.

Gli USA, infatti, non solo non hanno mai risposto alle varie rogatorie inoltrate dalla procura, ma potrebbero sempre far scattare la riserva di giurisdizione che impedisce che propri soldati vengano giudicati da tribunali stranieri.

Il militare americano di origine italiana - 35 anni, newyorkese del Bronx, due figlie di 12 e 15 anni, appartenente alla New York Army National Guard - quel giorno svolgeva il compito di mitragliere del veicolo di blocco al Check point 541, disposto sulla Route Irish, strada che collega il centro di Baghdad all’aeroporto.

Il suo reparto, il Battaglione di artiglieria, era arrivato nella capitale irachena il 22 febbraio e dal giorno successivo faceva affiancamento con l’unità precedentemente impiegata nel sito, il Battaglione C. Quella del 4 marzo era l’ultima sera di affiancamento.

Lozano aveva molteplici compiti: doveva rimanere nella torretta, rivolto verso Nord in direzione della sommità della rampa verso il traffico entrante. Di lì egli doveva azionare una torcia manuale ad alto potenziale da tremilioni di candele, che doveva accendere in direzione dei veicoli in avvicinamento.

Qualora le segnalazioni luminose fossero risultate inefficaci, avrebbe dovuto sparare colpi di avvertimento, mirando a sinistra del veicolo che stava percorrendo la rampa. A quel punto, se il veicolo avesse continuato ad avvicinarsi, avrebbe dovuto riallineare l’arma e usarla per disabilitare il veicolo, mirando al motore ed alle ruote. Infine, qualora il veicolo non si fosse ancora fermato, avrebbe dovuto continuare a sparare per ingaggiare anche l’abitacolo del veicolo.

Solo 5 giorni prima il militare era stato riaddestrato all’uso della mitragliatrice M240B.

Di Lozano adesso si sarebbero perse le tracce: al suo domicilio di New York non risponde più nessuno e, secondo fonti investigative, si sarebbe trasferito in un’altra località, attualmente sconosciuta.

 

OMICIDIO CALIPARI (2):
APPREZZAMENTO PER IL LAVORO DELLA PROCURA DI ROMA.
MA I SOSPETTI CONTINUANO

Apprezziamo il lavoro della Procura della Repubblica di Roma che, in condizioni veramente difficili, ha fatto tutto quello che era possibile per l’accertamento della verità e delle responsabilità”.

Così l’avv. Franco Coppi, legale della vedova di Nicola Calipari, ha commentato la notizia della chiusura delle indagini della magistratura romana per la morte del funzionario del Sismi.

L’imputazione di omicidio volontario ci sta tutta”, ha aggiunto il penalista riguardo alla iscrizione nel registro degli indagati di Mario Lozano, il soldato statunitense che la sera del 4 marzo 2005 sparò sulla Toyota Corolla.

Intanto avanzano nuove ipotesi sull’assassinio di Calipari. Secondo il sen. Gigi Malabarba, di Rifondazione comunista, componente del Comitato di controllo sui servizi segreti, “l’attacco all’auto del Sismi fu deciso nella sede dell’ambasciata Usa a Baghdad e coordinato personalmente da John Negroponte per imporre all’alleato italiano la linea della fermezza nella gestione degli ostaggi”.

Sempre secondo Malabarba che “i militari Usa stessero seguendo gli spostamenti dell’auto di Calipari, Carpani e Giuliana Sgrena è incontestabile. Che la logica conseguenza di quel check point fosse l’attacco e l’uccisione quindi volontaria è altrettanto innegabile”.

 

DELITTO DI COGNE:
SANGUE DI SAMUELE SULLA PORTA DI CASA

Spunta una nuova macchia di sangue nell’inchiesta infinita sul delitto di Cogne. Si tratta di una macchia del sangue del piccolo Samuele, rinvenuta grazie al luminol davanti alla porta di casa Lorenzi, a Cogne. Una traccia che potrebbe favorire Annamaria Franzoni nella sua battaglia giudiziaria.

L’analisi della nuova macchia di sangue è contenuta in una perizia consegnata al Gip Pier Giorgio Grosso e in cui si spiega che: “positivo per materiale genetico della vittima è risultato il campionamento sulla pavimentazione esterna alla soglia della porta d'ingresso. Nulla può dirsi con certezza circa l’origine di tale traccia, così come l’originaria appartenenza a una traccia ematica”.

Dal momento che né la Franzoni, né i soccorritori passarono davanti alla porta di casa la mattina del delitto, ciò potrebbe significare che in quel tratto sarebbe passato l’assassino. Restano comunque due elementi discordanti. Nella perizia si sostiene, infatti, che, non attraverso, ma di fronte alla porta transitarono “gli operatori sanitari, intervenuti la mattina del 30/1/2002: prelevarono Samuele dal giardino antistante la camera da letto e, nel trasportarlo all’elicottero, salirono le scale esterne che conducono alla porta d'ingresso dell'abitazione, percorrendo proprio il tratto antistante la porta stessa”. Ovvio, allora, che una macchia di sangue sarebbe potuta cadere dal corpo del bimbo. Due dei soccorritori, però, assicurano di aver fatto un altro percorso.

Dai verbali dei carabinieri di Aosta risulta che il dottor Leonardo Iannizzi escluse ai carabinieri di Aosta di essere passato davanti alla porta e disegnò su una foto della villetta il tragitto che aveva fatto. E la guida alpina Ivano Bianchi, sempre ai carabinieri di Aosta, confermò di non essere passato nel punto dove è stata trovata la traccia di sangue.

 

DELITTO DI COGNE (2):
COMINCIATA LA PERIZIA PSICHIATRICA
SULLA  FRANZONI

Sono quattro gli specialisti che devono stabilire se Anna Maria Franzoni, accusata di aver ucciso suo figlio Samuele, era sana di mente o meno al momento del delitto.

Si tratta di Gaetano De Leo, Ivan Galliani, Giovanni Battista Traverso e Franco Freilone, i quali proprio nei giorni scorsi hanno cominciato a guardare le prime carte e ad ascoltare i medici che si sono dovuti occupare di Annamaria.

I primi ad essere ascoltati sono stati i componenti dello staff sanitario del carcere delle Vallette all’epoca (era il 2002) in cui la donna vi era rinchiusa: dallo psichiatra Elvezio Pirfo alla responsabile della sezione femminile fino al medico di guardia che fu convocato d’urgenza una notte, quella del 15 marzo, in cui la detenuta ebbe una crisi di nervi.

I periti lavoreranno al fianco di Ugo Fornari, consulente della procura generale, e di Giancarlo Nivoli, consulente del difensore della donna, Carlo Taormina.

Gli specialisti, che su indicazione della Corte devono esplorare “il funzionamento mentale e in generale psichico” della Franzoni, si sono subito molto interessati al periodo trascorso dalla mamma di Samuele alle Vallette.

Al processo di primo grado, la madre di Samuele era stata giudicata sana di mente dai periti del giudice Eugenio Gramola, ma il consulente Fornari espresse forti perplessità e, in appello, il pg Vittorio Corsi ha sottolineato che non erano mai state esaminate le cartelle cliniche relative alla detenzione della donna.

Si tratta di un diario medico - lungo 17 pagine - in cui lo pischiatra Pirfo, solo per fare un esempio, annotò l’impressione che Annamaria versasse molte lacrime, ma senza quel “vissuto d’angoscia” che ci si aspettava.

Annamaria, dal canto suo, ha già fatto sapere più volte di non volere sottoporsi a un secondo test, e con lei tutti i suoi familiari. I periti l’hanno convocata per la fine del mese di gennaio all’istituto di medicina legale di Modena, ma quasi certamente Annamaria Franzoni non ci andrà.

Per questo i periti non possono che affidarsi ai colloqui con i medici che l’hanno seguita, compresa la sua amica Ada Satragni, psichiatra, e alle carte dove sembra essere nascosto materiale considerato assai interessante, oltre alle numerose interviste televisive e ad “fuori onda” in cui si sente la Franzoni domandare se aveva pianto troppo durante il programma. Ci sono poi da analizzare una serie di conversazioni tra la donna e i familiari, intercettate dai microfoni dei carabinieri.

 

BIMBA UCCISA CON UN CALCIO:
PROCESSO ALLA MADRE L’8 GIUGNO

E’ stato fissato per il prossimo 8 giugno il processo a carico di Elena Romani, la hostess di 31 anni accusata di omicidio preterintenzionale per la morte della figlia Matilda, di 22 mesi, avvenuta nel luglio scorso.

La donna, dopo un periodo in carcere, si trova ora agli arresti domiciliari nell’abitazione  della madre, a Senago.

Secondo l' accusa, il 2 luglio 2005 Elena Romani avrebbe ucciso con un calcio la figlia in un momento di rabbia. La tragedia accadde a Roasio, nel Vercellese, nella casa di Antonio Cangialosi, allora fidanzato della Romani.

I difensori della donna, Roberto Scheda e Tiberio Masseroni, hanno presentato richiesta di rito immediato, e questo  ha consentito di evitare l' udienza preliminare, che era stata fissata per il 10 gennaio scorso.

 

DELITTO DI LIMIDI:
L’INCHIESTA RIPARTE DA ZERO (O QUASI)

Ripartono da una nuova superperizia le indagini sul delitto di Limidi di Soliera, nel Modenese, dove il 12 settembre 2001 venne ucciso il 14/enne Matteo Nadalini, soffocato con un sacchetto stretto sulla testa durante quello che apparve come un tentativo di rapina finito tragicamente.

La madre del ragazzo, Paola Mantovani, è sospettata di essere la responsabile dell’uccisione del figlio, ma la donna si è sempre proclamata innocente.

Il tribunale di Modena, durante una brevissima udienza tecnica, ha affidato una nuova perizia biologica sui reperti raccolti nella villetta di Limidi. Il Gip Alberto Ziroldi ha affidato la perizia al prof. Vincenzo Pascali, dell'Istituto di medicina legale dell'università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, mentre il Pm Fausto Casari ha nuovamente incaricato delle indagini gli esperti del Ris di Parma.

Nelle scorse settimane il giudice aveva deciso di non utilizzare le prime perizie svolte dallo stesso Ris, sui reperti raccolti nelle ore immediatamente successive al delitto. Quegli esami avevano riscontrato la presenza di saliva della madre di Matteo sul nastro adesivo utilizzato per chiudere il sacchetto calato sul capo di Matteo. Ma Paola Mantovani, nel momento in cui erano stati raccolti ed esaminati quei reperti, non era ancora indagata e quindi non avrebbe potuto difendersi adeguatamente. Su questo aspetto i difensori della donna avevano chiesto un pronunciamento della Corte costituzionale.

E’ dunque necessario ripartire da capo, sottoponendo a nuova perizia anche altri oggetti trovati nella villetta, come guanti, nastro adesivo e forbici: potrebbero esservi rinvenute tracce biologiche anche di altre persone che potrebbero averli utilizzati.

La presenza del Dna di altri soggetti rafforzerebbe la tesi della difesa, secondo cui Matteo sarebbe morto per mano di un rapinatore, entrato nella villetta e poi fuggito.

Dopo l'affidamento della perizia, tutto il procedimento è stato aggiornato al prossimo 22 maggio.

 

SEQUESTRO EMANUELA ORLANDI:
PER ALI’ AGCA FU PORTATA NEL LICHTENSTEIN

In una lettera pubblicata dal quotidiano turco Hurriyet, Alì Agca, l’attentatore del papa, ha sostenuto che Emanuela Orlandi, ma anche Mirella Gregori, entrambe scomparse a Roma, sarebbero state condotte segretamente nel Lichtenstein.

Un circostanza, questa, che non viene ritenuta attendibile dall’ex magistrato Ferdinando Imposimato, secondo il quale Alì Agca “mischia come sempre il vero con il falso”.

 

ATTENTATO AL PAPA:
AGCA USCIRA' DI PRIGIONE NEL 2010

Riarrestato il 20 gennaio scorso a Istanbul e subito riportato in carcere, Mehmet Ali' Agca potrà uscire di prigione soltanto fra quattro anni, nel 2010.

L’ex militante del gruppo di estrema destra dei Lupi Grigi, che il 13 maggio 1981 a Roma tentò di assassinare in piazza San Pietro papa Giovanni Paolo II, era stato scarcerato il 12 gennaio, ma solo a causa di un errore della procura turca nel calcolo della pena effettivamente scontata.

In base alla legge turca, infatti, i diciannove anni di carcere scontati in Italia dal mancato assassino di Karol Wojtyla erano stati inizialmente dedotti dai 25 anni di reclusione cui era già stato condannato in patria per altri delitti risalenti agli anni '70, tra cui alcune rapine e soprattutto l'omicidio del direttore di un giornale.

La Corte Suprema aveva però sentenziato che non esiste alcun fondamento giuridico per la deduzione del periodo, trascorso da Agca nelle carceri italiane, dalla pena da scontare per i crimini da lui perpetrati in Turchia. I magistrati hanno dunque dovuto ricalcolare da capo i tempi delle sua detenzione residua, anche perché in un primo momento erano stati commessi pure banali errori di conteggio.

 

POLIZIOTTI DELLA UNO BIANCA:
IL PERCHE’ DELLA RICHIESTA DI PERDONO

E’ passata quasi in sordina la notizia che uno dei fratelli Savi, il più giovane, Alberto, con una lettera indirizzata ad Anna Stefanini, madre di uno dei tre carabinieri uccisi al Pilastro la notte del 4 gennaio 1991, avesse chiesto perdono. 

La notizia ha un retroscena: si sta infatti avvicinando il momento in cui i tre fratelli Savi, condannati ad altrettanti ergastoli per aver assassinato 24 persone in un lasso di tempi di sette anni e mezzo, potranno godere dei benefici della legge Gozzini e cominciare ad usufruire di permessi premio.

Catturati sul finire del 1994, i tre fratelli - due poliziotti - della banda della Uno bianca nel 2007, cioè il prossimo anno, potrebbero addirittura aspirare alla semilibertà. Se ottenessero un qualche consenso dai familiari delle vittime, per loro l’uscita dal carcere sarebbe più facile.

 

TERRORISMO INTERNAZIONALE:
DIRETTORE INTELLIGENCE SIRIA
INSERITO IN LISTA NERA USA

Il direttore dell'intelligence militare siriana, Asef Shawkat, è stato inserito nella lista nera del terrorismo da parte del ministero del Tesoro americano che ha ordinato il blocco di ogni attività finanziaria che lo riguarda.

Shawkat è accusato di alimentare il terrorismo contro Israele e di appoggiare l'intrusione siriana in Libano.

Gli USA lo accusano di aver cooperato per finalità di terrorismo con organizzazioni come Hamas, Hezbollah e la Jihad islamica palestinese.

 

TERRORISMO ITALIANO:
VICENDA ITALIANO SOSPETTATO IN FRANCIA

Non ha trovato ancora una soluzione la vicenda di Angelo D’Arcangeli, uno studente italiano di 21 anni che studia a Parigi e che era stato arrestato nel luglio scorso con l’accusa di avere legami con un gruppo clandestino di estrema sinistra.

Il giovane, originario di Terracina, in provincia di Latina, era arrivato in Francia nel novembre 2004 per proseguire i suoi studi in scienze politiche. La polizia antiterrorismo francese lo sospetta di aver coperto la clandestinità di due esponenti dell'estrema sinistra italiana riparati oltralpe: Giuseppe Maj, 66 anni, e Giuseppe Czeppel, 45.

I due sono stati arrestati nel maggio scorso e il 19 luglio anche Angelo D'Arcangeli è finito in manette, ammetendo solo di essere “vicino” all’organizzazione “dei compagni Maj e Czeppel”.

D’Arcangeli  è rimasto detenuto nella prigione di Fresnes, nella periferia sud della capitale, per quattro mesi. Ora Angelo è ancora sotto controllo giudiziario: ogni settimana deve presentarsi al commissariato della città di Saint-Denis, a nord di Parigi, e non può lasciare la Francia.

 

TERRORISMO ANNI ‘70:
I DESIDERI PRIVATI DI GUDRUN ENSSLIN

Quali sono i desideri di un terrorista detenuto?

Un libro appena uscito in Germania, umanizzando una severa militante politica, ne umanizza i contorni, raccontandoci quelli tutti privati di Gudrun Ensslin, la terrorista tedesca tra i fondatori della Rote Armee Fraktion (RAF), ufficialmente “suicidatasi” nel 1977 in una cella d’isolamento del carcere di Sthammein, contemporaneamente ad altri due suoi compagni. 

Il 20 giugno 1972, alla sorella Christiane, la Ensslin chiese di portarle in carcere, tra l'altro, una spazzola per i capelli, uno shampoo alla lanolina, tre confezioni di un prodotto per rivitalizzare il capello (“lo trovi dal parrucchiere”), una matita per il trucco (“marrone, della Revlon”), una crema idratante (“che sia abbastanza grassa”), delle forbicine per le unghie, una pinzetta, un deodorante (“Rubinstein tipo roll-on”), olio per il corpo Weleda, un paio di calzettoni lana, un paio di collant lisci (“neri, per esempio”).

La Ensslin chiedeva alla sorella anche libri: numerosi volumi di contenuto politico, ma anche le Fiabe di Andersen, le poesie di Ezra Pound, due pubblicazioni porno (“qualsiasi”), opere del marchese De Sade e due o tre libri in inglese.

Le richieste di articoli privati di vario genere da parte di Gudrun Ensslin alla sorella continuarono nei mesi e anni seguenti: per Natale chiedeva dolci e specialità tipiche, in particolare il “panpepato di Norimberga”.

Nata nel 1940, Gudrun Ensslin era la compagna di Andreas Baader che assieme a Ulrike Meinhof dette nome alla banda. Arrestata nel 1972 venne accusata di quattro omicidi, 34 tentati omicidi e sei attentati dinamitardi ed in seguito condannata all'ergastolo.

La Rote Armee Fraktion dichiarò ufficialmente il suo scioglimento molti anni dopo, nel 1998.

 

TERRORISMO ANNI ‘70:
PER LA FIGLIA DI MEINHOF
COMPLICITA’ DELLA RAF
NELLA STRAGE DI MONACO 1972

Si torna a discutere del possibile appoggio che gli uomini della Rote Armee Fraktion (RAF, Frazione dell’Armata Rossa) avrebbero dato ai terroristi palestinesi di Settembre Nero che nel settembre 1972 attaccarono il villaggio olimpico a Monaco di Baviera: l’attacco dell teste di cuoio tedesche provocò in seguito la morte di undici atleti israeliani.

L’occasione per il riaccendersi del dibattito è stato fornito in Germania dall’uscita nelle sale cinematografiche di Munich, il film di Steven Spielberg.

Secondo Bettina Roehl, figlia di Ulrike Meinhof, tra gli esponenti di punta della RAF, già nel 1970 la madre e altri suoi compagni erano stati in campi di addestramento alla guerriglia in Giordania. Tra gli istruttori ci sarebbe stato anche Alì Hassan Salameh, il principale organizzatore dell'attacco al villaggio olimpico a Monaco.

Sempre secondo Bettina Roehl, “Ulrike Meinhof conosceva personalmente alcuni dei mandanti” dell'attacco a Monaco.

Secondo il quotidiano tedesco Bild Zeitung, “la simpatia della Meinhof per gli attentatori di Monaco è dimostrata anche dalle sue folli affermazioni fatte nel 1973 e nelle quali esprimeva odio contro Israele e solidarietà con i terroristi palestinesi”. Il giornale riporta anche le parole della Meinhof con riferimento all'attacco al villaggio olimpico: “E' stata un’azione autenticamente proletaria come non se ne vedevano dall’uccisione di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht”.

 

TERRORISMO SPAGNOLO:
ANNULLATA CONDANNA AL CARCERE
PER PORTAVOCE BATASUNA

La Corte suprema spagnola ha annullato la sentenza con cui si condannava a 15 mesi di carcere per incitamento al terrorismo Arnaldo Otegi, portavoce di Batasuna, formazione considerata braccio politico dei separatisti dell'ETA e colpita dal 2002 da una sospensione di tutte le attività, bando prorogato di recente per altri due anni.

L'esponente separatista, 48 anni, era stato condannato nel 2004 per un reato di opinione: aver pubblicamente sostenuto l'ETA, durante i funerali, nel luglio del 2001, dell'etarra Olaia Castresana, rimasta uccisa mentre collocava ordigni a Torreveja, vicino Alicante, nel sud della Spagna.

In quell'occasione, Otegi aveva chiesto un “applauso per tutti i gudaris (i militanti baschi. Ndr) che sono caduti durante questa lunga lotta per l'autodeterminazione”.

 

CARCERI USA:
IN 25 ANNI LA PERCENTUALE DEI DETENUTI
E’ TRIPLICATA

Dal 1980 al 2005 la percentuale della popolazione carceraria, sul totale della popolazione americana, è triplicata.

La notizia viene direttamente dal Dipartimento della Giustizia USA.

Nel 1980 viveva dietro le sbarre un americano ogni 88 cittadini liberi. Nel 1995 il rapporto era già diventato uno su 36. E nel 2005 il rapporto è stato uno su trenta.

La crescita della popolazione carceraria negli Stati Uniti è in continuo aumento da una trentina d'anni a questa parte.

 

DIRITTI UMANI:
RAPPORTO ANNUALE HUMAN RIGHTS WATCH

L'organizzazione di difesa dei diritti umani Human Rights Watch (HRW) ha pubblicato il suo sedicesimo rapporto annuale nel quale accusa gli Stati Uniti e alcuni loro alleati di esaltare i diritti umani senza però tutelarli.

Nelle sue 532 pagine, il rapporto evidenzia come la tortura e i maltrattamenti siano stati, nel 2005, parte consistente della strategia anti-terroristica dell’Amministrazione Bush.

Secondo il rapporto, alleati degli Stati Uniti come Gran Bretagna e Canada avrebbero aggravato le violazioni americane dei diritti umani, tentando di evadere le norme di tutela internazionale, mentre l'Unione Europea avrebbe sottovalutato il problema dei diritti umani per non compromettere i rapporti con altri Paesi impegnati nella lotta al terrorismo, tra cui Russia, Cina e Arabia Saudita.

Uzbekistan, Russia e Cina, poi, avrebbero sfruttato la “guerra al terrorismo” per sconfiggere oppositori interni additandoli come “terroristi islamici”.

Il rifiuto del presidente degli Stati Uniti di firmare una legge contro i trattamenti lesivi della dignità umana spiega chiaramente, secondo HRW, come l’amministrazione Bush non avesse alcuna intenzione di avviare realmente una procedura di indagine su questi abusi, mentre il Congresso avrebbe dovuto istituire una commissione indipendente per far luce sui casi di violenza, tortura e violazione dei diritti umani.

Secondo HRW, nel 2005 la situazione dei diritti umani è sensibilmente peggiorata nel Bangladesh, dove le forze di sicurezza continuano a commettere abusi, tra cui omicidi oltre a un utilizzo eccessivo di forza, con torture e detenzioni illegali.

In Pakistan il 2005 ha visto l’incremento delle violenze contro le donne ed il rapporto annuale sui diritti umani sottolinea che il governo di Musharraff non ha in alcun modo modificato la legge d'ispirazione islamica che rende difficile l’applicazione di sanzioni contro chi violenti una donna.

In Nepal le forze di sicurezza ed i ribelli maoisti torturano i prigionieri feriti, mentre il conflitto tra polizia e maoisti ha già fatto più di 12.000 vittime.

In Birmania, infine, la situazione dei diritti umani nel 2005 non ha compiuto alcun progresso e le promesse di riforme fatte dalla giunta militare non sono state mantenute.

 

PANTANO IRAQ:
PENTAGONO COSTRETTO AD INNALZARE
L’ETA' MASSIMA DELL’ARRUOLAMENTO

E’ stato elevata da 35 a 40 anni l'età massima per l’arruolamento nell’Esercito degli Stati Uniti.

Questa decisione presa dal Pentagono, così come quella di aumentare i premi di arruolamento a 40 mila dollari, è sostanzialmente legata alla difficoltà che le forze armate americane hanno di trovare nuovi soldati per la guerra in Iraq.

 

PANTANO IRAQ (2):
PERDITE USA SFIORANO QUOTA 2200

Le perdite militari americane nella guerra in Iraq si avvicinano ormai a quota 2200.

Secondo il Pentagono, il totale dei militari americani morti in Iraq è di 2190 e in Afghanistan di 255.

In particolare, in Iraq, vi sono stati 1721 caduti e 469 vittime d'incidenti o fuoco amico.

Gli alleati degli americani in Iraq hanno perso quasi 200 militari fra cui 98 britannici e 26 italiani.

Nei 18 mesi trascorsi dal passaggio dei poteri dalle forze d’occupazione americane e alleate a un governo iracheno provvisorio, gli Stati Uniti hanno perso almeno 1348 uomini: oltre due al giorno, una media nettamente superiore a quella dei 15 mesi di guerra e occupazione precedenti.

Il numero dei feriti americani ufficialmente dichiarati dal Pentagono in Iraq sfiora i 16.350, con una media di circa 7,5 ogni morto.

Il novembre 2004, con 137 militari Usa uccisi, resta in Iraq il mese più letale di tutto il conflitto per le forze armate americane, peggiore dell'aprile di sangue 2004, quando i morti Usa erano stati 135.

Gli americani hanno avuto 139 vittime nella prima fase della guerra fino al 30 aprile 2003, e 2051 dopo il 1° maggio 2003.

 

STRAGE BOLOGNA:
PER PROCURA BOLOGNA
NULLA DI NUOVO SUL CASO CRAM

Come volevasi dimostrare: la procura di Bologna, incaricata di indagare sulla strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, non sapeva. E soltanto lo scorso dicembre, dopo 25 anni, ha chiesto notizie su Thomas Cram, il terrorista tedesco legato al superterrorista Carlos, che era a Bologna guarda caso proprio la notte prima della strage, alloggiato presso l'hotel Centrale.

Enrico Di Nicola, procuratore della Repubblica di Bologna e Paolo Giovagnoli, suo sostituto, ascoltati entrambi dalla commissione Mitrokhin per spiegare questo errore di indagine, hanno scaricato tutto sulla questura di Bologna.

Già nel 1980 la questura di Bologna - ha spiegato Giovagnoli - seppe di questa presenza. Un elemento importante, quindi, sul quale indagare a fondo. Macchè. Il magistrato bolognese non ha trovato di meglio da dire che la pista Cram “non è una nuova importante pista da scandagliare”.

Seguiamo il ragionamento di questo magistrato, seguendone le parole: “Tutto ciò dimostra - ha detto Giovagnoli - che già nell'80 la questura si era resa conto che c'era un sospetto tedesco a Bologna e questo non aveva dato nessun altro frutto perché la polizia centrale aveva esaminato la questione e non aveva trovato nulla da dire. Questo lo sto dicendo - ha affermato ancora il magistrato - in una botta e risposta, ma stiamo ancora aspettando delle delucidazioni su tutto ciò”.

Il procuratore Di Nicola, dal canto suo, ha detto che sono stati chiesti accertamenti ai Ros ed anche alla Digos sul terrorista tedesco.

Enzo Fragalà, capogruppo di An in commissione, ha parlato di “una prevedibile linea di autodifesa sulla quale si sono arroccati i due magistrati nell'arduo tentativo di convincere loro stessi e la commissione che l'archiviazione amministrativa della cosiddetta pista Cram per la strage sia stata il frutto di una mancata conoscenza degli elementi di indagine”.

Scaricare, come hanno fatto oggi i due magistrati parte della responsabilità delle mancate indagini e della erronea iscrizione della notizia di reato nel modello 45, sulla Digos di Bologna - ha aggiunto Fragalà - rende ancor più incerta questa linea di autodifesa e non assolve per niente né la procura, né i magistrati che hanno deciso di cestinare una notizia di reato che era stata inviata loro dall'allora capo dell'antiterrorismo italiano Gianni De Gennaro”, oggi capo della Polizia.

Buffa, per non dire peggio, la dichiarazione del deputato Walter Bielli (Ds), secondo il quale ormai di Cram non si sa più nulla: “Non sappiamo neppure se è ancora in vita. Comunque se un terrorista deve fare la strage di Bologna, soggiorna all'hotel Centrale presentando regolari documenti?”.

Quando si dice la superficialità di un parlamentare.

Patetica, invece, la dichiarazione del presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage, da sempre appiattito sulle posizioni della procura di Bologna e sulle risultanze di processo tutti ed unicamente indiziari, ma senza prove.

Secondo Paolo Bolognesi, un pista che comunque sarebbe dovuta essere battuta fino in fondo, diventa  “bugie a favore di Fioravanti e Mambro per non farli sentire soli, per condizionare l'imminente pronunciamento della Cassazione sulla condanna di Ciavardini”.

Per Bolognesi, un’inchiesta comunque da fare, diventa solo un’”ipotesi farneticante”. Contento lui.

Evidentemente, ancora una volta, Bolognesi non cerca la verità, ma si accontenta della “sua” verità, anche se la stessa è ormai meno che credibile.

 

ROGO PRIMAVALLE:
ARCHIVIATA INCHIESTA SU FAVOREGGIAMENTO

E’ stato archiviato il fascicolo aperto dalla procura di Roma sul presunto favoreggiamento del quale avrebbero beneficiato Achille Lollo, Marino Clavo e Manlio Grillo, i tre esponenti di Potere Operaio condannati a 18 anni di reclusione (condanna prescritta il 29 gennaio 2004) per l’omicidio dei fratelli Mattei, avvenuta a Roma nel rogo del loro appartamento di Primavalle, nella notte tra il 15 ed il 16 aprile 1973.

La decisione è del Gip Sandro Di Lorenzo che ha accolto le richieste del Pm Maria Monteleone.

Il magistrato aveva sollecitato l’archiviazione del procedimento, sostenendo che non sussistono elementi tali da portare all’identificazione di quanti avrebbero favorito la latitanza dei tre esponenti di Pot Op.

Il legale della famiglia Mattei, Francesco Caroleo Grimaldi, che si era opposto alla richiesta di archiviazione, ha annunciato nuove iniziative giudiziarie.

 

ASSASSINIO PIER PAOLO PASOLINI:
VIDEO INEDITO DI SERGIO CITTI

Esiste un video sulla morte di Pier Paolo Pasolini girato da Sergio Citti, a lui legatissimo, cinque giorni dopo l’assassinio del regista e scrittore.

Nel video, Citti riprende minuziosamente i luoghi dell' Idroscalo di Ostia dove Pasolini è stato  ucciso nella notte fra l’1 ed il 2 novembre del 1975, evidenziando nelle immagini le macchie di sangue lasciate dall’assassinato (una enorme su un albero) in un’area molto ampia, cosa che dimostrerebbe come il delitto, secondo il produttore Francesco Torelli - cui il film è stato affidato dallo stesso Citti poco prima di morire - sia “avvenuto in una vasta zona e per mano di più persone e non in un ristretto spazio di una decina di metri”.

Il video è stato consegnato alla magistratura.

 

OMICIDIO ALPI/HROVATIN:
TAORMINA RIFIUTA DI SENTIRE
LA MADRE DI ILARIA

Taormina continua a non voler sentire la mamma di Ilaria Alpi”.

E’ quanto affermano i deputati dell’Unione Carmen Motta, Raffaello De Brasi, Rosy Bindi ed Eletta Deiana, componenti della commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.

Una decisione considerata “grave” perché nei giorni scorsi sono stati risentiti come testimoni alcuni giornalisti a proposito di un lancio di agenzia del 20 marzo 1994 che riportava alcune dichiarazioni dell'allora direttore del Tg3, Andrea Giubilo. Dichiarazioni che riguarderebbero la telefonata fatta da Ilaria Alpi alla madre domenica 20 marzo, poco prima di essere uccisa, e che conterrebbero le seguenti parole: “mamma sono arrivata a Mogadiscio. Questa volta è quasi una vacanza”.

Inoltre, stando sempre a quel lancio di agenzia, Giubilo avrebbe sostenuto che la signora Alpi gli aveva detto che la telefonata della figlia era stata fatta all'hotel Hamana.

Questo lancio d'agenzia, rimasto sconosciuto fino ad ora, e rintracciato tra le carte acquisite dalla commissione, meriterebbe indubbiamente di essere verificato con la testimonianza della presunta fonte diretta, la signora Alpi, per evidente implicazione sulla dinamica dei fatti accaduti in quella tragica giornata.

 

OMICIDIO CALVI:
ESCLUSA DEFINITIVAMENTE IPOTESI SUICIDIO

Il suicidio è incompatibile con i risultati che abbiamo ottenuto all'esito dei nostri esami”.

I periti incaricati collegialmente dalla seconda corte d’Assise di Roma, presieduta da Mario D’Andria, di fare luce sulla morte dell'ex presidente del Banco Ambrosiano Roberto Calvi, trovato impiccato il 18 giugno 1982 sotto il ponte dei Frati Neri a Londra, sono arrivati a questa definitiva conclusione.

I professori Bernd Brinkmann, direttore dell'istituto di medicina legale dell'università tedesca di Munster, Luigi Capasso, direttore della sezione di antropologia dell'università di Pescara-Chieti e Annunziata Lopez, docente di tossicologia forense all'università La Sapienza di Roma, hanno presentato la loro perizia collegiale nel corso del processo che vede imputati di concorso in omicidio l'ex cassiere della mafia Pippo Calò, il faccendiere Flavio Carboni, la sua ex compagna Manuela Kleinszig, il boss della banda della Magliana Ernesto Diotallevi e l’ex contrabbandiere Silvano Vittor.

Secondo i periti, “se Calvi si fosse suicidato avrebbe dovuto salire sull’impalcatura sotto il Blackfriars Bridge, ma l’impalcatura era ricca di elementi in grado di lasciare tracce. Però né dall’esame delle scarpe di Calvi, né dalla sua cute, né dai suoi vestiti sono emersi punti di contatto compatibili in maniera diretta con i tubi che la componevano

L’ipotesi, quindi, è che il banchiere sia stato portato con una barca in prossimità dell’impalcatura sul fiume Tamigi e poi impiccato. D’altronde le tracce di paraffina trovate sul retro dei suoi pantaloni, all’altezza dei glutei, sono compatibili con il fatto che Calvi si sia seduto proprio sulla barca.

In conclusione, per  i periti “non ci sono dubbi che Calvi sia stato appeso da vivo e che la sua sia stata una morte per impiccamento. Non ci sono poi indicazioni che prima della morte ci sia stato uno strangolamento”.

 

DELITTO GUCCI:
PATRIZIA REGGIANI RIMANE IN CARCERE

Rimane in carcere Patrizia Martinelli Reggiani, condannata per l’omicidio del marito Maurizio Gucci.

La Cassazione ha, infatti, rigettato il ricorso da lei presentato per ottenere il differimento della pena, motivato da ragioni di salute. La decisione della Cassazione ha convalidato quanto già deciso il 5 maggio scorso dai giudici del tribunale di sorveglianza di Milano.

 

INTERCETTAZIONI TELEFONICHE:
CENTOMILA L'ANNO

Le intercettazioni telefoniche disposte dalla magistratura (cioè quelle legali) sono circa centomila ogni anno.

Un dato che - secondo il ministero della Giustizia - è da ritenersi stabile dopo il boom registrato tra il 2001 e il 2004, quando le intercettazioni sono passate da 32 mila a quasi 93 mila. Considerando che ad essi corrisponda un terzo di soggetti, poiché ogni intercettato può utilizzare più di una utenza, non siamo lontani dal vero se diciamo che le persone intercettate in Italia siano almeno 33 mila in un anno.

In una relazione presentata di recente in Consiglio dei ministri, il Guardasigilli ha spiegato che ogni campagna di intercettazione può durare al massimo 45 giorni e, se si calcola che nel corso di un mese il soggetto parli con una cinquantina di persone diverse, si può arrivare a dire che ogni anno vengono ascoltate circa un milione e cinquecentomila persone.

Negli ultimi quattro anni la spesa per le intercettazioni telefoniche è cresciuta enormemente: da 165 milioni di euro nel 2001 a 230 milioni nel 2002, per passare 256 milioni nel 2003 e a 263 milioni nel 2004 fino ai 302 milioni dello scorso anno (stima).

 

CORPI DELLO STATO:
PAR CONDICIO ANCHE NEGLI ARRESTI

Sono stati otto i carabinieri, tra graduati e sottufficiali (tra gli ultimi anche due marescialli) in servizio al Nucleo Radiomobile di Milano, finiti in manette. Varie le accuse: calunnia, peculato, falso in atto pubblico e, solo per alcuni, anche concussione.

In varie città italiane sono stati invece arrestati otto poliziotti. Le accuse? Peculato, furto, falso ideologico e perquisizioni abusive. Per sei degli otto poliziotti è stata ipotizzata anche l'associazione a delinquere.

Per quanto riguarda gli uomini dell’Arma, le indagini, nell'ambito di una più vasta inchiesta su un’associazione dedita al traffico di stupefacenti gestita da italiani e nordafricani, erano cominciate nel 2002. Nel 2003 i primi sospetti, anche sulla scorta di dichiarazioni rese da alcuni dei trafficanti arrestati.

Il modus operandi ricostruito nelle indagini, per una decina di episodi, era quasi sempre lo stesso: nel corso di controlli antidroga, i carabinieri sequestravano denaro che in parte trattenevano, falsificando i verbali di sequestro. Non grandi somme, qualche migliaio di euro per volta, ma accumulate con una certa costanza.

I poliziotti, invece, tutti agenti semplici, sono stati bloccati nelle città di Torino, Alessandria, Aosta, Bardonecchia, Novara e Vicenza.

Simile a quello dei carabinieri il tipo di reato: i poliziotti approfittavano della loro presenza sulla scena di qualche crimine per appropriarsi di oggetti di valore.

 

KOSOVO:
SERBI DEMORALIZZATI E SENZA SPERANZE

I pochi serbi rimasti in Kosovo (circa 20 mila sui 200 mila che abitavano la provincia) sembrerebbero intenzionati ad abbandonare le proprie case e a rifugiarsi in Serbia.

E’ questo il risultato di un sondaggio fatto dalle autorità di Belgrado nella comunità serbo-kosovara alla vigilia dell’avvio dei negoziati per trovare una soluzione a quella che sembra divenuta l’unica entità monoetnica esistente in Europa. E questo a sei anni dalla guerra della NATO scatenata per impedire una pulizia etnica, guerra che nei fatti ne ha favorita un’altra all’incontrario. 

Il sondaggio è statao promosso dal Centro per la resistenza non violenta sul tema: “Le necessità della comunità serba in Kosovo”.

I principali problemi messi in luce dagli intervistati sono i rapimenti, gli assassinii e i profughi così come le restrizioni alla libertà di movimento e la disoccupazione.

I rappresentanti politici della comunità serbo-kosovara hanno affermato che la situazione è molto difficile e praticamente rimarrà inalterata. Gli intervistati hanno espresso anche poca fiducia nella comunità internazionale che viene da loro giudicata come anti serba.

AGGIORNAMENTI DEL SITO:

www.misteriditalia.com
www.misteriditalia.it

Nella sezione ALTRI MISTERI sono stati inseriti:
1983: Il delitto del Dams
1990: il delitto di Balsorano
1991: Pietro Maso e il massacro dei suoi genitori
1994: il delitto Di veroli: la commercialista nell’armadio

Nella sezione IL CASO ALPI-HROVATIN
I verbali integrali delle audizioni della Commissione parlamentare d’inchiesta

Nella sezione LE STRAGI DEL ‘93
La sentenza integrale del PROCESSO DI PRIMO GRADO

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